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Obblighi, compiti e responsabilità del lavoratore

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Dirigenti

03/04/2012

I compiti e responsabilità del lavoratore anche in relazione alle responsabilità di datore di lavoro, dirigenti e preposti. Le definizioni, gli obblighi dei lavoratori, gli aspetti penali e il principio della sicurezza oggettiva.

 
 
Bologna, 3 Apr – PuntoSicuro ha presentato qualche settimana fa gli atti di un seminario che si è tenuto il 14 ottobre 2011 a Bologna e che si intitolava “Cantieri edili all’interno di stabilimenti produttivi fra art. 26 e titolo IV del D.Lgs. 81/2008”.
Il seminario, organizzato dall’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bologna, ha affrontato le problematiche dei cantieri edili temporanei o mobili all’interno di uno stabilimento produttivo con specifico riferimento a quanto contenuto nel Decreto legislativo 81/2008.
 
Un intervento, “ Responsabilità dell’azienda committente e deleghe - datore di lavoro, committente, responsabile dei lavori”, a cura dell’avvocato Rolando Dubini, entra nel dettaglio dei ruoli, compiti e responsabilità delle varie figure presenti in cantiere.
 
Dopo aver parlato nel precedente articolo degli oneri prevenzionistici di datore di lavoro, dirigenti e preposti, raccogliamo oggi alcune riflessioni relative ai compiti e responsabilità del lavoratore, anche in relazione alle responsabilità datoriali.
 
Innanzitutto l’autore ricorda che in tema di infortuni sul lavoro, l'inosservanza delle norme di prevenzione da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza” [Cass. pen., Sez. 4, Sentenza n. 3448 del 25/10/2007 Ud. (dep. 23/01/2008)].
 
In ogni caso “la direttiva n. 391/89/CEE, che ha dato origine al D. Lgs. n. 626/1994 prima e al D.Lgs. n. 81/2008 poi (quale disposizioni legislative nazionali di recepimento) ritiene indispensabile che i lavoratori siano in grado di contribuire, con una partecipazione equilibrata ..., all'adozione delle necessarie misure di sicurezza (art. 11 paragrafo 1).
E la normativa dell’attuale Testo Unico – che identifica il lavoratore come persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari - si applica dunque “a tutti i lavoratori, anche autonomi e parasubordinati che, a prescindere dal tipo di contratto e dalla retribuzione, svolgono la propria prestazione all’interno dell’impresa”. L’articolo 2 comma 1 lettera a) del TU riporta tutte le equiparazioni alla definizione di lavoratore. Ricordiamo che con il D.Lgs. 106/2009 a tale definizione non sono più equiparati i volontari.
 

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Veniamo all’articolo 20 del D.Lgs. 81/2008 che riporta gli obblighi del lavoratore.
Rispetto all’articolo 5 dell’abrogato D.Lgs. 626/94, l’articolo 20 “non presenta novità sostanziali, fatta salva l’esplicitazione alla lettera h) dell’obbligo (prima implicito) del lavoratore di partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro nonché l’introduzione dell’obbligo, derivante dalla legge 123/2007 (ora in gran parte assorbita dal decreto n. 81/2008), di esporre la tessera di riconoscimento nei casi previsti dall’art. 26”.
 
Articolo 20 . Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e, nonché i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
 
Riportiamo un esempio di sanzioni.
Se il lavoratore non partecipa ai programmi di formazione organizzati dal datore di lavoro rischia la sanzione penale dell’arresto fino a un mese o l’ammenda da 300 a 600 euro.
In termini di gerarchia nell’elencazione degli obblighi ora assume rilievo la collaborazione prevenzionale: i lavoratori devono contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (art. 20 c. 2 lett.a).
 
Un punto che l’autore sottolinea è che le norme di sicurezza dettate a tutela dell'integrità fisica del lavoratore vanno attuate anche contro la volontà del lavoratore stesso, sicché risponde della loro violazione il datore di lavoro che non esplichi la sorveglianza necessaria alla rigorosa osservanza delle norme medesime (Cassazione penale, sez. V, 10/10/1978, Perani e altro). E ciò in base al “più generale dovere di diligenza che il prestatore di lavoro deve osservare nello svolgimento delle mansioni, adeguandosi alle disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai suoi collaboratori (art. 2104 c.c.)” [1]. E difatti in caso di mancata osservanza delle misure di sicurezza da parte di uno o più lavoratori, il capo reparto non può limitarsi a rivolgere benevoli richiami, ma deve informare senza indugio il datore di lavoro o il dirigente legittimato a infliggere richiami formali e sanzioni a carico dei dipendenti riottosi [2].
 
Riguardo agli aspetti penali l’intervento ricorda che la “condotta del lavoratore realizzata in violazione delle disposizioni prevenzionistiche che lo riguardano ha particolare rilievo pertanto sotto un duplice profilo:
- fonte possibile di responsabilità penale per l'infortunio occorso ad un altro lavoratore;
- esonero della responsabilità del datore di lavoro nel caso che sia egli stesso l'infortunato”.
E in tal senso la Suprema Corte ha affermato che in tema di evento colposo per infortunio sul lavoro, il giudice penale è tenuto a valutare sia la condotta del datore di lavoro, il quale deve attuare in modo efficiente tutte le misure stabilite dalle apposite norme, sia quella del lavoratore, che deve collaborare alla tutela della propria incolumità, evitando di esporsi senza necessità a situazioni di evidente pericolo, e mantenendo un atteggiamento prudente di fronte a impreviste evenienze (Cass. pen. Sez. IV, ud. 30.1.1979 in causa Rettondini).
In particolare la giurisprudenza della Cassazione ritiene che l'imprudenza del lavoratore, di per se, non determina l’esclusione della responsabilità dell'imprenditore, a meno che non possa considerarsi una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l'evento (vedi Cass., Sez. IV, 7.11.1977 in causa Legnazzi). Infatti le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro mirano ad eliminare i rischi...compresi quelli conseguenti ad una eventuale imprudenza, disattenzione o imperizia dei lavoratori, la cui incolumità è da tutelarsi sempre e in ogni caso (Cass. Sez. III, 21.6.1983, in causa Cordioli).
 
In questo senso “il principio della sicurezza oggettiva si fonda sull'assunto per cui la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore non soltanto dai rischi derivanti da accidenti o fatalità ma anche da quelli che possono scaturire da sue stesse avventatezze, negligenze e disattenzioni, purché normalmente connesse all’attività lavorativa, cioè non abnormi e non esorbitanti dal procedimento di lavoro (Cass. VI, sent. del 4.5.90 n. 6504). Insomma le norme antinfortunistiche sono dettate al fine di ottenere la sicurezza delle condizioni di lavoro e di evitare gli incidenti ai lavoratori in ogni caso, e cioè quando essi stessi, per imprudenza, disattenzione, assuefazione al pericolo, possono provocare l’evento (Cass. Pen. Sez. IV, 1988).
Si ricorda che secondo la Cassazione, “il comportamento può essere definito anormale, ‘abnorme’ nelle due ipotesi in cui sia posto in essere dal lavoratore in maniera del tutto autonoma ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli o quando il comportamento rientri nelle mansioni del dipendente ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione della propria attività (Cass. 17 settembre 2004, n. 36804)”.
 
Dunque che nel tempo si è affermato il principio per cui la condotta del lavoratore può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che i soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza abbiano realizzato gli adempimenti prescritti [3] e dunque non sussiste colpa concorrente del lavoratore quando l’infortunio dipende unicamente dalla violazione di legge ispirata a chiara logica di garanzia assoluta (c.d. protezione ‘oggettiva’), diretta ad evitare il sorgere di qualsiasi situazione di rischio ed a prevenire comportamenti imprudenti degli operatori (Pret. Torino 27.10.1983).
Per concludere ricordiamo che “l’adempimento dell’obbligo di sicurezza ‘oggettiva’ renderebbe ininfluenti gli effetti del comportamento anomalo del lavoratore; quando la sicurezza oggettiva a rischio non è realizzabile, fattibile, (o viene vanificata dal comportamento del lavoratore) il giudice dovrà accertare il livello della formazione e l’esperienza del lavoratore, la messa a disposizione di idonee attrezzature; l’esistenza effettiva e l’efficacia del sistema di vigilanza e sorveglianza realmente operante nell’azienda”.
  
 
 
Responsabilità dell’azienda committente e deleghe - datore di lavoro, committente, responsabile dei lavori”, intervento a cura dell’avvocato Rolando Dubini al seminario “Cantiere edili all’interno di stabilimenti produttivi fra art. 26 e titolo IV del D.Lgs. 81/2008” (formato PDF, 310 kB).
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 



[1] cfr. Dubini-Molfese, Salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, edizioni Simone 1998, pag. 179
[2] Cass. pen. sez. IV, 13/7/1990 n. 10272, Baiguini, in Guariniello, Sicurezza del Lavoro e Corte di Cassazione, Il Repertorio p. 43
[3] Soprani




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Rispondi Autore: vinicio orsini - likes: 0
23/07/2012 (16:48:47)
può il datore di lavoro fare una lettera di richiamo al dipendente dopo aver subito un infortunio sul lavoro, specificando con lettera raccomandata,i testimoni che non erano sul posto al momento dell'infortunio. Questi testimoniavano che il dipendente non aveva tutte le protezioni sulla sicurezza e che stava rispondendo al telefono con la visiera aperta, ma questo non è vero in quanto l'infortunato stava lavorando con la visiera chiusa e non a norma in quanto la visiera in dotazione è solo una e troppo grande per il viso dell'infortunato.
il punto della domanda: può un testimone che non era presente al momento dire che ha sentito dall'infortunato con un dolore agli occhi di bruciore da acido che aveva la visiera alzata per rispondere al telefono?
Rispondi Autore: noviello franco - likes: 0
17/11/2016 (10:59:02)
è giustificata l'assenza dal lavoro per visita medica (sorveglianza sanitaria)?

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