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29/06/2020: Virus, biciclette e sicurezza stradale

Le biciclette sono intrinsecamente pericolose? Forse il problema non è il mezzo ma il contesto.

La sicurezza stradale non è mia materia, ho solo occasionalmente aiutato un amico in particolari aspetti delle ricostruzioni. Ma qui di seguito intendo scrivere come parte interessata (che, per l’appunto, si occupa di sicurezza). E che da anni, per necessità familiari, riflette sull’argomento.

 

Chi scrive ha sempre amato la bicicletta come mezzo di trasporto cittadino (specie se si pedala in piano). Quindi immaginatevi quanto sarei contento se a Milano (che si è esposta sul tema) fra dieci anni il traffico automobilistico fosse rimpiazzato per un 50% da quello su due ruote non motorizzate.

Ma ora esaminiamo Milano, oppure Firenze, la mia città., ci accorgiamo come gli incidenti stradali mortali vedano (percentualmente sul computo totale degli incidenti denunciati) al primo posto le biciclette, al secondo motorini e simili, poi i pedoni e, infine, le autovetture. Lo diceva uno studio condotto dal ministero dei trasporti mi pare sei / sette mesi fa.

Ciò vuol dire che le biciclette sono intrinsecamente pericolose? Direi proprio di no, e ce lo dovrebbero confermare gli esiti degli incidenti negli sport che utilizzano i mezzi considerati sopra. La mia interpretazione è diversa: chi guida la bicicletta è esposto completamente a mezzi ben più pesanti e veloci; inoltre è carente in agilità, specialmente in accelerazione, e quindi viene più facilmente coinvolta specialmente se il traffico in cui si muove è caotico.

 

Quindi il problema non è il mezzo ma il contesto. I Paesi Bassi, che anche per la povertà dell’epoca del dopo guerra, e per le caratteristiche fisiche del paese, molto investirono (e lo fanno ancora oggi) sul trasporto tramite bicicletta hanno costruito / ricostruito strade, paesi e città a “misura di ciclista” puntando nettamente sulla riduzione del traffico promiscuo o sulla forte limitazione delle libertà degli automobilisti nelle aree dove circolano anche biciclette, pedoni e, soprattutto, bambini (caso mai in bicicletta).Da circa 50 anni vado o passo spesso dai Paesi Bassi, lì andrei serenamente in bicicletta; a Firenze ho paura, e ho ragione, pare: mio figlio è stato sbalzato a terra da un furgone[1] che neanche si è fermato, un altro ragazzino figlio di conoscenti è stato trovato morto in mezzo a un incrocio (nessun testimone). E aggiungo che i due luoghi degli incidenti non presentavano criticità eccezionali nella organizzazione del traffico.

 

Quindi queste poche righe vogliono solo invitare i politici che si spendono su certe “innovazioni” e promettono (ragionevolmente) incentivi a pensare che per usare certi mezzi devono esistere  infrastrutture adeguate in termini di sicurezza per gli utenti. Ribadisco che il principio di separazione dei flussi sarebbe l’ideale, purtroppo non sempre si può realizzare in città antiche come Milano e Firenze, poi cresciute all’epoca del boom con strutture viabilistiche destinate alle automobili. Forse una più precisa regolamentazione (e controllo) del comportamento dei mezzi a motore potrebbe aiutare? Sarebbe molto soddisfacente perché consentirebbe di sostituire impossibili misure fisiche con ragionevoli misure organizzative.

In ogni caso le belle intenzioni devono essere accompagnate da un vero “piano del traffico integrato” messo a punto da qualcuno che davvero ne capisce.

 

Alessandro Mazzeranghi

 


[1] Vorrei precisare: mio figlio era già maggiorenne e la bicicletta la ha comprata contro il mio parere.

 


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