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15/10/2018: Promuovere la cultura della sicurezza perché nessuno diventi una vittima del lavoro.
La 68esima Giornata Nazionale per le Vittime del lavoro.
Due mandati, due Capi dello Stato, due visite al Papa. Questi i numeri che hanno scandito l'impegno in ANMIL, negli ultimi dieci anni, del Presidente Franco Bettoni, che si prepara a vivere, il 14 ottobre, la 68esima Giornata Nazionale per le Vittime del lavoro. Tanti ricordi, e nessun rimpianto, hanno segnato la sua leadership, sempre a fianco degli associati, per contribuire all'evoluzione della coscienza sociale su un tema che - sono parole sue - deve essere “una priorità per il futuro del nostro Paese e per le nuove generazioni”. Non a caso Bettoni comincia con la parola "noi" quando, alla prima domanda, gli chiedo in che modo le vittime del lavoro si avvicinano a questo appuntamento, che si celebra contemporaneamente in tutta Italia.
- Come viene sentita la Giornata?
Noi la sentiamo molto tant'è che la celebriamo da 68 anni. È un momento in cui le vittime di incidenti sul lavoro, le loro famiglie e tutti coloro che ci sono vicino si riuniscono per dare sostegno alle nostre battaglie quotidiane sul tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e per tutelare le vittime e le loro famiglie. Il fatto di celebrare la Giornata in tutta Italia nella seconda domenica di ottobre, data che è stata istituzionalizzata, ci dà la forza di vedere insieme non solo le istituzioni, ma la stampa e tutti i soggetti interessati a dialogare con noi sui temi della salute, della sicurezza e dell'inserimento sociale delle donne e degli uomini infortunati.
- Come ha appena detto, la Giornata è stata istituzionalizzata nel 1998, su richiesta dell’ANMIL, ma per l’Associazione questa è la 68esima edizione. Ha ancora senso questa celebrazione e quali risultati porta, sia livello nazionale che sui territori?
La cosa più importante è mettere al centro dell'opinione pubblica, delle imprese e delle forze sociali, tematiche che raramente vengono affrontate durante l'anno, a meno che non succedano gravi infortuni mortali, come quello della Thyssen, di cui tutti parlano. Non dobbiamo infatti dimenticare che, in Italia, muoiono quasi 3 persone al giorno e 2500 si infortunano, per non parlare dei numeri invisibili di quanti si ammalano per il lavoro. A tutti costoro al massimo viene riservato soltanto qualche trafiletto sui giornali.
- Qual è il ruolo dell’INAIL in questa Giornata, ruolo che peraltro rientra proprio tra le sue attività istituzionali?
L'INAIL per noi non è solo l'ente di riferimento per la nostra categoria: è un ente di cui l'ANMIL fa parte, essendo dal 1999 all'interno del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza. Insieme all'INAIL lavoriamo e portiamo avanti battaglie sulla cultura della prevenzione e sul reinserimento lavorativo. Ma attenzione! Si tratta di ruoli distinti perché l'INAIL è un Istituto pubblico e noi siamo un'Associazione, anche se cerchiamo di trovare quelle sinergie fondamentali per quelle battaglie comuni a favore di coloro che si fanno male o si ammalano sul lavoro e, naturalmente, per sostenere le loro famiglie. In questo quadro, un ruolo importante lo hanno anche gli imprenditori perché a loro sono destinati appositi bandi per finanziare attività di prevenzione sui luoghi di lavoro, come l'aggiornamento dei macchinari. Ma su un fronte dobbiamo fare di più, insieme, ed è quello per il reinserimento lavorativo delle vittime del lavoro.
- Pur essendo domenica, il 14 ottobre l’ANMIL prevede la partecipazione di numerosi studenti, in linea con l’impegno dell’Associazione nelle scuole. Quanto è importante la presenza dei giovani in occasioni come queste?
È importantissima. La prima finalità dell'Associazione è ovviamente la tutela delle vittime, ma noi abbiamo nel nostro DNA, da più di vent'anni, l'obiettivo di portare a conoscenza dei futuri lavoratori e dei futuri imprenditori, il concetto che sul lavoro si può morire e ci si può ammalare. Pertanto, nel tempo, abbiamo promosso molte iniziative rivolte agli studenti, a cominciare dai concorsi. Inoltre abbiamo istituito i “Testimonial della sicurezza” per andare a parlare nelle scuole. Io stesso ci vado ancora oggi, visto che mi sono fatto male a 15 anni e non voglio che quello che è capitato a me - e che mi ha stravolto la vita - possa succedere anche ad altri. Lo scopo è di far capire che prestare attenzione è la cosa più importante, specialmente nel mondo di oggi in cui tutti pensano di essere invulnerabili, a cominciare dai giovani che, proprio per la loro inesperienza, sono i primi a farsi male.
- Secondo uno studio effettuato dalla Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’ANMIL, un infortunio sul lavoro lascia segni indelebili nelle persone colpite, a cominciare dagli incubi notturni che si ripetono per tutta la vita. Anche lei si commuove sempre quando racconta di sé, nonostante oggi sia una persona affermata e con un ruolo istituzionale importante
Il segno resta perché l'abbiamo vissuto. Quello che è successo quel giorno, non ce lo dimentichiamo mai, continuiamo a riviverlo, perché è una cicatrice che ci rimane dentro. Questo vale per me, come per tante altre persone: c'è chi è rimasto paraplegico, chi ha perso un figlio, chi ha perso un marito. Ed è per questo che, quando raccontiamo ciò che ci è accaduto, ci commuoviamo. Non siamo davanti ad una fiction, ma a qualcosa che abbiamo vissuto sotto il profilo personale, umano, familiare. Ci siamo fatti male, abbiamo perso qualcosa di noi e raccontarlo è l'unico modo per trasmettere una sensazione vera, una sofferenza che è nostra, della nostra famiglia, dei nostri amici. Chi si è infortunato sul lavoro continua a soffrire anche perché ci sono alcune cose che oggi non può più fare. Io stesso, a volte, devo chiedere aiuto agli altri. E poi, per chi è in carrozzina, ci sono le barriere architettoniche e il vivere quotidiano è un inferno perché si ha spesso a che fare con chi non rispetta ciò che dovrebbe essere rispettato. Raccontare ciò che abbiamo vissuto è importante perché si tratta di una battaglia culturale sotto tutti gli aspetti.
- Questo è il secondo mandato che ha svolto in ANMIL. Il prossimo anno ci sarà il congresso. Ci può fare un bilancio? Che cosa ricorda di più?
Ricordo il grande impegno profuso in ANMIL da parte di tutti. Mi riferisco sia a chi lavora nella struttura sia ai miei presidenti che operano nelle province e nei comuni. E penso inoltre alla nostra presenza in continuo aumento nelle scuole, anche grazie al "Concorso Primi in sicurezza" e nelle aziende, dove portiamo le nostre testimonianze, parlando ai lavoratori. Ci impegniamo molto per promuovere la cultura della salute e della sicurezza, che è il principale scopo di un'associazione costituita da vittime di incidenti sul lavoro. Siamo cresciuti. Con la politica ci confrontiamo tutti i giorni e abbiamo molte battaglie ancora in essere: tante ne abbiamo vinte, ma dobbiamo sensibilizzare il nuovo Parlamento sui nostri temi perché stiamo vivendo un cambiamento epocale. Se non erro, i due terzi dei parlamentari sono nuovi e per questo occorre far comprendere che la disabilità da lavoro, così come la disabilità in generale, è un tema sociale importante. Il fatto che sia stato istituito un apposito ministero ci fa molto piacere, ma è fondamentale che con questo ministero si possa lavorare sulle nostre tematiche perché gli infortuni sul lavoro sono un problema quotidiano e possono succedere a tutti. Per questi motivi abbiamo moltiplicato, in questi anni, l'impegno a favore di chi non è ancora rimasto vittima di un incidente. Impegno che ci è stato riconosciuto dai vari Presidenti della Repubblica che si sono succeduti. Noi ci mettiamo a disposizione, sopportando anche dei costi, perché riteniamo importante continuare a promuovere la cultura della sicurezza, ovunque sia possibile, con la nostra presenza nelle scuole, nelle fabbriche, nelle piazze, anche inaugurando monumenti e strade, nel ricordo di chi è morto sul lavoro.
- Quali persone le sono state più vicino durante i suoi mandati? Penso ad esponenti del mondo politico e sociale, dell’informazione, della cultura e dello spettacolo, con cui ha allacciato relazioni di stima
È difficile citare qualcuno in particolare. Sono tantissime le persone con cui abbiamo costruito rapporti importanti. Così come sono tantissime le istituzioni, di ieri e di oggi, che ci sono state vicino, a cominciare dai Capi dello Stato, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, e da Papa Francesco, che abbiamo incontrato due volte. E questo ci dà la forza di costruire rapporti con le nuove generazioni della politica. Sono tanti anche gli organi di informazione che ci hanno sostenuto negli anni. Ma noi dobbiamo fare sempre di più per ottenere sempre maggiore attenzione alle nostre tematiche. Poi ci sono persone che non hanno nulla a che vedere con la politica ma che sanno parlare alla gente e al loro cuore e ci aiutano a loro modo a diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro: parlo di artisti come la cantautrice Mariella Nava, per citarne uno, che 10 anni fa ci ha fatto dono di una bellissima canzone dedicata a tutti i lavoratori che ogni giorno affrontano pericoli e mettono a rischio la loro vita per il lavoro che svolgono. Ma negli anni sono stati tanti a farsi ambasciatori di questi temi e gliene siamo davvero grati.

- I suoi familiari come vivono il suo impegno associativo? Lei ha fatto molte rinunce, nella vita privata, per dedicarsi all’ANMIL. Avrebbe potuto avere un'esistenza più tranquilla?
La famiglia è importante. Non avrei potuto fare quello che ho fatto, se non avessi avuto il consenso delle persone con cui vivo, da mia moglie, a mio figlio, a mia madre, a tanti amici che, sapendo che sono poco a casa, mi supportano dove io non riesco ad arrivare. Ma ho fatto, negli anni, tante altre amicizie che mi hanno dato la possibilità e la forza di lavorare e di essere contento di avere messo a disposizione il mio tempo perché l'ho vissuto. È stato fondamentale per me, quando ho subito l'incidente sul lavoro, avere accanto la mia famiglia, i miei compagni di scuola e tante altre persone che mi hanno fatto capire che la vita continuava. Per questo ho deciso di rendermi disponibile per gli altri, così come gli altri si sono messi a mia disposizione. In questi anni, tutto quello a cui ho rinunciato è stato sicuramente ricompensato dal fatto di poter lavorare insieme ai miei presidenti, che voglio ringraziare in occasione della Giornata nazionale. E ripeto che una persona, da sola, non può fare niente. L'anno prossimo ci sarà il Congresso, in occasione del quale rinnoveremo le cariche nazionali e territoriali e sarà l'occasione per continuare a coinvolgere persone, donne e uomini, che ci aiutino a portare avanti questa battaglia culturale a favore del lavoro sicuro.
- Rifarebbe tutto quello che ha fatto in questi anni o cambierebbe qualcosa?
Direi che tutto quello che ho fatto, l'ho fatto con passione. E mi riferisco sia alle cose venute bene, sia a quelle che potevano riuscire meglio. Sono contento di avere dedicato tanto tempo all'ANMIL. Mi piacerebbe avere più donne all'interno dell'Associazione perché ritengo che siano un valore aggiunto, come dimostrano le tante iniziative che abbiamo intrapreso. Le donne sono mogli, madri, badanti e, quando sono anche infortunate, il loro impegno ci fa capire quanto siano importanti. Tornando a me, continuerei a fare le cose che ho fatto e non rinnegherei nulla del mio operato.
- C’è stato qualche evento, nel corso di questi anni, che secondo lei ha particolarmente distinto il ruolo dell’ANMIL?
Ce ne sono tanti. Mi vengono soprattutto in mente gli interventi che ho fatto, in veste di presidente, all'Università di Teramo e in numerose scuole. In queste occasioni ho capito che la testimonianza è la cosa che premia di più. Spesso, quando ho parlato di norme durante convegni, ho avvertito brusio fra la persone in sala. Diversamente, quando ho raccontato le mia storia, il pubblico è restato in silenzio e ha prestato grande attenzione. Ho capito così l'importanza del testimonial della sicurezza. Questa è la strada giusta: quando a parlare è l'uomo che racconta una storia vera.
Fonte: ANMIL
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