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Stress: il ruolo dello psicologo del lavoro nel processo di valutazione

Stress: il ruolo dello psicologo del lavoro nel processo di valutazione

Nella valutazione dello stress lavoro-correlato un coinvolgimento dello Psicologo del Lavoro potrebbe rappresentare un valore aggiunto. Perché utilizzare uno Psicologo del Lavoro? Riflessioni a cura di Massimo Servadio.

È sufficiente dare uno sguardo ai dati relativi all’incidenza e alla diffusione dello  stress da lavoro nel nostro continente per comprendere come la portata negativa del fenomeno sia particolarmente gravosa. Un recente sondaggio d’opinione paneuropeo condotto dall’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro ha rivelato che il 51% dei lavoratori europei ritiene lo stress lavoro-correlato un problema comune nel proprio luogo di lavoro e che all’incirca quattro lavoratori su dieci pensano che lo stress non sia adeguatamente gestito nel loro luogo di lavoro. Dai dati emerge inoltre che il 66% dei lavoratori attribuisce lo stress alle “ore lavorate o al carico di lavoro”. Gli studi suggeriscono infine che il 50-60% di tutte le giornate lavorative perse è dovuto allo stress lavoro-correlato e ai  rischi psicosociali e come nell’arco di nove anni, quasi il 28% dei lavoratori europei siano esposti a tale tipologia di rischio in grado di compromettere il benessere mentale. Infine nelle organizzazioni molto piccole, con un organico non superiore alle nove unità, il 45% dei lavoratori considera lo stress lavoro-correlato un problema comune, e nelle organizzazioni di maggiore dimensione questa percentuale sale al 54-58%. Sono dati e percentuali, quindi, che sottolineano la gravità del fenomeno e che impongono un’attenzione marcata e crescente a tutti gli aspetti ad esso connessi.

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Nel corso degli ultimi anni, di conseguenza, è cresciuta la consapevolezza di come lo stress lavoro-correlato determini un impatto enorme sia sulla salute psicofisica degli individui che sull’efficacia ed efficienza produttiva. Partendo dall’assunto che le persone che lavorano in azienda costituiscono la risorsa essenziale e imprescindibile per la qualità ed il successo dell’azienda stessa, diventa fondamentale che le organizzazioni si impegnino con forza per assicurare le migliori condizioni di lavoro possibili, prevenendo quindi le diverse forme dello stress lavorativo e i suoi differenti esiti.
 
In quest’ottica, il processo di valutazione di tutti i rischi psicosociali, ed in particolare quello inerente allo stress lavoro-correlato, si inserisce nell’ambito della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro con l’obiettivo di sensibilizzare il Datore di Lavoro, il Management Aziendale e il Servizio di Prevenzione e Protezione verso un più ampio orizzonte di pericoli per il benessere personale e organizzativo. Una valutazione del rischio stress lavoro-correlato, di conseguenza, dovrebbe rappresentare una grande opportunità di crescita e di sviluppo aziendale, opportunità finalizzata all’incremento del benessere organizzativo e quindi, in maniera correlata, al miglioramento delle performance aziendali. Per cogliere questa opportunità occorre però gestire il processo di valutazione e i suoi esiti/effetti (azioni preventive e/o di miglioramento) in modo competente tramite l’ausilio di metodologie ad hoc e ancor di più di figure professionali specificamente formate e addestrate all’utilizzo dei diversi strumenti di indagine, di carattere oggettivo e soggettivo. Come sottolineato in un precedente articolo, poi, considerato che le professionalità in gioco sono verosimilmente diverse, è altrettanto fondamentale che il “gruppo di valutazione” interagisca e si integri nel migliore dei modi con l’obiettivo di raggiungere un risultato efficace in riferimento al processo stesso di valutazione.
 
La scelta di eventuali consulenti esterni che vadano ad integrare l'attività del SPP aziendale è sempre demandata al Datore di Lavoro ma, nel “mare magnum” delle professionalità che si cimentano (e, a volte, si improvvisano) nella valutazione dello stress lavoro-correlato, è importante porre in evidenza le principali motivazioni per le quali un coinvolgimento dello Psicologo del Lavoro potrebbe rappresentare un “valore aggiunto” per un’efficace realizzazione di tali attività, sia nella fase di valutazione preliminare, sia, soprattutto, nell’eventuale fase di approfondimento.
 
La domanda è quindi la seguente: perché lo Psicologo del Lavoro?
In primis perché lo stress lavoro-correlato si configura come un rischio particolare rispetto alle altre tipologie conosciute e rilevate, un rischio nel quale è intrinseca una forte componente soggettiva. Se per categorie quali, per esempio, il rischio chimico o il rischio biologico è possibile individuare una soglia di pericolosità, risulta difficile (se non impossibile), nonostante gli strumenti a disposizione, fare altrettanto per lo stress lavorativo, in prima battuta perché quest’ultimo dipende fortemente dalla percezione della singola persona; in seconda battuta perché i fattori di rischio psicosociale dipendono sia da aspetti di carattere strutturale/ organizzativo, sia da una componente relazionale legata al contesto. Una lettura “psicologica” di tali fattori, fornita da un esterno all’organizzazione, potrebbe aiutare i rappresentanti aziendali nell’impostare nel modo corretto il percorso di valutazione, a non interpretare rigidamente i dati raccolti e a dare supporto per eventuali interventi correttivi/migliorativi.
Come evidenziato poi dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, le competenze dello Psicologo del Lavoro dovrebbero risultare, in linea generale, coerenti e funzionali con gran parte dei compiti previsti dal D.Lgs. 81/08, sia per ciò che concerne l’individuazione e la valutazione dei rischi psicosociali legati allo stress, sia per le attività di prevenzione degli esiti di strain, quali ad esempio la formazione del personale, l’informazione e le comunicazioni riguardanti la salute e i rischi lavorativi e la consulenza alla gestione del sistema organizzativo.
 
Altrettanto importante, lo Psicologo dovrebbe disporre poi delle competenze necessarie al coinvolgimento e all’attivazione dei membri dell'organizzazione, lavoratori compresi, attivando così un cambiamento di mentalità dall’interno, nell’ottica che coloro che vivono quotidianamente la realtà aziendale possano fornire un contributo determinante alla prevenzione dei rischi di natura psicosociale.
 
In definitiva, per lo svolgimento delle attività di identificazione e valutazione dei fattori stressanti sul posto di lavoro risultano necessarie conoscenze teoriche e competenze appropriate che contraddistinguono la formazione e l’attività professionale di uno Psicologo preparato negli ambiti del lavoro, delle organizzazioni e delle risorse umane. È auspicabile quindi che questa figura professionale diventi un punto di riferimento nel “team” di valutazione, contribuendo a rendere la valutazione un’effettiva occasione per l’organizzazione di ripensare ai propri processi, alle proprie dinamiche interne e mettere in atto dei processi di reale miglioramento e sviluppo.
 
  
 
Massimo Servadio
Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni
 
 

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Rispondi Autore: M.MARIO - likes: 0
16/01/2015 (08:19:54)
Non mi sembra che nel D.Lgs. 81/08 si parli di uno psicologo. Non a caso l'RSPP fa un corso anche per la materia in questione.
Il Servizio Prevenzione al massimo qualora si senta carente in materia può farsi assistere.
Saluti
Rispondi Autore: Paolo Vaccarino - likes: 0
19/01/2015 (00:55:56)
Concordo!!

E' soprattutto una questione di mentalità da infondere, se fatta bene la valutazione non vuole solo rispondere ad un obbligo di legge ma essere una fotografia per aiutare l'azienda a migliorare la sua organizzazione per migliorare i prodotti e i servizi offerti e il suo valore.

Per il Sig. Mario: è vero che nel decreto non si parla di psicologo ma non pensa che sarebbe meglio puntare al massimo, avendo una professionalità dedicata per questi aspetti? Quando deve farsi curare cerca un medico o si affida a qualcuno che ha fatto, scusi il gioco di parole, un corso di primo soccorso?!?

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