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Cellulare e altri dispositivi: come prevenire i rischio elettromagnetico

Cellulare e altri dispositivi: come prevenire i rischio elettromagnetico
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi campi elettromagnetici

13/04/2015

Il rischio elettromagnetico nell’utilizzo professionale di dispositivi di comunicazione operanti nel campo dell’altissima frequenza: cellulari, cordless, dispositivi di rice-trasmissione ad uso professionale.

 
Pubblichiamo un articolo tratto dagli atti dell’8° Seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp “Dalla valutazione alla gestione del rischio. Strategie per la salute e la sicurezza sul lavoro” che si è svolto a Roma a novembre 2013.
 
 
Utilizzo professionale di dispositivi di comunicazione operanti nel campo dell’altissima frequenza (cellulari, cordless, dispositivi di rice-trasmissione ad uso professionale)
I risultati di diversi studi recenti, tra cui alcuni sulla rivista “Epidemiology”, hanno verificato l’ipotesi di collegamento tra l’utilizzo prolungato del telefono cellulare e l’insorgenza di cancro nel cervello, nervi o altri tessuti della testa o del collo o anche di tumori benigni dell’apparato
uditivo, quali il neurinoma acustico. Molti altri studi “in vivo”, tra cui quello dell’AUVA, hanno indicato come dopo 10 e più anni di utilizzo del cellulare aumenti il rischio di neurinoma acustico, in particolare nel lato usato abitualmente per le conversazioni al telefono mobile. Da questi studi risulta che gli effetti biologici non siano soltanto di tipo termico, come delineato in alcune Linee Guida. Prendendo come riferimento questi risultati di indagine e sulla scorta di recenti sentenze italiane, si indaga il rischio derivante da uso professionale di dispositivi operanti nel campo dell’altissima frequenza e ormai di uso molto diffuso nel mondo del lavoro: cellulari, auricolari Bluetooth, telefoni cordless, ricetrasmettitori di tipo LPD (Low Power Devices). Nell’articolo si prospettano soluzioni di buone prassi d’uso ispirate al principio di cautela.
 


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1. PRINCIPALI TIPI DI DISPOSITIVI DI COMUNICAZIONE A RADIO FREQUENZA
I principali tipi di dispositivi di comunicazione a Radio Frequenza (RF) utilizzati in campo lavorativo sono:
• telefoni cellulari UMTS e GSM, 3G (terza generatione di telefoni UMTS);
• telefoni DECT;
• Ricetrasmettitori PMR (cantieri, marittimi, etc.) e CB (Citizen Band);
• comunicazione wireless per trasmissioni dati: WI-FI e Bluetooth.
 
Negli ultimi dieci anni, i sistemi wireless hanno invaso gli uffici e i cantieri. Oggi lavoriamo con mouse e computer che utilizzano la comunicazione wireless e telefoni cellulari. Tutto questo viene fatto in radiofrequenze (RF) utilizzando onde elettromagnetiche. Ciò comporta l’emissione di campi elettromagnetici a frequenze nella gamma delle centinaia o migliaia di Megahertz (milioni di cicli/s), con potenze diverse in funzione della distanza che il segnale deve percorrere. I sistemi di telefonia senza fili che vengono utilizzati negli uffici fanno riferimento
al sistema DECT. Il telefono, per funzionare comunica a stazioni base che sono distribuiti in tutto l’edificio, spesso uno per corridoio. È molto comune per gli edifici senza una rete cablata fissa. Le stazioni base ed i telefoni funzionano ad una frequenza di 1900 MHz.
La potenza massima di uscita per la stazione di base e i telefoni è in genere di 0,25 W. Il telefono trasmette solo quando è in atto una comunicazione. Paragonando i telefoni DECT con
i normali telefoni cellulari (GSM), per quest’ultimi la massima potenza di uscita è inferiore; i telefoni DECT trasmettono durante l’intera chiamata, mentre i telefoni GSM trasmettono solo quando si parla e molto meno quando si sta ascoltando. I telefoni GSM possono anche adattarsi a livelli di potenza più bassa se si è nei pressi di una stazione di base mentre i telefoni DECT non hanno questa capacità (potenza di trasmissione sempre invariata). La terza
generatione (3G) emette, in media, 100 volte meno energia a RF di un telefono GSM, quando
il livello dei segnali è di buona qualità. Gli auricolati Bluetooth presentano livelli di emissione bassissimi rispetto a quelli di un telefono GSM.
 
2. RADIOFREQUENZE PROSSIME AL GHz. STUDI DI ESPOSIZIONE IN VIVO
Sono stati pubblicati di recente molti studi di esposizione a campi RF di 900 MHz GSM “in vivo”. In uno di questi (Gatta et al., 2003), gli animali in test hanno mostrato una settimana dopo l’inizio l’esposizione giornaliera un aumento della produzione di proteine IFN-g, che dopo quattro settimane di esposizione, si è ridotta a livelli normali. Gli autori interpretano questo fenomeno come un adattamento del sistema immunitario all’esposizione. Una meta-analisi del rischio di neuroma acustico, glioma e meningioma è stata effettuata per l’uso del telefono cellulare, con un periodo di latenza di 10 anni o più (Hardell et al. 2007). Nel complesso è stato ottenuto OR = 1.3 , 95 % CI = 0.6-2.8 crescente per uso ipsilaterale del cellulare a OR =
2.4, 95 % CI = 1.1-5.3. È da sottolineare che studi autorevoli “in vivo” depongono per alterazioni biologiche non riconducibili ad effetti termici. Durante e dopo l’esposizione reale le onde alfa EEG, nelle frequenze 8 - 13 Hz, del cervello sono risultate cambiate. Alcuni cambiamenti sono stati statisticamente significativi. Alcune risposte acustiche del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e gli stimoli ottici (i cosiddetti potenziali evocati), mediati da onde cerebrali, sono rimasti significativamente cambiati anche per diversi minuti dopo il termine dell’esposizione.
Queste fenomenologie sono in genere riconosciute negli studi come risposte del SNC a cause di tipo non termico. Inoltre, sono stati osservati nuovi effetti importanti che possono aiutare a chiarire il meccanismo dell’effetto della radiazione RF a basso livello d’esposizione sul Sistema Nervoso Centrale. Sono dunque state fatte le seguenti osservazioni:
• in linea con le precedenti ricerche, nello spettro EEG sono stati trovati cambiamenti, in particolare i livelli energetici sono aumentati soprattutto nella banda alfa;
• è importante notare che l’aumento dei livelli energetici della banda alfa EEG era già presente
nei primi cinque minuti di esposizione ed è rimasto invariato per più di 50 minuti successivi, dopo il termine dell’esposizione (effetti maggiori con segnali UMTS che con segnali GSM) - (studio AUVA, 2009).
Poiché i cambiamenti EEG sono avvenuti anche in bande di frequenza più alta (attività “desynchronized”), statisticamente significativi nel caso di esposizioni UMTS, non si può parlare
di una riduzione dell’attività centrale. Questo è sottolineato anche dall’aumento dei tempi di risposta ai test dei soggetti durante l’esposizione, che tuttavia sembra avvenga a spese della
qualità delle risposte; inoltre, le risposte sbagliate sono state date entro termini più brevi.
Molti altri studi di coorte sono disponibili in letteratura a favore della possibilità di aumentato
rischio da esposizione prolungata a campi a frequenze UHF, soprattutto per patologie gravi. Di questi studi, svariati sono stati condotti in campo occupazionale.
Il dibattito scientifico è ancora in corso. Alcuni studi, infatti, riportano anche esiti negativi o
incerti a riguardo dei rischi per la salute da uso di dispositivi radio-mobili. Questo aspetto è evidenziato in alcuni lavori tra cui Benson et al. (2013), in cui si conclude che nell’ampio studio prospettico, l’uso del telefono cellulare non è stato associato ad un’aumentata incidenza di glioma, meningioma o tumori non-SNC. Durante un follow-up di sette anni, si sono manifestati 51680 tumori invasivi e 1261 tumori intracranici incidenti sul SNC. Il rischio tra gli utenti di telefoni cellulari abituali in confronto a mai esposti non è risultato aumentato per tutti i tumori intracranici al SNC (RR = 1.01, 95% CI = 0,90-1,14, p = 0,82), per i tipi di tumore specifici al SNC, né per il cancro in altri 18 organi specificati. Per gli utenti a lungo termine rispetto ai non utilizzatori, non è risultata alcuna associazione apprezzabile per il glioma (10 e più anni: RR = 0.78, 95% CI = 0,55-1,10, p = 0,16) o meningioma (10 e più anni: RR = 1.10, 95 % CI = 0,66-1,84, p = 0,71). Per il neuroma acustico è stato rilevato un aumento del rischio con l’uso a lungo termine, in confronto a chi non lo usa (più di 10 anni: RR = 2.46, 95% CI = 1,07-5,64, p = 0,03), il rischio risulta aumentare con la durata d’uso (tendenza tra gli utenti , P = 0.03). In un altro lavoro (Schüz et al., 2006) basato su casi-controllo nella popolazione, in un totale di 14249 casi di tumore esaminati (SIR = 0.95; 95% confidence interval [CI] = 0.93 to 0.97) per uomini e donne combinati, è stato analizzato il tasso di incidenza standardizzato (SIR), ottenuto dividendo il numero di casi di cancro osservati nella coorte in esame per il numero atteso nella popolazione danese. In questo caso l’utilizzo del telefono cellulare non è stato associato con un aumentato rischio di tumori cerebrali, neuromi acustici, i tumori delle ghiandole salivari, tumori oculari o leucemie.
 
3. LE LINEE GUIDA INTERNAZIONALI E GLI EFFETTI NON TERMICI
Il lancio e la diffusione dei dispositivi di radiocomunicazione personale hanno introdotto un nuovo tipo di esposizione: fino ai giorni nostri mai grandi gruppi di popolazione hanno visto un trasmettitore RF applicato alla testa. L’importanza delle indagini sperimentali risiede anche nel fatto che gli effetti dimostrati, che non necessariamente hanno rilevanza di patologia (ad esempio, cambiamenti nelle onde EEG), non dovrebbero verificarsi in base al solo meccanismo
di interazione strettamente termico, come riportato dalle linee guida correnti per l’esposizione.
L’assicurazione sociale austriaca per il lavoro e i rischi AUVA ha commissionato all’Università di Vienna la realizzazione dei propri progetti di ricerca, con particolare attenzione agli effetti delle radiazioni dei telefoni cellulari su: cervello, sistema immunitario e proteine (AUVA, 2009). In definitiva, i risultati del rapporto confermano rischi per la salute associabili a tecnologie di telefonia cellulare (o comunque a frequenze prossime al Gigahertz, come per i telefoni cellulari e DECT). Leggendo i principali risultati degli studi AUVA risulta che è stato estesamente verificato che i campi elettromagnetici da radiazioni dei cellulari, nella lunga e continua esposizione, dovrebbero dare luogo a significativi effetti per:
• il sistema nervoso centrale (cervello);
• il sistema immunitario;
• le sintesi delle proteine.
Lo studio dell’AUVA ha quindi messo in luce i possibili effetti non termici delle radiazioni elettromagnetiche nelle gamme di frequenza dei cellulari, ponendosi in qualche modo in antitesi con i risultati di studi in rappresentanza del “paradigma termico”, dose-correlati.
Generalmente le agenzie governative di protezione dalle radiazioni non prendono in considerazione nelle Linee Guida processi biologici che rispondono a livelli di campi elettromagnetici al di sotto della soglia critica di riscaldamento dei tessuti. Come risultato, alcuni orientamenti legislativi potrebbero non fornire in atto adeguata protezione. Sempre nello studio dell’AUVA si afferma, infatti, che dalle osservazioni risulta che le cellule sono soggette a stress quando sono esposte a questo tipo di radiazione per tempi di ore (nella sintesi proteica) e, secondo le conclusioni, gli effetti indotti dalle radiazioni elettromagnetiche tuttavia non sempre risultano associabili alla dose, come invece ci si aspetterebbe per gli effetti termici.
Secondo quanto concluso dal progetto di ricerca, questo costituisce un’ulteriore conferma dell’esistenza dei cosiddetti effetti non termici nell’esposizione a campi UHF. I danni di tipo non dose-correlati sono ancora oggetto di indagine bio-medica. L’ICNIRP riconosce tuttavia che con la Linea Guida ci si è limitati alla protezione solo da “impatti sulla salute acuti a breve termine” causati da “aumento delle temperature nel tessuto” (Orientamenti, p. 48), e che gli effetti biologici non termici non sono stati presi in considerazione.
 
4. SIMULAZIONI AL CALCOLATORE DI ESPOSIZIONE UMANA A RADIOFREQUENZE PROSSIME AL GIGAHERTZ
Sono state effettuate simulazioni al calcolatore di esposizione umana a campi RF alle frequenze
e con le caratteristiche di un segnale UMTS e dei valori di SAR nel piano frontale, in genere mediante il metodo degli elementi finiti (AUVA, 2009). Le variabili di ingresso più significative per l’analisi dell’incertezza nelle simulazioni al calcolatore sono state: variazioni (seppur piccole) della posizione relativa tra l’antenna e la testa; diverse dimensioni della testa e le forme della testa dei soggetti; differenti proprietà dielettriche del tessuto tra i soggetti; azione degli elettrodi EEG sulla distribuzione di assorbimento nella testa. Un parametro di riferimento nelle esposizioni a RF è il tasso di assorbimento specifico SAR, che è il valore che descrive quanta potenza di campo è assorbita nei tessuti biologici quando sono esposti a radiazione elettromagnetica. La definizione è: SAR = σ ⋅ E2 / ρ, dove E è l’ampiezza del campo elettrico, σ è la conduttività e ρ è la densità dei tessuti esposti.
Il SAR è misurato in W / kg. Come possibile compromesso ottimale tra un’esposizione omogenea delle aree della corteccia temporale e parietale e allo stesso tempo un accettabile basso assorbimento negli occhi si è rivelato l’accordo con distanza della sorgente di d = 65 mm, h = 10 mm all’esterno. In questa disposizione, il campo emesso dall’antenna ad una potenza RF di 1,0 W comporta nelle simulazioni un SAR nella corteccia di 1,18 W / kg, con un’attenuazione uniforme attesa di 3 dB e 5 dB nel 38% e 61% della massa corticale irradiata. Ossia, nelle ipotesi dette il 38% della massa corticale irradiata si viene a trovare con un SAR compreso tra 0,59 W / kg e 1,18 W / kg e il 61% della corteccia dell’emisfero irradiato avrà un SAR compreso tra 0,37 W / kg e 1,18 W / kg. Nella Figura 1 è riporta la simulazione (AUVA, 2009).
 
Figura 1 - Simulazione al calcolatore del tasso di assorbimento specifico SAR nelle aree della corteccia temporale in funzione della profondità - Fonte: AUVA, 2009.
 
5. MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Dato che alcuni studi occupazionali indicano che l’esposizione a lungo termine nei luoghi di lavoro può essere associata a un’aumentata probabilità di insorgenze di tumore cerebrale e ad altri cambiamenti o patologie, come misura di prevenzione di massima, l’esposizione deve essere evitata il più possibile (avvicendamento del personale, etc.). Se questo non è possibile,
si dovrebbero rispettare le seguenti azioni di prevenzione che fanno riferimento alla distanza dal dispositivo a RF, alla durata dell’utilizzo e alla schermatura:
a) la distanza dalla sorgente di radiazioni deve essere la più grande possibile, in quanto l’intensità di campo, a seconda del tipo di origine della radiazione e la sua geometria diminuisce con la distanza; dagli studi citati risulta una distanza minimale di 65 mm dalla testa;
b) l’utilizzo dell’auricolare riduce l’esposizione (il valore SAR sulla testa è minore di 8-20 volte);
c) il soggiorno nella zona esposta ad antenne emittenti deve essere il più breve possibile, lasciando l’area esposta oppure si deve provvedere a spegnere la fonte di radiazioni;
d) se le misure di cui sopra non sono sufficienti o non fattibili, l’esposizione può essere ridotta a mezzo di schermatura. La sorgente o la zona di soggiorno devono essere schermate con materiali idonei. Per proteggere le camere o le sorgenti, è importante la scelta della schermatura per la specifica frequenza dell’emissione radiante. I metalli come rame e alluminio alle alte frequenze hanno un’elevata attenuazione ma non agiscono bene nella gamma delle basse frequenze. Si adoperano, allora, sostanze ad alta permeabilità magnetica;
e) è opportuno non indossare sul corpo i dispositivi radiomobili vicino ad organi con più alta sensibilità ai campi elettromagnetici (cuore), come ad es. usano le forze di polizia, soprattutto se la persona è in movimento, ad es. in treno o in auto (variazione automatica della potenza di trasmissione nei cellulari). Le persone con pacemaker dovrebbero essere valutate separatamente;
f) è importante scegliere dispositivi che comportino un SAR basso (modelli in commercio con la più bassa emissione di radiazioni: solo 0,35 W/Kg) e a più bassa potenza al collegamento;
g) è opportuno effettuare il collegamento in una situazione di ricezione buona, che comporta una potenza emessa effettiva ridotta;
h) è necessario prevedere misure organizzative che consentano la rotazione del personale che fa uso di dispositivi RF in via continuativa (ad esempio, centralinisti);
i) è opportuna la scelta di dispositivi con funzionalità a “mani libere”;
j) il telefono dentro l’autovettura senza antenne esterne può fare aumentare significativamente
l’esposizione (potenza maggiore emessa dal telefono rispetto alla situazione all’esterno).
 
6. CONCLUSIONI
Il presente lavoro è basato su un principio di cautela suggerito dall’OMS (IARC, 2013) nell’uso
di dispositivi radiomobili di comunicazione (UHF), a seguito di un bilancio nel rapporto costo-efficacia basato sull’analisi del rischio. Alcuni recenti studi hanno messo in luce gli effetti non termici delle radiazioni elettromagnetiche, nelle gamme di frequenza dei cellulari e dei dispostivi di comunicazione DECT. Tali effetti non sempre risulta siano trattati nelle Linee Guida di riferimento.
Il dibattito scientifico è ancora in corso. Alcuni studi, infatti, riportano anche esiti negativi o incerti a riguardo dei rischi per la salute da uso di dispositivi radio-mobili. Come evidenziato in uno studio (Karolinska Institutet, 2003) in merito, se l’adozione di precauzioni comporta costi bassi, quali quelli ispirati ad un principio di cautela e la conseguente scelta di buone prassi, è opportuno adottare tali misure di sicurezza anche se il rischio sembra allo stato della conoscenza relativamente basso o presenta ancora incertezze. Questo dovrebbe valere maggiormente per i lavoratori professionalmente esposti nel quotidiano.
 
 
 
 



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