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Storie di infortunio: con le migliori intenzioni…

Storie di infortunio: con le migliori intenzioni…
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Attrezzature e macchine

03/06/2015

Un operaio è deceduto a seguito di un trauma da schiacciamento durante l’uso del carrello elevatore: come è avvenuto l’incidente, le cause, i risultati delle inchieste e le indicazioni per la prevenzione.

 
Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie  storie d'infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione. In questa storia, dal titolo “Con le migliori intenzioni” (a cura di Michele Montresor, Servizio PSAL della ASL di Mantova), l’operaio di un caseificio è deceduto a seguito di un trauma da schiacciamento durante l’uso del carrello elevatore.


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Che cosa è successo
Un operaio di un caseificio, durante lo svuotamento di un grosso contenitore che raccoglieva lo scarto della pulizia delle forme di grana, ha riportato un trauma da schiacciamento al bacino, con conseguenti gravi lesioni interne, che ne hanno causato il decesso dopo circa 9 ore dall’infortunio.
 
Chi è stato coinvolto
Amedeo, operaio generico a tempo indeterminato, lavorava al caseificio da circa 2 anni e mezzo, sotto le direttive del casaro. Svolgeva varie mansioni connesse alla produzione del formaggio grana padano. Quella mattina aiutava il collega Giuseppe, addetto all’allevamento maiali all’interno della stessa area di produzione del caseificio.
 
Dove e quando
L’infortunio è avvenuto nell’estate del 2010 nelle prime ore del mattino, nell’area esterna di un allevamento di maiali annesso ad un caseificio della Provincia di Mantova.
 
Che cosa si stava facendo
Giuseppe, doveva svuotare una cisternetta (tank) piena dello scarto di lavorazione del formaggio grana padano, che aveva l’aspetto di segatura medio-fine all’interno di una vasca liquami. Il peso stimato del tank pieno era di circa 950 Kg.
Per fare ciò ha utilizzato un carrello elevatore e per poter eseguire questa operazione, già eseguita una volta in passato, ha chiesto la collaborazione di Amedeo.
 
Il tank l’ho modificato io circa un anno e mezzo fa ed avevo chiesto a Giovanni la possibilità di utilizzarlo in quanto ritenevo fosse “a perdere”. Ne ho tagliato il “cielo” mantenendone inalterata la struttura in tubi di acciaio. Dopo tale operazione l’ho reso disponibile al magazzino formaggio collocandolo all’esterno, vicino agli impianti di climatizzazione aria; non essendo un’area coperta avevo tolto il tappo alla base perché potesse drenare l’acqua piovana.
 
A un certo punto
Dopo aver sistemato il tank sul bordo del muretto della vasca di raccolta dei liquami, Giuseppe è sceso dal carrello per aiutare Amedeo ad agganciare una catena alla piastra porta forche del carrello, al fine di recuperare il contenitore dopo lo svuotamento. Durante questa operazione il tank, in equilibrio precario sul muretto, è caduto nella vasca liquami trascinando il carrello e causandone l’avanzamento, il carrello non era stato bloccato poiché il freno di stazionamento non funzionava.
Giuseppe ed Amedeo si trovavano in quel momento tra il carrello ed il muro della vasca; il primo, riuscendo a scansarsi, ha evitato “il peggio”; Amedeo invece è stato schiacciato riportando il trauma che ne ha causato il decesso nel tardo pomeriggio.
Le figura 4 rappresenta la sequenza operativa della procedura per lo smaltimento utilizzata da Giuseppe in precedenza. La figura 5 rappresenta la posizione di Amedeo al momento dell’infortunio.
 
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Prima di ‘escogitare’ il sistema sopra esposto, il rifiuto era depositato nel prato dietro il caseificio. L’accumulo di questi scarti favoriva il proliferare di ratti e altri animali indesiderati. Per ovviare questo problema, Giuseppe, in accordo con il datore di lavoro, ha deciso di versarli nella vasca dei liquami. Il datore di lavoro e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione non erano a conoscenza dell’effettiva nuova modalità di smaltimento degli scarti che era stata attuata una sola volta prima di questo infortunio.
Il fatto che l’operazione fosse andata a buon fine la prima volta, ha determinato, in Giuseppe, la convinzione che il sistema fosse sicuro. In precedenza però le condizioni erano molto diverse: nel tank vi era la metà di prodotto (1/2 del peso) ed era meno compatto poiché il tempo di stoccaggio all’aperto era stato inferiore. Questo ha determinato un diverso comportamento dinamico dei rifiuti.
Di tale operazione la direzione aziendale non si era più curata, una volta constatato che il problema era stato risolto.
Inoltre sia Giuseppe, che aveva ricevuto l’incarico dal datore di lavoro, sia Amedeo, non erano specificatamente formati sul corretto utilizzo delle attrezzature e in particolare sui carrelli elevatori; né erano a conoscenza del divieto d’uso del tank, in difformità da quanto previsto dal fornitore dei prodotti chimici. Queste attrezzature infatti erano utilizzate per altri scopi e i proprietari, ovvero i fornitori dei prodotti chimici acquistati dal caseificio, avrebbero dovuto ritirarli.
 
Non sarebbe successo se… [1]
· Fosse stata presente una procedura sicura e appropriata per lo smaltimento degli scarti alimentari.
· Se Giuseppe e Amedeo avessero avuto le competenze tecniche anche minime per eseguire il compito che gli era stato affidato, Giuseppe non sapeva neanche cosa fosse un carrello elevatore. Si era sempre solo occupato dell’allevamento dei maiali, analogo discorso per Amedeo che lavorava sì al caseificio ma si dedicava a compiti completamente diversi.
· Si fosse usato in modo corretto e professionale il carrello elevatore.
· Se il carrello elevatore non avesse presentato numerose criticità dovute alla scarsa manutenzione quali il non funzionamento del freno di stazionamento e dell’omesso aggiornamento tecnico.
· Non si fosse fatto un uso improprio del tank modificato, vietato dal fornitore che lo aveva lasciato al caseificio. Infatti sul tank era riportato: ”E’ vietata ogni manomissione od uso improprio. La mancata restituzione o eventuali danni saranno addebitati”. Ciononostante il contenitore è stato manomesso eliminando la parte superiore (cielo) dell’unità in plastica, per favorire l’introduzione dello scarto alimentare. Il tank era utilizzato dalla ditta fornitrice di prodotti chimici per il loro trasporto e stoccaggio presso il cliente. I proprietari avrebbero dovuto ritirarlo, tuttavia questo non è avvenuto nemmeno dopo il recesso del contratto con l’azienda fornitrice.
· In generale si può affermare che con questo sistema, adottato da Giuseppe e tacitamente approvato dal datore di lavoro per risolvere il problema dello stoccaggio e della movimentazione del rifiuto, si contravvenivano le più elementari regole di sicurezza.
 
Come è andata a finire
Trattandosi di rifiuto alimentare, esso va stoccato in modo adeguato per il successivo smaltimento da parte di ditta autorizzata. Il carrello è stato rottamato e sostituito con altro usato ma a norma.
 
 
 
RPS


[1] Fermo restando che alcuni punti sopra riportati afferiscono alle condizioni d’uso generali dei carrelli elevatori e non costituiscono indicazioni d’uso valevoli nel caso di specie.


Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
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Rispondi Autore: Gaini Daniele - likes: 0
03/06/2015 (08:09:09)
Al di là della superficialità e degli errori di approccio al lavoro evidenziati nell'articolo, sarebbe interessante conoscere l'epilogo della vicenda. Chi è stato incolpato, in che misura, se esisteva un preposto che doveva sorvegliare....

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