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La sicurezza sul lavoro ai tempi della crisi: quali strumenti?

Quali strumenti sono a disposizione per fare prevenzione in tempi di tagli ai bilanci? Quali nuove idee per evitare di pagare domani le scelte fatte oggi in termini di riduzione degli investimenti, perdita di competenze ecc.? Di Alessandro Mazzeranghi.

Lo scenario
Il titolo temo sia sin troppo chiaro a tutti. Avendo modo di visitare quotidianamente le aziende, dalle più grandi, alle medie, a qualche piccola, praticamente in tutte le parti d’Italia e spesso anche nel resto della Unione Europea, ci si rende conto che la situazione del nostro lavoro, ovvero di chi è all’interno del più ampio meccanismo del miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, è profondamente mutata negli ultimi quattro anni, e che quindi sono necessarie nuove idee che riescano a tenere sotto controllo uno dei risvolti più inquietanti di questa crisi. Inquietante perché, vi chiederete? Perché le scelte che facciamo oggi, in termini di riduzione degli investimenti, perdita di competenze ecc., le pagheremo domani. Quando su un tema entrano in gioco l’organizzazione delle aziende e l’impegno e la fiducia delle persone il degrado non è immediato ma estremamente progressivo, ma da un certo punto in poi per invertire la tendenza servono sforzi enormi.
 
La situazione è evidente: anche le aziende che più investivano sui temi della sicurezza e della salute sul lavoro hanno deciso di ridurre drasticamente sia il numero di risorse interne addette, sia la disponibilità economico / finanziaria per gli interventi tecnici, la formazione, la consulenza ... Ribadisco: utilizzare le poche risorse rimaste senza un disegno strategico nuovo può avere senso solo se la tendenza economica generale si invertirà a brevissimo termine, altrimenti è l’intera strategia che deve essere ripensata.
 
Verrebbe da chiedersi: forse siamo stati troppo spendaccioni negli anni passati? Io risponderei di no: secondo me, se vogliamo trovare un difetto, in alcuni casi siamo stati poco efficienti. La disponibilità di risorse spinge a fare le cose con un livello di dettaglio talvolta eccessivo rispetto agli obiettivi concreti.

 


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Qualche idea
Ebbene, dopo questa premessa vorrei provare a delineare qualche idea costruttiva. Faccio un classico esempio, evidentemente negativo, su ciò che si dovrebbe evitare, soprattutto oggi: un datore rileva che nel documento di valutazione dei rischi alcuni aspetti previsti per legge non sono stati valutati, e ricordando che quello della valutazione dei rischi è uno degli obblighi che non può delegare, richiede che la questione sia immediatamente risolta. Chi affronta il lavoro richiesto direttamente dal datore di lavoro, facilmente lo esegue a un livello di dettaglio che va ben oltre il normale; poi il datore di lavoro lo ricontrolla, forse lo commenta, può capitare anche che chieda qualche modifica. Insomma, senza considerare l’effettiva rilevanza in termini di prevenzione e protezione, viene eseguita una attività che potrebbe essere del tutto sovra dimensionate rispetto ai reali benefici che ne derivano. Forse otteniamo una certa efficacia, ma non è un buon modo di fare efficienza!
Ora, a fronte di risorse davvero contenute, dobbiamo rivedere il nostro criterio di lavoro che era sempre stato orientato alla massima efficacia; oggi invece l’efficienza diventa fondamentale, così come un corretto bilanciamento costi benefici, una gestione ottimale delle risorse umane e tecniche e una precisa identificazione degli obiettivi da perseguire. Quali obiettivi?  Quelli per cui siamo ragionevolmente certi che si possa ottenere un concreto e tangibile miglioramento della sicurezza e della salute. Vediamo invece di ridurre i formalismi allo stretto indispensabile.
 
Bene o male che sia, tutto questo non deve scoraggiare chi lavora nel nostro campo, sia come consulente che come membro del servizio prevenzione e protezione. Perché no? Perché di lavoro da fare ce ne è tanto ed è necessario davvero un nuovo e più forte impegno per non distruggere quanto costruito degli anni di maggiore ricchezza ma anche, diciamocelo chiaro, di molto minore sensibilità. Personalmente trovo corrette richieste di questo tipo (pensate che a parlare sia un manager): “ … quindi questo si deve assolutamente fare perché è importante per la salute dei lavoratori, ma le risorse sono poche; trovami tu una soluzione ragionevole rispettando i vincoli budgettari che ti ho dato … ”. Non è stimolante che la nostra capacità di trovare soluzioni originali ma anche equilibrate sia continuamente messa in gioco?
 
Quindi, se vogliamo aumentare di efficienza mantenendo un altissimo livello di efficacia dobbiamo mutare il nostro modo di porci di fronte ai problemi. La cosa peggiore sarebbe proprio il lasciarsi trascinare dall’istinto o dalla foga, nel momento della scelta degli obiettivi a cui dare priorità. Insisto: per scegliere adeguatamente dove spendere le mie risorse (quelle che mi vengono concesse) devo partire dalla conoscenza (quasi) esaustiva delle situazioni di rischio che si manifestano nella mia azienda / contesto.
 
Ma quale valutazione dei rischi può aiutarci in questo senso? Non è una domanda del tutto polemica: un DVR fatto bene ci darebbe sicuramente una grossa mano, se comprendesse anche una proposta di piano o programma degli interventi per il miglioramento della sicurezza e salute sul lavoro. Tale piano o programma ci direbbe, quindi, a fronte di determinati rischi residui significativi cosa si potrebbe fare per migliorare. Specialmente in termini di interventi tecnico / strutturali, di definizione di specifiche istruzioni di lavoro o di scelta dei DPI più idonei.
Ma quanto sommariamente descritto oltre che utile e necessario è anche sufficiente? Non rappresenta solo lo spostare una asticella di spesa all’interno di una pianificazione di lavoro che grosso modo sarebbe stata la stessa anche senza la crisi? Quindi se vogliamo davvero dare un nostro contributo di riduzione dei costi (quasi) inutili per la azienda credo che si debbano considerare i processi e le risorse umane impegnate. Ovviamente guarderemo ai processi che fanno sicurezza, che non sono affatto pochi, e a chi si occupa di sicurezza in azienda.
 
Allora per ottimizzare serve una analisi organizzativa. Non mi pare una grossa novità. Ma qualcuno la fa? Su questo tema? Io credo di no, si tagliano le risorse, si ristruttura, si riduce il personale ma con quale logica? Se consideriamo l’aspetto sicurezza e salute i tagli sono fatti senza molta logica (questo non vuole assolutamente dire che non si deve tagliare!).
 
Quale parte di organizzazione dobbiamo andare ad esaminare? La risposta è che dobbiamo esaminare tutte le parti della organizzazione aziendale che concorrono:
• al miglioramento della sicurezza
• al mantenimento della sicurezza
• al contenimento dei danni in caso di incidenti.
Chiaro che nell’esaminare questi fattori considereremo sia gli aspetti che sortiscono o possono sortire un effetto positivo, sia quelli che invece potrebbero ostacolare il macro-processo sicurezza.
 
Nel nostro processo di analisi critica dovremo ricercare da una parte le inefficienze, dall’altra tutte le opportunità di sinergia, e in particolare quelle situazioni in cui con una semplice crescita professionale potremmo assegnare alle persone compiti in materia di sicurezza per cui, in virtù della mansione loro propria, sono già in possesso di tutte le conoscenze tecniche e operative necessarie. Pensate se fossimo in grado di fare scrivere le istruzioni operative di sicurezza ai capi squadra o ai capi turno; che per la loro natura di capi potrebbero anche avere dei momenti morti da utilizzare senza quindi dover fare straordinari o altro.
 
La sostanza del discorso è questa:
• Per tagliare i costi indiretti delle funzioni trasversali (o di staff) non direttamente produttive non resta altro che ridurre le risorse assegnate a queste funzioni.
• Per la sicurezza, oggi, gran parte delle risorse necessarie sono risorse umane (interne o esterne), quindi si taglierà prima di tutto su quelle.
• Allora dove possiamo tentare di recuperare risorse (ore / uomo) per evitare che i tagli portino a un impoverimento irreversibile della funzione sicurezza?
• Le possiamo recuperare utilizzando i tempi morti delle funzioni produttive (che ci sono, non temete!).
• E questo cosa comporta al di là dell’ovvia disponibilità di ore?
• Comporta che per rendere efficaci queste ore noi dovremo investire qualcosina sulla formazione delle persone che andremo a coinvolgere.
• A sua volta questa formazione darà alla azienda un ulteriore beneficio di sensibilizzazione ai pericoli e ai rischi che dovrebbe indurre le persone a scegliere autonomamente modi di lavoro sicuri.
 
Francamente in una ottica di crescita aziendale e delle persone, sotto il profilo dell’efficienza ma anche dell’efficacia, e anche sotto il profilo del coinvolgimento, della partecipazione e della collaborazione del personale, un processo di questo tipo potrebbe essere un ottimo modo di trarre dal male (la situazione contingente) un bene (la maggiore consapevolezza ecc.) che resterà anche per gli anni a venire. Capito il “giochino”, solo un ostacolo ci resta davanti: le persone depresse sono istintivamente poco propense alla crescita; per crescere ci vuole ottimismo e fiducia nel futuro. Quindi questo approccio dovrà essere presentato come un segnale che l’azienda ha fiducia in sé stessa, tanto da investire sulla crescita delle persone che ne fanno parte, in un’ottica di salvaguardia del business anche a fronte di tagli dolorosamente necessari.
 
Un esempio per capire meglio
Concludiamo con un piccolo esempio: consideriamo un processo bene noto, già sopra citato, per arrivare a comprenderne le ramificazioni all’interno di altri processi chiave per l’azienda: ragioniamo quindi proprio sulla valutazione dei rischi e sulle sue criticità che coinvolgono fortemente altri processi chiave aziendali. Svisceriamo solo un aspetto per dare l’idea di cosa vogliamo intendere con miglioramento della efficienza: la identificazione di tutti i pericoli e i rischi.
 
Identificare tutti i pericoli significa trovare ed elencare tutte le potenziali fonti di pericolo esistenti; fra queste poi dovremo indicare quali danno luogo a un rischio e quali invece sono completamente sotto controllo per effetto delle misure di prevenzione e protezione adottate. In questo secondo caso il pericolo è presente ma non si trasforma in rischio.
Per fare questo in un’altra epoca economico / finanziaria si procedeva ingaggiando un gruppo di specialisti che, esaminata attentamente l’azienda, i modi di lavoro ecc., redigeva una bozza di documento di valutazione dei rischi che poi veniva condiviso con il RSPP e, talvolta, anche col datore di lavoro, per essere alla fine approvato ed emesso ufficialmente. Se si era lavorato bene il documento comprendeva anche un programma di miglioramento della sicurezza e della salute, con tanto di budget, responsabilità e tempi di attuazione per le diverse azioni previste.
 
Ma questo era ieri: oggi non abbiamo risorse interne per fare ciò e le risorse esterne non ce le possiamo permettere (specialmente su un lavoro così a tappeto) perché costano; non è questione di costare poco o tanto, è che comunque non ci sono soldi neanche per il poco che non sia strettamente mirato alla risoluzione di un problema specifico.
 
Quindi? La risposta non può essere non facciamo nulla; sarà invece: facciamo quanto strettamente indispensabile utilizzando risorse interne in tempo mascherato. Ah, si, perché ovviamente al SPP sono state tolte risorse interne che sono tornate in produzione… e quindi si dovranno coinvolgere (finalmente) i preposti, alcuni lavoratori, alcuni dirigenti, ognuno dei quali porterà il suo pezzettino di valutazione dei rischi partendo dal guardare intorno a se quali pericoli sono effettivamente presenti. Forse, anzi sicuramente, dovremo insegnare qualcosa a queste persone, però per la prima volta avranno una parte di rilievo nel macro-processo sicurezza. Riuscite ad immaginare il beneficio a lungo termine per l’azienda? Questa è vera formazione alla sicurezza!
 
Insomma, il processo sicurezza si deve inserire negli interstizi degli altri processi sfruttando quelle opportunità di efficienza che consentono di raggiungere il risultato minimo indispensabile con uno sforzo che più che altro richiede attenzione da parte delle persone, ma contiene i tempi in modo significativo.
 
Questo che descrivo rappresenta un cambiamento di approccio (che a sua volta richiede un cambiamento di mentalità) piuttosto radicale, ma non vedo, francamente, cosa altro potremmo inventarci. Aspettando tempi migliori e cercando di trarre un poco di bene anche da questa situazione difficile.
 
 
Alessandro Mazzeranghi
 


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