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La responsabilità del DDL in caso di negligenza dell’infortunato

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

18/06/2012

L’osservanza delle misure di sicurezza è finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore non essendo imprevedibile un suo comportamento negligente che abbia contribuito alla verificazione del suo infortunio. Di G. Porreca.

 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Viene ribadito in questa sentenza della Corte di Cassazione penale quello che la stessa suprema Corte definisce un “principio assolutamente pacifico” e  cioè il principio secondo cui, in tema di infortuni, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione di un loro infortunio, giacché il datore di lavoro è "garante" anche della correttezza dell'agire del lavoratore ed allo stesso è imposto anche di esigere da questi il rispetto delle regole di cautela. L’unica eccezione a tale regola, sostiene la suprema Corte, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale (articolo 41 c.p.p., comma 2), si ha in presenza di una condotta assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore, e come tale inevitabile, addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore stesso e ad un suo comportamento "abnorme" e come tale non suscettibile di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.
 

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Il fatto e l’iter giudiziario
Il datore di lavoro di un’impresa, incaricata di svolgere in appalto alcuni lavori di manutenzione sul tetto di un capannone industriale, è stato riconosciuto con sentenza del Tribunale successivamente confermata dalla Corte di Cassazione colpevole del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in relazione al decesso, a seguito di una caduta dall'alto nel cantiere ove stava lavorando, di un proprio dipendente che, pur dotato di una cintura di sicurezza non la stava utilizzando. Il datore di lavoro era stato ritenuto responsabile appunto per aver omesso di esigere che il lavoratore, pur dotato delle cinture di sicurezza, la utilizzasse effettivamente al momento dell’infortunio.
 
Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
Il datore di lavoro ha ricorso in Cassazione contestando la fondatezza dell'addebito basato sul mancato utilizzo della cintura di sicurezza da parte dell'operaio sostenendo, in sintesi, che il comportamento dello stesso sarebbe stato imprevedibile per essersi lo stesso tolto le cinture di sua iniziativa, dopo la conclusione dell'attività.
 
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione che ha ritenuto corretto e incensurabile l'assunto dei giudici di primo e di secondo grado sul mancato utilizzo della cintura di sicurezza. “La sentenza”, ha infatti sostenuto la suprema Corte, “si pone, infatti, in linea con il principio, assolutamente pacifico, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è in effetti escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacché al datore di lavoro, che è "garante" anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela”.
 
“A tale regola”, ha quindi proseguito la Sez. IV, “si fa unica eccezione, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale (articolo 41 c.p.p., comma 2), in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore: in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell'evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore, finisce con l'essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso l'infortunio, che, per l'effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore” e “ciò può verificarsi in presenza solo di comportamenti ‘abnormi’ del lavoratore, come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro”.
 
In questa prospettiva, ha quindi concluso la Sez. IV, “si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore”.
 
 
 
 
 
 
 


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Rispondi Autore: Mario M. - likes: 0
18/06/2012 (08:37:42)
Secondo i giudici, cosa avrebbe dovuto fare il DL?
Mettere per ogni lavoratore, qualcuno a controllare che venga usata in modo continuativo l' imbracatura anticaduta? (sperando che mentre il controllore si assenta per andare in bagno il lavoratore non se la tolga).
Fatta formazione, consegnato i DPI, fatto addestramento, fatti controlli regolari..a mio avviso il DL ha fatto il suo dovere. Per i giudici non basta ancora. Per loro bisogna trovare sempre un colpevole a prescindere.
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0
18/06/2012 (11:09:26)
Sinceramente concordo con il sig. Mario. O non si fa nulla o si esagera. Certe cose si possono comprendere solo lavorando o usando il buon senso, altrimenti si hanno sentenze come questa. Tanti sono i lavoratori che si rifiutano di usare i DPI per machismo o altro. Va anche detto che i DL, per timore di ritorsioni a vario titolo, ricorrono poco alle sanzioni ed alle lettere di richiamo. Comunque, così non va.
Cordiali saluti.
Rispondi Autore: Alessandro Claudio Orefice - likes: 0
18/06/2012 (11:22:51)
In effetti il collega solleva obbiezione a cui non restare indifferenti. A proposito, ritengo non risulti ben definita la comunicazione dell'estensore [che evidentemente riporta scevra di elementi circostanziati la narrazione 'sul' caso. A meno che la sentenza non sia 'ubriaca', cioè che la suprema corte non incorra in un vizio logico ricorribile a sua volta. Le carte processuali [il merito del giudizio nei gradi precedenti] dovranno pure dire qualcosa in fatto di effettiva esigibilità 'tradita': NO? In effetti il tema dell'affidamento fattuale dello svolgimento della vigilanza nelle relazioni di lavoro qui in riferimento[argomento che registra strenua opposizione e resistenza in aula, come si sa e conosce chi fa il formatore delle figure della prevenzione] non èmerge qualificato a sufficenza dalla sentenza qui annotata. Se non si qualifica di argomentazioni coerenti descrittive e logiche la premessa alle conclusioni cui giounge la sentenza, non ci si meravigli poi se l'esito è lo sbotto 'è sempre colpa nostra,' da parte dei garanti della prevenzione; suggerirei all'estensore del contributo - onde evitare di ravvivare un clima da notte in cui tutte le vacche sono nere' di qualificare il 'quid consistat' per cui si possa affermare che nella fattispecie all'esito del dispiegarsi nel tempo della relazione di lavoro si sia poi constatato che 'non è stata esigita la vigilanza'. L'apparenza, per adesso e di un affermazione apodittica a premessa della responsabilità addebitata.
Rispondi Autore: Rocco De Canio - likes: 0
18/06/2012 (12:36:04)
Se un dipendente si sporge dalla finestra e per qualsiasi motivo cade e muore, che succede? il DDL è ritenuto responsabile per non aver messo le grate alla finestra o perchè doveva esigere che il lavoratore si doveva attaccare con un DPI? Il rischio "zero" sappiamo che è irraggiungibile. A prescindere che ogni caso dovrebbe essere analizzato, ma ciò è impossibile,(chi può dire se il DDL ha visto ma ha lasciato correre perchè primo e unico interesse è la velocità di esecuzione, o se il lavoratore si è tolto l'imbracatura appena rimasto solo), il problema è di fondo e sta nella vera formazione, e NON solo informazione. La cosa più difficile è cambiare la forma mentis di tutti i lavoratori. Fin quando ogni lavoratore non capirà che la prevenzione e protezione, quindi, la formazione, l'informazione, l'addestramento, e quel malloppo di carte (PSC, POS, attestati, DVR, DUVRI, ect.) non sono perdite di tempo e di denaro che servono per adempiere alla legge, ma servono per tutelare e salvaguardare loro stessi e non i fastidi che il DDL e i vari resp. della sicurezza potrebbero incappare a seguito di un'ispezione, gli incidenti continueranno a esserci nello stesso numero di sempre.

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