COVID-19: è possibile sterilizzare e riutilizzare i DPI monouso?
Roma, 4 Mag – L’emergenza epidemiologica legata al nuovo coronavirus è purtroppo caratterizzata, non solo in Italia, da una “grave carenza di disponibilità e difficoltà di approvvigionamento di DPI” al punto che sono attualmente oggetto di studio “metodiche che consentano una sterilizzazione e quindi un riutilizzo dei DPI già in possesso”.
E un’attenzione particolare va posta in relazione alla necessità di protezioni per quelle categorie di lavoratori “per le quali non è stato possibile applicare il lockdown e che hanno continuato a lavorare con conseguente rischio di contagio, inevitabilmente esteso anche ai loro familiari. Si pensi al personale sanitario, che ha pagato il prezzo più alto relativamente alle conseguenze dell’emergenza, ma anche a quelli del comparto sicurezza e della filiera alimentare”.
L’obiettivo che bisogna perseguire “è il raggiungimento della massima tutela possibile del personale, dotandolo, in base alle evidenze scientifiche, di DPI di livello adeguato al rischio professionale a cui viene esposto”. E in questo contesto le Agenzie internazionali (CDC - Centers for Diseases Control and Prevention, con un documento del 10 marzo 2020 ed ECDC - European Centre for Disease Prevention and Control, con quello del 17 marzo 2020), “si sono allineate sull’uso in ‘sicurezza’ delle mascherine chirurgiche, nei casi di assenza o scarsa disponibilità di filtranti facciali (FFP), fatta eccezione per le attività che prevedano manovre e procedure a rischio di generare aerosol, per le quali risulta indispensabile l’impiego dei FFP”.
A presentare in questi termini le problematiche e le criticità dell’uso di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) è il documento “COVID-19 - I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)” prodotto dalla Direzione Centrale di Sanità, Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno. Una sorta di manuale che, curato da Cristiano Belfiore, è ad uso delle attività istituzionali della Polizia di Stato.
L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
- L’adozione di appropriate misure di prevenzione e analisi
- Le prove di sterilizzazione dei dispositivi di protezione
- L’indice del documento
L’adozione di appropriate misure di prevenzione e analisi
Il sottolinea che il ricorso ai DPI disponibili non può, comunque, prescindere “dall’adozione di appropriate misure di prevenzione, tra cui:
- lavare frequentemente le mani con acqua e sapone o, se questi non sono disponibili, con soluzioni/gel a base alcolica. In ambito sanitario è raccomandato l’uso preferenziale di soluzioni/gel a base alcolica, in modo da consentire l’ igiene delle mani in tutti i momenti in cui essa si rende necessaria (prima e dopo il contatto, prima di manovre asettiche, dopo il contatto con le superfici in vicinanza del paziente);
- evitare di toccare gli occhi, il naso e la bocca con le mani;
- tossire o starnutire all’interno del gomito con il braccio piegato o di un fazzoletto, preferibilmente monouso, che poi deve essere immediatamente eliminato;
- indossare la mascherina chirurgica nel caso in cui si abbiano sintomi respiratori ed eseguire l’igiene delle mani dopo avere rimosso ed eliminato la mascherina;
- evitare contatti ravvicinati, mantenendo la distanza di almeno un metro dalle altre persone, in particolare con quelle con sintomi respiratori;
- coordinare la gestione della catena di approvvigionamento dei DPI”.
E tutti i lavoratori coinvolti “dovrebbero:
- essere opportunamente formati ed aggiornati in merito ai rischi di esposizione professionale, alle misure di prevenzione e protezione disponibili ed al corretto uso dei DPI;
- se operatori sanitari, essere formati ed aggiornati sulle caratteristiche del quadro clinico di COVID-19, al fine di eseguire lo screening dei pazienti, che consenta l’identificazione quanto più rapida possibile dei casi sospetti;
- utilizzare i DPI adeguati, non riutilizzarli se monouso e smaltirli negli appropriati contenitori per rifiuti”.
Si ricorda poi che il D.Lgs 81/2008 indica che la scelta dei DPI più appropriati “può essere effettuata solo successivamente all’analisi delle attività da svolgere, dei rischi associati e del grado di protezione necessaria. In ogni valutazione si dovrà necessariamente coniugare il giusto livello di protezione con l’efficienza e l’operatività”.
Segnaliamo che anche nella nuova versione (24 aprile) del “ Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” si scrive che “nella declinazione delle misure del Protocollo all’interno dei luoghi di lavoro sulla base del complesso dei rischi valutati e, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno i DPI idonei. È previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica”. Ricordiamo anche la presenza di uno specifico protocollo per la prevenzione e la sicurezza dei lavoratori della sanità.
Le prove di sterilizzazione dei dispositivi di protezione
Il documento del Ministero dell’Interno, che si sofferma sui vari dispositivi di protezione, anche con riferimento alle mascherine chirurgiche e alle mascherine FFP, affronta poi il delicato tema della eventuale sterilizzazione delle mascherine monouso (FFP).
Si indica che le mascherine di protezione “sono concepite per un uso singolo e solitamente sono scartate dopo l’uso, ma possono anche essere considerate dispositivi ad uso limitato: possono, cioè, essere riutilizzati per un periodo di tempo limitato, a meno che non vi sia un rischio di contaminazione attraverso la deposizione di particelle infettive sulla superficie” (ECDC). In particolare le FFP “devono essere eliminate quando si sporcano di fluidi corporei, si bagnano, non possono più essere adeguatamente indossate oppure se la respirazione attraverso il respiratore diventa difficile, così come dopo essere state utilizzate in procedure che generano aerosol, considerate fortemente contaminanti (es. rianimazione cardiopolmonare, intubazione, estubazione, broncoscopia, induzione di espettorato, terapie in grado di generare nebulizzazione, NIV, BiPAP, CPAP, tampone nasofaringeo)”.
Si segnala poi che finora, le aziende produttrici “non hanno avuto motivo o incentivo a sviluppare metodi di decontaminazione o introdurre mascherine riutilizzabili, ma in un contesto emergenziale quale quello di una pandemia in cui vi è un evidente squilibrio tra domanda e offerta di questi dispositivi, potrebbe verificarsi la necessità di mettere a punto strategie di decontaminazione che le rendano riutilizzabili”. Anche perché il virus SARS-CoV-2 “è in grado di sopravvivere nell’ambiente, anche su superfici di vari materiali come ferro, cartone e tessuto; questo è il motivo per il quale la superficie esterna delle mascherine può rapidamente contaminarsi, comportando un rischio di infezione indiretto quando si riutilizzino o maneggino dopo l’uso”.
Il documento presenta il risultato di vari studi che riguardo all’eventuale riutilizzo, che in alcuni rapporti è comunque sconsigliato, riportano alcuni sistemi di sterilizzazione di FFP usate “a causa della grave carenza di FFP e maschere chirurgiche nella pandemia COVID-19”:
- uno studio commissionato dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti “ha dimostrato che il vapore di perossido di idrogeno (HPV) è stato efficace nella decontaminazione della mascherina N95 (FFP2) da un singolo organismo, per cicli multipli di decontaminazione. La mascherina ha mantenuto la sua funzione anche dopo 10-20 cicli di HPV, ma ha mostrato segni di degradazione”.
- “in una ricerca, condotta nei Paesi Bassi, sulle possibili strategie di sterilizzazione delle maschere FFP2, il vapore di perossido di idrogeno è stato considerato efficace per due cicli di decontaminazione senza deformazione, mantenendo la capacità di filtrazione, concludendo che le maschere senza cellulosa possono essere riutilizzate fino a due volte. Sono state, tuttavia, documentate concentrazioni nocive di perossido di idrogeno che possono rimanere sulla maschera per giorni dopo la decontaminazione”.
Si segnala che per quanto concerne “la sterilizzazione a vapore, procedura abitualmente utilizzata negli ospedali, questa è stata esclusa tra le possibilità, poiché le mascherine FFP2 si deformavano dopo la sterilizzazione del vapore a 134 °C e non erano più utilizzabili”.
L’irradiazione gamma con 25kGy – “l’irradiazione gamma è un metodo comunemente usato per la sterilizzazione su larga scala di dispositivi medici e prodotti alimentari, ma l’attrezzatura necessaria non è comunemente disponibile negli ospedali” - invece, non ha mostrato alcuna deformazione della maschera FFP2, ma il test di adattamento al viso dopo il processo di decontaminazione non è stato superato (risultati aggiornati al 20 marzo 2020). Sono stati considerati anche altri metodi come la decontaminazione dell’ozono, l’irradiazione germicida ultravioletta e l’ossido di etilene, ma i dati disponibili non sono sufficienti per trarre conclusioni scientificamente accettabili.
È insomma necessario “rivedere la riorganizzazione del lavoro per ridurre il consumo improprio ed eccessivo di DPI, quale strategia per far fronte alla carenza di DPI”.
E in ambito sanitario, in cui il rischio di contagio è più elevato, “sono funzionali strategie di raggruppamento e pianificazione delle attività assistenziali al letto del paziente, in modo tale da minimizzare il numero di ingressi nella stanza (ad esempio, controllo dei segni vitali durante la somministrazione di farmaci oppure distribuzione del cibo ad opera di un operatore sanitario che deve eseguire altri atti assistenziali). È raccomandabile l’uso della stessa mascherina chirurgica o del filtrante per l’assistenza di più pazienti COVID-19 riuniti nella stessa stanza, purché la mascherina non sia danneggiata, contaminata o umida. Il contatto ravvicinato può configurarsi in attività routinarie come il giro visita dei medici, durante il cambio dei letti e l’assistenza infermieristica, ma anche nel contesto dei servizi di ‘polizia’, per esempio durante un turno in volante, ed in queste condizioni i filtranti possono essere utilizzati per un tempo prolungato, fino a 6 ore” (WHO).
Il documento, che ricorda come alcune Scuole della Polizia di Stato siano state “riconvertite” ad alloggi in cui ospitare operatori in quarantena o trattare operatori positivi per SARS-CoV-2, riporta poi alcune raccomandazioni sulla tipologia di DPI da indossare come riportate nel Rapporto ISS COVID-19, da noi presentato nell’articolo “ Come migliorare la sicurezza degli operatori sanitari nell’emergenza SARS-CoV-2?”, in relazione al contesto di lavoro, alla mansione e al tipo di attività lavorativa in concreto svolta.
L’indice del documento
Riportiamo, in conclusione, l’indice del documento “COVID-19 - I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)”.
Presentazione
Acronimi
1. INTRODUZIONE
2. CARATTERISTICHE DEI DPI
2.1. Caratteristiche generali
2.2. Caratteristiche specifiche
3. CLASSIFICAZIONE DEI DPI
3.1. Per la protezione del corpo
3.2. Per la protezione degli arti superiori
3.3. Per la protezione degli occhi e del viso
3.4. Per la protezione delle vie aeree
3.5. Mascherina chirurgica
3.6. Mascherina FFP
4. PROVE DI STERILIZZAZIONE DELLE MASCHERINE MONOUSO (FFP)
5. PROCEDURE PER LA CORRETTA VESTIZIONE DEI DPI
6. PROCEDURE PER LA SVESTIZIONE
7. USO DEI DPI PER L’ESECUZIONE DEL TAMPONE RINOFARINGEO E OROFARINGEO
7.1. Sequenza per indossare i DPI
7.2. Sequenza per rimuovere i DPI
8. USO DEI DPI PER LA BONIFICA E LA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI A RISCHIO INFETTIVO
9. USO DEI DPI PER L’ESECUZIONE DEL TEST PER IL RILEVAMENTO QUALITATIVO DI ANTICORPI ANTI-SARS-COV-2
9.1. Sequenza per indossare i DPI
9.2. Sequenza per rimuovere i DPI
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Direzione Centrale di Sanità, Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, “ COVID-19 - I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)”, a cura di Cristiano Belfiore, manuale ad uso delle attività istituzionali della Polizia di Stato (formato PDF, 1.03 MB).
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: Paolo Giuntini - likes: 0 | 10/05/2020 (00:25:46) |
E' stata esaminata la possibilità di sterilizzazione con ipoclorito di sodio ? |