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Il rischio chimico in edilizia: indumenti e occhiali protettivi

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Edilizia

13/07/2010

I dispositivi di protezione individuale dagli agenti chimici in un manuale sulla valutazione dei rischi nelle costruzioni edili. La normativa, gli indumenti di protezione, gli occhiali, le visiere, i guanti e le calzature.

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Riprendiamo a parlare di rischio chimico nel comparto edile attraverso il documento "La valutazione dei rischi nelle costruzioni edili", manuale che nasce dalla collaborazione tra il Comitato Paritetico Territoriale per la Prevenzione Infortuni, l'Igiene e l'Ambiente di Lavoro di Torino e Provincia (C.P.T. Torino) e l’INAIL Piemonte.

Dopo aver affrontato, in un precedente articolo, i riferimenti al rischio chimico del Decreto legislativo 81/2008, i rischi per la salute e la sicurezza e la valutazione del rischio, ci soffermiamo sulle indicazioni relative ai dispositivi di protezione individuale dagli agenti chimici.






Il manuale ne parla diffusamente ricordando innanzitutto che i DPI “devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro”.
Nell’introduzione a questi dispositivi si indica che la produzione dei DPI è disciplinata dal D.Lgs. 475/1992, “in parte modificato dal D.Lgs. 10/1997” e nel testo si accenna:
- alle norme tecniche di riferimento;
- alle tre categorie di DPI secondo il D.Lgs. 475/1992;
- alla marcatura CE e alla nota informativa del fabbricante;
- agli obblighi del datore di lavoro e dei lavoratori;
- ai criteri generali per l’individuazione e la scelta dei DPI.
Tutti temi che PuntoSicuro ha già trattato in passato. Ci soffermiamo dunque sulle indicazioni relative ai singoli DPI, ricordando che ai dispositivi di protezione delle vie respiratorie dedicheremo un articolo a parte.

Indumenti
Le indicazioni del manuale tengono conto dell’Allegato IV del D.M. 2 maggio 2001, “Criteri per l’individuazione e l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI)”, che riporta la norma UNI 9609:1990. Norma ritirata, ma non ancora sostituita.
I criteri di scelta degli indumenti protettivi si devono basare su:
- “la natura, la forma e la quantità dell’agente chimico rilevandone, se necessario, le concentrazioni nell’aria (ad esempio, acido, spruzzi di liquido); 
- le possibili modalità di esposizione;
- l’individuazione degli elementi che costituiscono il pericolo (ad esempio, contenitori, erogatori);
- la gravità della possibile esposizione (entità del possibile danno);
- le possibili situazioni di emergenza;
- le parti del corpo esposte;
- la possibilità di percepire la contaminazione;
- la durata dell’esposizione”.
In particolare la scelta deve ricadere sul “tipo d’indumento necessario a proteggere la parte del corpo esposta, fino ad arrivare a proteggere tutto il corpo, dotato dei requisiti adeguati alla forma e al tipo di agente chimico da cui deve proteggere”. Sempre ricordando che “gli indumenti non devono costituire intralcio”.

Il manuale sottolinea che i materiali tessili permeabili all’aria “offrono una protezione limitata contro liquidi e polveri e insufficiente contro i gas”. Tuttavia gli indumenti possono essere prodotti anche con “materiali semipermeabili o microporosi che permettono il passaggio di aria e vapor acqueo ma impediscono, in genere, la penetrazione dei liquidi”.
I materiali tessili impermeabili all’aria “sono composti di una base tessile fittamente tessuta con un’adeguata pellicola polimerica” e resistono alla penetrazione di liquidi o gas. “Le pellicole sono di diversa natura e sono utilizzate in funzione del tipo di sostanza da cui devono proteggere (ad esempio, gomma di butile contro solventi aromatici, oli minerali e petrolio)”.
È evidente che con “l’aumentare dello spessore dell’indumento aumenta la protezione contro la permeazione, ma anche la difficoltà dei movimenti dell’utilizzatore e la scomodità in genere”.

Gli indumenti di protezione possono essere suddivisi in:
- indumenti per protezione localizzata:  “utilizzati quando il rischio è limitato a una parte del corpo.  Un classico esempio è rappresentato dai guanti, che proteggono le mani e a volte l’avambraccio; se utilizzati con una tuta, è necessaria la verifica della compatibilità tra manica e guanto”. Inoltre le calzature “tipiche contro le aggressioni chimiche sono gli stivali, che garantiscono la protezione dei piedi e parte delle gambe da contaminazioni presenti nei pavimenti”. Altri indumenti sono “i grembiuli o le pettorine (che proteggono da possibili contaminazioni frontali del corpo) le maniche, i gambali, le soprascarpe, i cappucci, i cappucci combinati con cappe e i pantaloni”;
- indumenti a copertura limitata: ad esempio le giacche o i cappotti, sono utilizzati in caso di basso rischio e indossati sopra altri indumenti;
- indumenti a copertura totale, tra cui quelli alimentati con aria e quelli impermeabili al gas: “i primi beneficiano di una pressurizzazione che non consente la penetrazione del contaminante attraverso le piccole aperture mentre il flusso d’aria permette la respirazione; i secondi devono essere assolutamente privi di fori”.
Nel documento – che vi invitiamo a visionare - si affrontano anche i limiti di utilizzo e le procedure per la manutenzione e immagazzinamento.

Occhiali e visiere
Gli occhiali di protezione dagli agenti chimici “servono a impedire il contatto con gli occhi, mentre le visiere estendono la protezione a tutto il volto”. E gli agenti chimici da cui proteggersi possono essere le polveri, i fumi, le nebbie e i liquidi.
In particolare gli occhiali che “garantiscono la protezione necessaria degli occhi contro tutti gli agenti chimici sono quelli ‘a maschera’ perché la loro conformazione, ermetica e stagna, determina l’impenetrabilità di tali agenti; con gli occhiali semplici, anche se provvisti di schermi laterali, non è possibile raggiungere tale livello di protezione, risultando questi più adatti a proteggere gli occhi dal rischio di lesione dovuta alla proiezione di particelle solide (ad esempio, schegge)”.

Se le visiere offrono una protezione più estesa, non sono tuttavia ermetiche, “per cui la polvere, i fumi e le nebbie potrebbero ugualmente entrare in contatto con gli occhi e il volto”.
In certe lavorazioni può essere necessario utilizzare oltre un DPI del volto anche una maschera respiratoria: “in questi casi può essere utile indossare un respiratore con maschera intera che garantisce, tra l’altro, l’impenetrabilità dell’agente”.
Nel manuale vengono indicati i requisiti di base nella scelta dei DPI (campo visivo ampio, resistenza agli urti, alla combutione e alla corrosione, trasparenza, …);

Guanti
Molte delle indicazioni relative ai guanti, indumenti per la protezione localizzata, sono già state trattate nella sezione “Indumenti di protezione”.
Si ricorda tuttavia che i guanti “devono garantire, compatibilmente con il livello di rischio, l’articolazione delle mani e un’adeguata capacità di prensione”.
E la loro scelta deve tenere conto di “eventuali intolleranze dell’utilizzatore ai materiali di fabbricazione per evitare fenomeni allergici: l’uso contemporaneo di un altro guanto di protezione, di filo o cotone, o di una crema barriera può prevenire tali fenomeni”.
I materiali utilizzati per fabbricarli sono diversi e dipendono dall’agente chimico da cui devono proteggere. Questi materiali “possono essere dotati di supporto (guanti rinforzati) in tessuto sintetico o naturale (ad esempio, cotone, viscosa)”.
Come per gli indumenti, il livello di protezione dipende dalla resistenza alla permeazione e quindi dal tempo di penetrazione (tempo necessario a un liquido per penetrare attraverso la protezione).

Calzature
Infine qualche cenno sulle calzature di protezione dagli agenti chimici.
Come abbiamo visto le “tipiche calzature contro gli agenti chimici sono gli stivali, anche se in genere le normali scarpe di protezione offrono la resistenza agli idrocarburi (ad esempio, composti organici come l’asfalto, il bitume, il petrolio grezzo) o altri particolari tipi di scarpe possono resistere ad acidi deboli”.
Anche in questo i caso i materiali utilizzati per la fabbricazione dipendono dall’agente chimico da cui devono proteggere.  In particolare il fabbricante “deve fornire informazioni sulla durata minima delle calzature, sul tipo di protezione dagli agenti chimici e sulle altre possibili eventuali resistenze offerte, quali ad esempio: resistenza agli urti e schiacciamento (in genere necessaria in edilizia), resistenza alla perforazione (in genere necessaria in edilizia), resistenza della tomaia alla perforazione, antistaticità”.

Le calzature e i guanti di protezione dagli agenti chimici appartengono alla III categoria; pertanto per il loro utilizzo “oltre all’informazione e alla formazione è obbligatorio l’addestramento”.

  

CPT di Torino e Provincia, INAIL Piemonte:

- Capitolo 10 : Il rischio chimico (formato PDF, 639 kB);
- La valutazione dei rischi nelle costruzioni edili, l’intero manuale (formato ZIP, 19.5 MB);
- Variazioni edizione 2009 (formato PDF, 496 kB): contiene alcuni aggiornamenti, rispetto alla precedente edizione del manuale, da consultare per verificare se apporre correzioni al proprio documento di valutazione dei rischi.
 



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