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Parliamo di droni: notizie buone e meno buone

Parliamo di droni: notizie buone e meno buone
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

04/06/2018

I droni stanno attirando sempre di più l’attenzione degli addetti alla security, per motivazioni positive e talvolta largamente negative. Ecco il punto della situazione.


Uno dei problemi che incontrano i droni, quando debbono navigare in ambiente urbano, è legato al fatto che la ricezione dei segnali GPS per solito è insoddisfacente. La schermatura posta dagli alti edifici, infatti, rende difficoltosa la ricezione di più segnali provenienti dai satelliti. È noto infatti che la accuratezza di navigazione è direttamente legata al numero di segnali che vengono ricevuti dai satelliti.

 

Ecco il motivo per cui i ricercatori della università di Zurigo hanno messo a punto un algoritmo, che consente ai droni di volare anche in zone urbane, percorrendo una strada cittadina, anche contornata da alti edifici. L’algoritmo ha anche appreso le regole del traffico e può catturare informazioni provenienti dai ciclisti e dalle automobili. Questo algoritmo, chiamato DroNet, è in grado di catturare le informazioni presenti nell’ambiente e generare due segnali per ogni immagine catturata. Un segnale viene utilizzato per navigare attorno ad ostacoli e il secondo segnale viene utilizzato per valutare la probabilità di collisione o per individuare e reagire a situazioni pericolose. Questo algoritmo individua gli ostacoli statici e dinamico e, in caso di dubbio, riduce la velocità del drone per impedire collisioni.

 

Il drone messo a punto dai ricercatori svizzeri utilizza una normale telecamera e un potente algoritmo di intelligenza artificiale per valutare le immagini catturate dalla telecamera.

Questo algoritmo è basato sul cosiddetto deep neural network, vale a dire rete neurale approfondita, che permette di risolvere complessi compiti, facendo riferimento a esempi, memorizzati dall’algoritmo in fase di addestramento.

 

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Una delle sfide maggiori che deve superare questo algoritmo è quello di raccogliere un gran numero di esempi, da utilizzare in fase di addestramento: stiamo parlando di migliaia di esempi.

Per raccogliere una quantità sufficiente di dati, i ricercatori hanno raccolto le informazioni di traffico provenienti da autovetture e biciclette che si spostavano in ambito urbano e che rispettavano le regole del traffico. Analizzando ed imitando questi modelli di comportamento, il drone ha imparato a seguire specifiche regole, come ad esempio come spostarsi lungo una via, senza impattare contro il traffico in arrivo o come fermarsi quando ostacoli di varia natura, pedoni compresi, possono ostacolare il passaggio.

 

Una interessante applicazione di questo algoritmo è stata dimostrata quando il drone è stato in grado di muoversi agevolmente all’interno di un parcheggio multipiano.

E fin qui le notizie sono buone: vediamo ora le notizie meno buone.

Alla fine del mese di marzo 2018, un gran numero di palestinesi si è addensato lungo la barriera che divide la Palestina dallo Stato di Israele. Stiamo parlando di decine di migliaia di persone che hanno cercato in qualche caso di scavalcare il confine e, di notte, aggirarsi armate nelle vicinanze del confine stesso.

 

Gli israeliani hanno reagito con estrema forza, e questa situazione ha portato a numerosi morti e ancora più numerosi feriti. Durante le riprese che sono state distribuite alle reti televisive mondiali, è stato facile individuare un drone, pilotato dagli israeliani, che stava sganciando del gas lacrimogeno sulla folla, addensata lungo il confine.

 

Si ha così una prova provata del fatto che i droni possono costituire degli strumenti di difesa e di attacco, che devono essere attentamente esaminati.

 

Mi permetto di ricordare ai lettori che tempo addietro il capo della polizia, il prefetto Gabrielli, ebbe a dichiarare che la polizia era in grado di tenere sotto controllo i droni, gestiti da terroristi. Purtroppo non è stata data alcuna spiegazione sulle modalità con cui questi droni potrebbero essere tenuti sotto controllo, una volta individuati.

 

Da queste pagine più volte ho dato notizie di sofisticati strumenti, che possono letteralmente accecare il drone, impedendogli anche di ricevere i segnali provenienti dalla costellazione GPS.

In casi estremi, è possibile utilizzare strumenti letali automatizzati, che dirigono un raggio laser di grande potenza sul drone, carbonizzandolo. Ricordo anche la tecnica di difesa messa a punto dagli olandesi, che si basa sull’addestramento di uccelli da preda, educati a raggiungere il drone, afferrarlo con gli artigli e portarlo a terra. Si evita così un rischio collaterale, connesso alla distruzione in volo del drone, che nasce dal fatto che i rottami, cadendo al suolo, potrebbero danneggiare persone ivi presenti.

 

Ancora una volta, mi permetto di ricordare a tutti gli esperti del mondo della security che il drone è uno strumento che va tenuto sotto stretto controllo, per poter massimizzare gli aspetti positivi e minimizzare i possibili drammatici effetti negativi.

 

 

Adalberto Biasiotti



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