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Dopo l’incidente all’acciaieria ThyssenKrupp: riflessioni sulla sicurezza sul lavoro

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Approfondimento

11/12/2007

Una proposta, nata dall’analisi della prevenzione nelle aziende, per individuare le cause degli infortuni sul lavoro: un organo tecnico che effettui una inchiesta non solo ad ogni evento negativo ma anche nel caso di “mancati eventi”. Di P. G. Confente.

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Spett.le
Redazione di Punto sicuro
 
Oggetto : riflessione sugli incidenti
 
Recenti luttuosi avvenimenti, cui i mass media e le autorità delle stato hanno dato notevole rilevanza emotiva, richiedono da parte degli addetti della sicurezza e salute sul lavoro una profonda riflessione.
Detta riflessione parte dalla constatazione che:
= recenti statistiche mostrano che la sicurezza sul lavoro in Italia è per fortuna a livello superiore rispetto ai grandi paesi europei e quindi che la loro ulteriore riduzione richiede sforzi non solo economici ma sopratutto scientifici, organizzativi, culturali,
= socialmente detti eventi sono sempre meno tollerati e ciò denota un positivo incremento del livello civile della popolazione.
 
Come evitare che il tutto rimanga nei limiti di pubbliche esecrazioni, di sanzioni esemplari e di un sostanziale immobilismo sul piano della realtà?
Dobbiamo avere il coraggio di esaminare le cause profonde del perché permangono tali eventi negativi e mettere in moto un adeguato comportamento virtuoso.
 
Il meccanismo di sicurezza messo in essere dal D. Lgs 626/94 (in applicazione delle direttive europee) si basa sulla fondamentale interazione (conflitto di interessi) di due soggetti :
= l’azienda (con l’organizzazione del Servizio di prevenzione e protezione : SPP),
= i lavoratori (con l’azione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la sicurezza : RLS), e con il controllo della Pubblica Amministrazione (ASL, Ispettori del Lavoro, VV.F. , ecc.).
 
Dobbiamo esaminare come nella realtà questi due soggetti operano e come ovviare alle loro
eventuali carenze.
Debbo amaramente constatare che l’approccio è profondamente errato da parte sia di entrambi i soggetti che della Pubblica Amministrazione.
L’approccio infatti è sbilanciato in forma esasperata nel ricercare la “responsabilità” degli eventi (se c’è un infortunio deve necessariamente esserci un colpevole) e non nell’esaminare gli eventi stessi nella loro genesi fisica, psichica, culturale ed organizzativa.
Lo dimostrano dai convegni sulla sicurezza che nel nostro paese sono in prevalenza di “tipo giuridico” e che vedono quasi sempre come attori principali magistrati e avvocati.
Sparisce quindi la realtà fisica dell’evento negativo soffocata da un logorroico parlare di leggi, responsabilità, pene, ammende e indennizzi, le stesse statistiche dell’INAIL tarate sulle esigenze assicurative dicono quasi nulla sulle cause degli eventi.
La ricerca scientifica è umiliata e per avere parametri riguardanti il pericolo di processi produttivi è necessario rivolgersi all’estero ove spesso le logiche sono diverse.
La stessa tanto sbandierata formazione alla sicurezza, regolata da leggi anche recenti, privilegia aspetti puramente teorici distaccati dalla realtà produttiva e prevede spesso numeri di ore di lezione che sembrano rispondere più agli interessi dei formatori che a quelli dei formandi.
 
Faccio un esempio di quanto constatato di recente in un impianto con pericolo di esplosione, circa le conoscenze degli addetti in merito agli impianti esistenti per proteggere dai predetti rischi.
Ho scoperto che avevano bensì fatto il corso di 16 ore, con esame finale presso i VV.F., ma che detto corso era in realtà sostanzialmente inutile perché effettuato all’esterno dell’azienda e quindi non era servito per impratichirsi nell’uso dei dispositivi effettivamente presenti in azienda ed a capire il senso degli allarmi e dei dispositivo di sicurezza antincendio.
 
Gli stessi programmi per la formazione dei Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione
(RSPP), messi a punto dalla Conferenza Stato Regione, denotano una astrattezza della formazione, una eccessiva importanza dell’orario rispetto all’apprendimento, una mancanza di idee in merito al livello di conoscenze e di competenze che deve acquisire l’ RSPP, con l’assurdità che l’orario di formazione di un diplomato (magari ragioniere o maestro) non differisce da quello di un laureato (magari ingegnere chimico) e non tiene in alcun conto della esperienza acquisita sul campo e del livello di conoscenze iniziali.
 
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Ora mentre le aziende in generale si sono preoccupate di istituire l’SPP e di farlo funzionare non mi risulta che i lavoratore (tramite le loro organizzazioni sindacali), salvo lodevoli eccezioni, abbiano creato delle strutture tecnico – scientifiche che permettano loro di interloquire efficacemente con le aziende e quindi di spingere in avanti i livelli di sicurezza.
 
D’altro canto è sbagliato dire che tale compito viene riservato agli apparati dello Stato poiché, vista il loro naturale compito di polizia giudiziaria, sono più attrezzati ad agire per compiti di repressione (in certi casi non solo doverosi ma anche da intensificare) che come stimolatori del progresso tecnico e scientifico.
 
Una proposta, che ricopia quanto per altro esistente in campo aeronautico, potrebbero essere quella di creare un organo tecnico che effettui una inchiesta rigorosa non solo ad ogni evento. negativo ma anche nel caso di “mancati eventi” che non sia impacciata dal dover trovare il “responsabile giuridico” ma che miri a scoprire e descrivere compiutamente le basi fisiche, chimiche, organizzative, psicologiche degli eventi, a stendere tabelle di rischio ed ad indicare soluzioni per evitare e/o mitigare gli stessi.
 
Qualcuno potrebbe obiettarmi che vi sarebbero rilevanti costi ma tali costi metterebbero in moto un meccanismo virtuoso che nel tempo potrebbe dare risultati eclatanti sia nel campo della sicurezza che in quello del progresso tecnologico.
 
Verona 7 dicembre 2007
 
Dott. ing. Pier Giorgio Confente


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Rispondi Autore: alberto cevoli - likes: 0
11/12/2007 (09:15)
Finalmente un opinione reale ed anche uno spunto ideale per affrontare il problema.
Vorrei aggiungere che intensificare solamente il livello delle responsabilità e non l'analisi delle cause, porta via via all'allontanamento del reciproco rapporto fra lavoratori ed azienda, non permettendo di gestire il sistema sicurezza nel comune interesse di ognuno. Ogni volta che ci si concentra sulla spasmodica ricerca delle responsabilità e non sull'interconnessione degli eventi che causano un infortunio, si costruisce un muro invalicabile in cui la collaborazione, indispensabile per il miglioramento continuo della sicurezza (dei lavoratori - ma si badi bene anche del mercato dell'azienda), viene francamente meno impoverendo il livello civile all'interno della vita aziendale e quindi sociale.

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