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All’aeroporto di Miami è attivato il riconoscimento facciale

All’aeroporto di Miami è attivato il riconoscimento facciale
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

20/06/2018

I dubbi sull’efficienza degli apparati di riconoscimento facciale sono ancora grandi: la procedura attivata all’aeroporto di Miami.



Uno dei settori in cui il riconoscimento facciale viene esaminato con grande attenzione è certamente quello dei controlli ai varchi di sicurezza degli aeroporti. Il gran numero di passeggeri che attraversano questi varchi, unito alla necessità di un rapido transito, hanno fatto sì che le autorità preposte da tempo abbiano avviato dei programmi per verificare la adozione di sistemi più rapidi di controllo dell’identità del passeggero, unendo accuratezza a rapidità di controllo.

 

I lettori sono già al corrente del fatto che da qualche tempo nell’aeroporto di Fiumicino, a Roma, è in funzione un varco, nella area controllo passaporti, dove il passeggero accosta il suo passaporto su un lettore, che cattura la fotografia ivi presente. Nel contempo una telecamera cattura un’immagine del volto del passeggero ed il confronto viene effettuato in pochi istanti.

 

Naturalmente nelle immediate vicinanze vi è sempre un agente della polizia di frontiera per risolvere problemi di falsa reiezione, quando cioè il dispositivo non riesce ad abbinare la foto presente sul passaporto con il volto del passeggero. In questo caso si passa all’esame visivo tradizionale.

 

Un elemento tecnico che bisogna tenere sotto controllo, nei sistemi di riconoscimento facciale, discende dal fatto che l’unico elemento di riconoscimento che viene utilizzato dal dispositivo è il volto.

 

Per contro, l’agente di polizia di frontiera, che effettua un controllo visivo, può verificare, ad esempio, l’altezza e l’età approssimata del passeggero, confrontandole con i dati che sono riportati sul passaporto.

Un sistema basato esclusivamente su riconoscimento facciale deve dare quindi un’elevata affidabilità.

 

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L’aspetto assolutamente innovativo del sistema installato all’aeroporto di Miami riguarda il fatto che il passeggero non deve nemmeno presentare il suo passaporto. Il visitatore, in arrivo dall’Europa, si avvicina al dispositivo ed il dispositivo cattura una immagine del suo volto. A questo punto, il computer effettua una scansione di volti, precedentemente memorizzati nel database, per individuare possibili somiglianze.

 

Ciò che mi aveva profondamente stupito, in questa architettura, era il fatto che il riconoscimento avvenisse in pochi istanti e questo fatto mal si conciliava con il tempo necessario per effettuare accurati confronti tra i volti archiviati nel database base ed il volto del passeggero in arrivo.

 

Dopo aver interpellato i soggetti coinvolti, il mistero è stato svelato e la soluzione si è rivelata realmente brillante. Poiché ogni passeggero che dall’Europa vuole andare agli Stati Uniti deve ottenere un visto e deve quindi presentare appropriati documenti, compresa la fotografia, agli uffici consolari preposti, nel data base della polizia di frontiera americana, il department of homeland security, è già presente una foto del passeggero in arrivo. L’algoritmo che viene utilizzato in questo sistema automatizzato di riconoscimento non fa altro che confrontare la lista dei passeggeri in arrivo con il data base delle fotografie che sono state già archiviate, estraendo un elenco oltremodo ristretto, tipicamente 200 o 300 fotografie, che corrispondono a quelle dei passeggeri registrati sui voli in arrivo. A questo punto, il confronto tra il volto catturato del passeggero in arrivo ed il volto archiviato nel data base fotografico avviene in tempi ridottissimi, proprio perché il confronto è fatto con poche centinaia di volti e non decine di milioni, come avverrebbe in un sistema privo di questo filtro.

 

Viene così risolto uno dei problemi più gravi, afferenti all’utilizzo su base allargata del riconoscimento facciale, che consiste nel trovare un giusto equilibrio fra il cosiddetto FAR-false acceptance rate e lo FRR – false rejection rate. Per ridurre al minimo una falsa accettazione, occorre introdurre dei parametri estremamente restrittivi, che possono portare anche al rifiuto del sistema di riconoscere la foto di un passeggero. Ciò comporta l’avvio di una procedura manuale di riconoscimento, che in buona parte negherebbe la validità del sistema automatizzato.

Riducendo al massimo il data base di confronto, è possibile effettuare un confronto estremamente approfondito, in tempi estremamente ridotti.

 

In conclusione, siamo davanti ad una brillantissima soluzione, che potrebbe trovare campo di applicazione anche in molti altri contesti, soprattutto per il fatto che il soggetto che deve essere riconosciuto non deve presentare alcun documento, in quanto tutti i dati relativi sono stati acquisiti una volta tanto, in precedenza.

 

Sono anche lieto di segnalare il fatto che un apparato similare, ma meno complesso, è stato attivato anche all’aeroporto di Fiumicino.

 

In questo caso è sufficiente che il passeggero presenti proprio passaporto al lettore, che effetto in via automatica un confronto con il volto catturato da una telecamera. Si tratta evidentemente di una soluzione non così avanzata, come quella in prova Miami, ma rappresenta una prova oggettiva circa il fatto che queste tecnologie ormai stanno acquistando un livello di affidabilità tale da soddisfare le polizie di frontiera di vari paesi.

 

 

Adalberto Biasiotti



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