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Una lezione di mancata formazione

Alle ore 8,10 di venti anni fa, lunedì 8 ottobre 2001, si consumava all’aeroporto di Milano-Linate il più grave incidente aereo dell’aviazione civile italiana. I fatti sono noti: un piccolo aereo invadeva la pista principale sulla quale stava rullando per il decollo un aereo diretto a Copenaghen che, investendolo e non potendo proseguire, andava a schiantarsi contro il fabbricato del deposito bagagli.

 

Che cosa ci ha insegnato (ma non troppo) questo tragico incidente dove difetti organizzativi, errori individuali e mancata tecnologia si sono assommati provocando una catastrofe con la perdita di vite umane.

 

Prima di tutto ricordiamo il contesto geopolitico in cui sono avvenuti i fatti. Il mese prima, l’11 settembre, si era consumato l’attacco alle torri gemelle di New York e la notte del 7 ottobre iniziava la guerra in Afganistan. In un clima di panico per il terrorismo internazionale l’incidente di Linate veniva, al momento, visto come un attentato terroristico. Comunque sia la vicenda presentava un quadro, terrorismo o meno, che vedeva 118 persone cadute sul campo.

 

Sono state ricostruite tutte le circostanze con cui si svolsero i fatti. Merita, soprattutto per coloro che si occupano di salute e sicurezza, una attenta riflessione come 24 ore prima di questo incidente mortale ne sia avvenuto uno con le medesime caratteristiche e nelle medesime circostanze. La cosa più incomprensibile succedeva che, una volta alla settimana, un aereo invadeva la pista principale e veniva fermato “a vista” dalla torre di controllo. Ciò non è avvenuto la mattina dell’8 ottobre poiché sull’aeroporto gravava una fitta nebbia.

 

Già queste osservazioni ci devono mettere in allarme. Si tratta di un classico esempio di near miss, un infortunio mancato, che non è mai stato segnalato. Ancor oggi, dopo 20 anni, non è stata né elaborata ma soprattutto, applicata una politica attiva per segnalare i mancati infortuni. Già nel 1931 lo studioso statunitense Heinrich aveva elaborato, applicando la teoria dell’iceberg, un modello che indicava come ad 1 evento mortale corrispondessero 300 incidenti senza traumi. Tale schema, la piramide di Heinrich, veniva rielaborata nel 1996 e sulla base di osservazioni statistiche si osservava che ad 1 infortunio mortale corrispondevano 10 traumi seri, 30 traumi minori e ben 600 incidenti senza traumi: gli attuali near miss.

 

Si apre a questo punto il grande dibattito sulle responsabilità e sulle competenze: se un lavoratore denuncia un mancato infortunio al proprio capo rischia di essere rimproverato se non sanzionato. Quindi conviene stare zitti e non dire niente a nessuno! In realtà, su questi temi, il confronto non esiste mentre sappiamo bene che un infortunio mancato ci permette di effettuare, ad esempio, una attenta analisi delle cause rimuovendo così ciò che ha determinato l’infortunio stesso. Si tratta di adottare metodi, non tanto di denuncia, ma di analisi e di vera e propria prevenzione.

 

Tempo fa ho visto in una grande azienda un sistema semplicissimo e funzionale di denuncia dei near miss. Nei punti strategici del reparto o all’ingresso della sala mensa (dove passano tutti i lavoratori) vi era una lavagna magnetica scrivibile dove ogni lavoratore che era incappato in un near miss o indicare una anomalia scriveva l’accadimento sulla lavagna. Il risultato è immediato in quanto tutti i lavoratori sono messi al corrente del mancato infortunio e, a fine giornata, il responsabile della sicurezza aggiorna piano, procedure ed effettua gli interventi utile di prevenzione affinché tale incidente non abbia a ripetersi.

 

Tornando all’incidente di Linate definiamo una breve analisi delle cause e della disorganizzazione che hanno determinato l’infortunio mortale. Analizziamo ce vediamo che si tratta di un insieme di errori organizzativi, tecnologici ed individuali.

  1. Un fattore naturale, la nebbia
  2. La situazione dell’aeroporto
  3. Le emergenze
  4. La segnaletica
  5. La mancata formazione dei piloti del Cessna
  6. Gli errori del controllore del traffico aereo

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Un fattore naturale, la nebbia

Quella tragica mattina l’aeroporto di Linate era avvolto dalla nebbia. Il piccolo Cessna proveniva dalla Germania, partito con un buon tempo, ma era sprovvisto di carte metereologiche che segnalavano la nebbia su Linate. Si sarebbe dovuto bloccare l’atterraggio (dirottandolo sull’aeroporto di Bergamo o Genova). Più semplicemente andavano messe in atto tutte quelle azioni, anche di buon senso, che si adottano in presenza della nebbia. Quando, come automobilisti, chi imbattiamo nella nebbia si riduce la velocità e si fa molta attenzione alla segnaletica.

 

In un aeroporto la situazione è più critica e quindi devono essere messe in atto diverse misure. Sospendere i voli, ritardare i tempi delle partenze ed arrivi tra un aereo e l’altro ovvero assicurarsi che un volo sia partito prima di far decollare il successivo. Bisogna sempre utilizzare sulla pista il pulmino guida. I piloti devono aver eseguito una buona formazione ed addestramento per volare nei casi di nebbia. Inoltre, non vi è dubbio, di come siano indispensabili attrezzature e dispositivi tecnologici perfettamente funzionanti.

 

La situazione dell’aeroporto

Prima di tutto bisogna considerare l’assenza del radar di terra per cui non si poteva seguire un aeromobile. Il radar era da tempo disattivato per mancanza dei pezzi di ricambio. Vi erano dei lavori in corso di adeguamento alla torre di controllo che hanno provocato disagi ergonomici e fastidi per i controllori di volo. Per andare e venire da una pista all’altra vi erano dei corridoi trasversali e non una pista costeggiante la pista principale. L’edificio smistamento bagagli è stato realizzato al termine della pista.

 

Le emergenze

I mezzi di soccorso sono arrivati dopo 8/11 minuti mentre le norme internazionali prevedono il loro arrivo entro 2/3 minuti. Il Cessna è stato raggiunto dopo 26 minuti. Gli automezzi non avevano un sistema di navigazione GPS e, persistendo la nebbia, hanno fatto fatica ad orientarsi. Il pulmino guida “Follow me” (seguitemi) che poteva essere utilizzato per guidare il Cessna non era stato attivato in quanto tra la richiesta e l’uscita ci vuole circa mezz’ora.

 

La segnaletica

La segnaletica era vecchia e non a norma sia per le scritte sbiadite che per i caratteri poco leggibili. Inoltre, era segnalato un punto di attesa denominato S4 che non era riportato nelle planimetrie ufficiali ed era sconosciuto sia ai piloti e sia ai controllori di volo.

 

La mancata formazione dei piloti del Cessna

L’atterraggio del Cessna, proveniente dalla Germania, era irregolare in quanto questo aereo non era certificato per operare con bassa visibilità. Anche il pilota era sprovvisto dell’abilitazione per operare con bassa visibilità ed aveva ricevuto un addestramento carente. Allo stesso tempo veniva usata una fraseologia non conforme tra pilota e torre di controllo.

 

Gli errori del controllore del traffico aereo

Il controllore di volo aveva scarsa familiarità con la segnaletica e nessun addestramento in campo per conoscere dal vivo la pista. Durante tutto il percorso del Cessna non si è mai accorto che era localizzato lungo un raccordo diverso. Non conosceva l’esistenza del punto S4 che le mappe non riportavano. L’assenza del radar di terra era accompagnata dalla scarsa visibilità ed il pessimo audio in cuffia. Non sono state effettuate verifiche a terra per non perdere tempo.        

 

Analisi delle cause e della disorganizzazione

Sintetizzando possiamo affermare tre tipologie di errori che potremmo definire in:

  1. Errori organizzativi
  • Radar disattivato per mancanza pezzi di ricambio
  • Lavori in corso torre di controllo
  • Informazioni metereologiche errate
  • Mancanza di abilitazione dei piloti del Cessna alla guida con nebbia
  • Inefficienza del pulmino «follow me»
  • Mancato coordinamento gestione dell’emergenza
  • Mancato controllo dei diversi organismi
  • Ridotta visibilità, vecchia segnaletica di terra non cancellata e sovrapposta
  • Personale a terra non al corrente delle disposizioni di volo
  1. Errori tecnologici
  • Richiesta di manovre errate
  • Mancanza segnaletica verticale
  • Mancanza di segnalazioni automatiche
  • Mancanza di radar
  • Lavori in corso alla torre di controllo
  • Edificio smistamento bagagli
  1. Errori umani
  • Controllore di volo
  • Pilota del Cessna
  • Datori di lavoro:
  • S.E.A.
  • E.N.A.V.

 

Le misure generali di tutela

In questo contesto di errori tra le altre cose balza all’occhio come la sicurezza sul lavoro sia un elemento principale della mancata organizzazione. A quel tempo era operante il D. Lgs. 626/1994 e non vi era ancora il D. Lghs. 81/210 che con l’art. 18 prevede la valutazione di “tutti i rischi”da parte del datore di lavoro, e cioè la SEA (Società Aeroportuale)  ed anche l’ENAV, ente gestore del traffico aereo e delle torri di controllo. La confusione dei ruoli e dei compiti dei diversi datori di lavoro ed una collaborazione (concreta) non era mai stata presa in considerazione, tantomeno sul piano dell’informazione e della formazione.

 

Abbiamo passato in rassegna i singoli errori che messi assieme hanno scatenato la tempesta perfetta. Alla base di tutto ciò, errori umani ed organizzativi, vi è sicuramente una mancata formazione che riguarda le persone. Si badi bene che anche gli errori tecnologici sono il risultato di una mancata formazione. Ad esempio, la formazione sulla segnaletica è obbligatoria ma sicuramente nessuno dei soggetti coinvolti ha partecipato ad un apposito corso. Forse la formazione è stata svolta dal personale dell’azienda o del reparto manutenzione dell’aeroporto, ovvero si sono formate le persone addette a tale mansione.

 

Come abbiamo viso, invece, pilota del Cessna e controllore di volo poco o nulla sapevano della segnaletica illeggibile. A significare che non è più sufficiente una formazione per mansione ma bisogna pensare ad una formazione che si basi sui soggetti coinvolti nel modello organizzativo. Quella che possiamo definire una formazione sistemica sul modello del miglioramento continuo che troviamo nella ruota di Deming.

 

La responsabilità principale degli infortuni sul lavoro non è attribuibile solo alla singola persona ma al management aziendale per una inadeguata gestione del sistema organizzativo. In questo contesto cambia anche la formazione individuale dei lavoratori che possiede la sua efficacia nel sistema organizzativo passando da una formazione lineare (mansione) alla formazione circolare (contesto)

 

Ciò che è accaduto a Linate è stata una lezione che ancora non è stata pienamente appresa.

 

 

Rocco Vitale

Presidente AiFOS, già docente universitario di diritto del lavoro

 




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