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Ambienti confinati: qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

Ambienti confinati: qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

Autore: Giuseppe Costa

Categoria: Spazi confinati

29/10/2020

Un contributo sulle procedure operative di sicurezza negli ambienti confinati. Seconda parte: DPR 177/2011 e qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. A cura di Giuseppe Costa, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Vicenza.


L’emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 14 Settembre 2011 - “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti” – ha portato, oltre a diversi problemi interpretativi, anche utili indicazioni riguardo  alla qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi nelle attività che riguardano gli ambienti confinati. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha poi ritenuto necessario elaborare un Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati che rappresentasse i contenuti di una procedura di sicurezza come previsto dall’art.3 del DPR.

 

A parlare del DPR 177/2011, della qualificazione delle imprese e della prevenzione in questi ambienti di lavoro è la seconda parte del nuovo contributo – dal titolo “Ambienti sospetti di inquinamento o confinati – procedure operative di sicurezza” - di Giuseppe Costa, Comandante provinciale dei vigili del fuoco di Vicenza.

 

Nella prima parte del contributo si è parlato di definizioni, di Testo Unico e si è introdotto il DPR 177/2011, mentre nelle prossime parti, che saranno pubblicate sul nostro giornale, si forniranno informazioni, riflessioni e analisi sul tema delle procedure preliminari e delle procedure operative di sicurezza negli ambienti confinati.



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Qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

Il DPR n. 177/2011 all’Art.2 prescrive il possesso di determinati requisiti per le imprese e i lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

In dettaglio, il regolamento in questione, impone una specifica professionalità alle aziende operanti nel settore, non più il solo possesso di un’idoneità tecnico-professionale, ma una professionalità riconducibile a:

  • Requisiti inderogabili di qualità organizzativa e contrattuale;
  • Standard di formazione mirati;
  • Gestione della sicurezza corrispondente a tutto il dettato normativo del D.lgs. n.81/2008.

 

Il DPR n.177/2011 ha due diversi livelli di applicazione, indirizzandosi sia ad imprese che direttamente operano in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, sia ad imprese che esternalizzano le attività in questione affidandole in appalto ad altre imprese o lavoratori autonomi (in questo caso vi sono specifiche prescrizione all’interno del regolamento che interessano il solo datore di lavoro committente).

 

In prima analisi, le imprese autorizzate dal regolamento a compiere attività lavorative in spazi confinati sono quelle che posseggono un requisito preliminare, ovvero la completa applicazione delle disposizioni in materia di valutazione dei rischi, di sorveglianza sanitaria e di gestione delle emergenze. Il regolamento specifica altresì che per i lavoratori autonomi e le imprese familiari operanti nel settore, requisito vincolante diviene l’applicazione in via obbligatoria e non più facoltativa anche dell’Art. 21 co2 del D.lgs. 81/2008, ovvero i lavoratori autonomi e i lavoratori delle imprese familiari debbono necessariamente sottoporsi alla sorveglianza sanitaria ed effettuare la formazione specifica per poter qualificarsi come operatori in spazi confinati.

 

Il regolamento prescrive altresì ulteriori requisiti essenziali per le imprese:

  • Ciascuna impresa deve avere personale esperto:
    • l’esperienza lavorativa richiesta deve essere almeno triennale in ambienti confinati ed è requisito essenziale per operare in qualità di preposto;
    • il personale esperto non deve essere in misura inferiore al 30% della forza lavoro impiegata negli ambienti confinati;
    • deve essere assunto con contratto subordinato a tempo indeterminato o, se assunto con altre tipologie contrattuali, i contratti in questione devono essere preventivamente certificati (ex D.lgs. 276/2003);
    • i lavoratori devono possedere l’idoneità sanitaria per la mansione specifica.
  • L’impresa deve aver effettuato le attività di informazione e formazione di tutto il personale impiegato:
    • Compreso il datore di lavoro se operativo;
    • Mirata alla conoscenza dei rischi;
    • Con verifica di apprendimento;
    • Soggetta ad aggiornamento.
  • Il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori i dispositivi di protezione individuale, le attrezzature di lavoro e le strumentazioni idonei alla prevenzione dei rischi specifici dell’attività, nonché deve effettuare l’addestramento dei lavoratori all’uso degli stessi.
  • Le imprese devono attestare, attraverso il DURC (documento di regolarità contributiva), l’assolvimento degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile, oltre ad applicare integralmente la parte economica e normativa previste dalla contrattazione collettiva di settore.
  • Il datore di lavoro deve provvedere all’elaborazione delle procedure di sicurezza per le attività lavorative in ambienti confinati e deve provvedere all’addestramento di tutto il personale impiegato, compreso se stesso. Le procedure di sicurezza devono contenere: la valutazione specifica dei rischi presenti o possibili nell’ambiente confinato specifico, le procedure preliminari e operative che devono essere rispettate dai lavoratori, le procedure in caso di emergenza.

 

Nel caso di esternalizzazione delle attività lavorative in ambienti confinati mediante contratto di appalto, il regolamento prescrive ulteriori requisiti da rispettare:

  • Il contratto di appalto deve essere certificato ai sensi del Titolo VIII capo 1 del D.lgs. 276/2003;
  • Il datore di lavoro committente deve verificare il possesso dei requisiti di qualificazione dell’impresa appaltatrice mediante:
    • L’acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, industria e artigianato;
    • L’acquisizione dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale.
  • Il datore di lavoro deve altresì verificare il possesso da parte dell’impresa esterna di dispositivi di protezione individuale, di attrezzature e strumentazioni adeguate alla tipologia di rischi dell’ambiente confinato;
  • Il datore di lavoro committente, in concerto con il datore di lavoro dell’impresa appaltatrice o con il lavoratore autonomo, devono coordinare gli interventi di prevenzione e protezione, informandosi reciprocamente sui rischi da interferenza e specifici dell’attività e sulle sostanze pericolose presenti o che potrebbero svilupparsi durante l’attività lavorativa, cooperando e coordinandosi attraverso il documento unico di valutazione dei rischi interferenziali (DUVRI) da allegare al contratto di appalto o di opera;
  • I lavoratori coinvolti nell’appalto devono essere muniti di apposita tessera di riconoscimento;
  • Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante che deve:
    • essere in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed avere un’esperienza lavorativa in materia di ambienti confinati almeno triennale
    • aver ricevuto le adeguate attività di informazione, formazione e addestramento;
    • conoscere i rischi presenti nei luoghi dove si svolgono le attività lavorative;
    • vigilare, con funzione di indirizzo e coordinamento, sulle attività svolte dai lavoratori dell’impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e deve vigilare altresì sulle attività lavorative svolte dai lavoratori del datore di lavoro committente al fine di limitare il rischio da interferenza tra i lavoratori delle due imprese;

Il regolamento non dà indicazioni ulteriori sul ruolo del rappresentante del datore di lavoro: la norma nello specifico non parla né di delega di funzione del datore di lavoro committente, né se il rappresentante debba essere assunto dall’impresa committente o possa essere un consulente esterno.

Il ruolo affidato dal legislatore al rappresentante del datore di lavoro committente è del tutto particolare e finalizzato a coordinare le attività che si svolgono nell’intero ambiente lavorativo dello spazio confinato e per tutto il tempo necessario. Egli dovrà sovrintendere sull’adozione ed efficace attuazione della procedura di lavoro prevista dall’ Art.3 co 3 del DPR n. 177/2011, diretta ad eliminare o ridurre al minimo i rischi propri dell’attività e comprensiva dell’eventuale fase di soccorso e coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale e dei Vigili del Fuoco.

Spetta al datore di lavoro committente specificare, nella procedura adottata, se e quando sia necessaria la presenza del proprio rappresentante direttamente sul luogo di lavoro in cui si effettuano le attività lavorative all’interno degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

 

  • Il datore di lavoro committente deve puntualmente e dettagliatamente informare i lavoratori impiegati, prima dell’accesso ai luoghi di lavoro interessati, sulle caratteristiche dei luoghi, su tutti i rischi presenti, compresi quelli derivanti da lavorazioni precedenti, e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate.

 

Il contenuto delle informazioni che il datore di lavoro committente deve fornire a chi opera nello spazio confinato della propria azienda è di sicuro più ampio rispetto alle informazioni previste dall’ Art.26 co 1 lett b) del D.lgs. n.81/2008 (prevede solo l’informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui impresa appaltatrice e lavoratori autonomi operano).

Il tempo necessario affinché il trasferimento di tutte le informazioni da parte del datore di lavoro committente ai lavoratori impiegati si concretizzi completamente e sia tale da assicurare che avvenga l’effettivo trasferimento delle informazioni, deve, in ogni caso, non essere inferiore ad un giorno.

 

L’obbligo di informazione da parte del datore di lavoro committente non deve sostanziarsi in un’erogazione di informazione inutilmente ripetitiva, ma deve assicurare che tutti coloro che accedono nell’ambiente confinato siano informati nel dettaglio su tutti i rischi presenti, sui rischi derivanti da lavorazioni pregresse e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate. Ciascun datore di lavoro, nei casi di operazioni frequenti nello stesso ambiente di lavoro, al fine di evitare che la stessa informazione si sostanzi in una mera ripetizione di informazioni già trasmesse, dovrà valutare caso per caso, in relazione al tempo trascorso dall’ultimo accesso nello spazio confinato e alla possibile modifica delle condizioni ambientali dello stesso, se l’informazione già erogata debba essere o meno ripetuta.

 

Il DPR n.177/2011 al comma 2 dell’Art. 2 vieta il ricorso al subappalto; ammette però il loro ricorso a due condizioni:

  • Il subappalto deve essere espressamente autorizzato dal datore di lavoro committente
  • I contratti di subappalto devono essere certificati ai sensi del Titolo VII, Capo I del D.lgs. 10 Settembre 2003, n. 276.

 

La ratio della limitazione si può ravvisare sicuramente nella tracciabilità dei contratti attraverso la certificazione, nell’assicurare in tal modo il rispetto delle norme previste in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori e un più chiaro quadro delle responsabilità dei vari soggetti coinvolti in caso di infortuni.

 

Il DPR n.177/2011 sicuramente ha fornito l’indicazione di più misure di prevenzione e protezione per le attività in ambienti confinati rispetto allo stesso D.lgs. 81/2008, ma si può ravvisare come le procedure di sicurezza indicate nello stesso regolamento non siano esaustive. Di sicuro normare e prevedere procedure di sicurezza fisse in un campo lavorativo così diversificato, sia per l’individuazione delle stesse aree qualificabili come confinate, sia per la differenza e particolarità di rischi presenti in ogni specifica realtà, non risulta agevole, né possibile.

 

Il manuale pratico fornito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, invece, potrebbe essere lo schema ideale per fornire delle linee guida più esaustive agli operatori del settore. L’intenzione iniziale infatti era quella di creare degli schemi generali di procedure di sicurezza per tipologia di ambiente confinato, ma per ora non si è provveduto alla pubblicazione di ulteriori manuali.

 

Dal quadro normativo e di indirizzo emanato in tema di prevenzione e protezione negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati si può ravvedere una normazione di “rattoppo”, nel senso che, partendo da prescrizioni generali e non esaustive presenti nel D.lgs. n. 81/2008, il legislatore ha emanato prima il DPR n.177/2011, al fine di limitare l’ingresso di imprese non qualificate e non rispettose delle prescrizioni in materia di prevenzione e protezione,  e successivamente delle linee guida operative.

  

 

 

- fine della seconda parte -

 

 

Link alla prima parte “ Ambienti confinati: la definizione, il Testo Unico e il DPR 177/2011”. La terza e quarta parte del contributo si soffermeranno sulle procedure operative di sicurezza negli ambienti confinati.

 

 

Giuseppe Costa

Comandante provinciale dei vigili del fuoco di Vicenza

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

 

Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 - Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

 

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sui rischi relativi agli spazi confinati

 



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Rispondi Autore: Adriano Paolo Bacchetta - likes: 0
30/10/2020 (00:03:31)
Buona sera, spiace dover intervenire per sottolineare che, a mio parere, non è corretto scrivere che nel caso di esternalizzazione delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati sia prescritta la certificazione del contratto di appalto ai sensi del Titolo VIII capo 1 del D.lgs. 276/2003. Da tempo è aperta la discussione relativamente all’interpretazione relativa alla presenza della parola "appalto" nell'art. 2 c1 lettera "c" del DPR 177/2011 nel senso di dover prevedere la certificazione non solo in caso di subappalto (condizione espressamente richiamata nel testo del DPR 177/02011) ma anche in caso di appalto diretto. A riguardo, segnalo che con Nota del 27 giugno 2013, il Ministero del lavoro ha messo in chiaro un aspetto dell’intricata questione relativa all’applicazione del D.P.R. 177/2011, in particolare sull’obbligatorietà della certificazione dei contratti in regime di appalto o subappalto. La precisazione del Ministero ribadisce che con riferimento a quanto previsto dall’art.2 comma 1, lett. C) qualora l’appaltatore si avvalga di professionalità con esperienza triennale attraverso forme contrattuali diverse da quelle del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, è necessario che i relativi contratti siano certificati ai sensi del Titolo VIII Capo I, D.lgs. n. 276/2003. Quindi, sulla base di questo documento, non si prevede la certificazione del contratto di appalto, bensì del rapporto contrattuale che regola il rapporto di lavoro con il personale subordinato e consente all’appaltatore di impiegare manodopera con contratti diversi da quello a tempo indeterminato. Sfortunatamente la via scelta dal Ministero, ovvero di pubblicare una Nota Ministeriale, posto che la stessa non è fonte di diritto (ma si limita a veicolare disposizioni a carattere interno, di varia tipologia: ordini di servizio, istruzioni, chiarimenti sulla effettiva portata di norme vere e proprie, e sono impartite a direttori/dirigenti e funzionari della PA, al fine di armonizzarne l'operato) non ha consentito di addivenire a un chiarimento univoco e ha purtroppo lasciato aperta la possibilità per diverse interpretazioni (che restano comunque solo interpretazioni) che, a mio parere, vanno ben oltre alla volontà del Legislatore introducendo, di fatto, un obbligo non previsto dall’originale testo normativo.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
31/10/2020 (17:12:40)
Condivido in toto quanto detto da Bacchetta.
Ahinoi, Periodicamente si deve ritornare su 'sta storia.

Anche dal punto di vista strettamente operativo, l'interpretazione dell'obbligo di certificazione anche dei contratti d'appalto ex art. 1655 cc, non è percorribile.

Ad esempio, se dovessi chiamare un appaltatore per farmi sostituire il galleggiante di una vasca interrata antincendio, dovrei prima farmi certificare il contratto.
Questa eventuale certificazione da parte degli organi abilitati alla certificazione (art. 76 del D. Lgs. n° 276/2003), risulta inutile e costituisce solo un aggravio burocratico.
Infatti, se per sostituire il galleggiante indicatore di livello di una vasca interrata antincendio citata nell’esempio, un appaltatore impiega meno di un’ora, rispettando quanto previsto nel Permesso di Lavoro, altrettanto non può dirsi per la certificazione di questo appalto, visto che l’istruttoria ha solo l’obbligo di concludersi e comunicarne l’esito entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta e ciò con le conseguenze facilmente immaginabili.

Inutile, poi, segnalare che la maggior parte degli organi abilitati, indicati all’art. 76 del D. Lgs. n° 276/2003, non hanno neanche lontanamente le competenze per effettuare una verifica tecnica su documenti presentati (tra questi non ci sono i VVF e nemmeno le ASL) e ciò senza neanche dimenticare che, ad oggi, non esiste uno standard unico che indichi quali debbano essere i documenti tecnici da presentare con la richiesta di certificazione.

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