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Imparare dagli errori: quando manca il parapetto nei lavori in quota

Imparare dagli errori: quando manca il parapetto nei lavori in quota
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

09/01/2020

Esempi di infortuni dei lavoratori in relazione alla mancanza di idonei parapetti nei lavori in quota. Il posizionamento di una copertura in legno, la costruzione di un capannone industriale e l’attività di coibentazione. La classificazione dei parapetti.

 

Brescia, 9 Gen – Dopo avere parlato nella rubrica “ Imparare dagli errori”, degli incidenti che avvengono con i ponti mobili su ruote, iniziamo oggi un nuovo viaggio attraverso le criticità correlate all’assenza di idonee attrezzature in ambito edile: i parapetti provvisori.

I parapetti, la cui adozione “permette di ridurre gli effetti di una possibile caduta dall’alto”, come ricordato in un Quaderno Tecnico dell’ Inail, esprimono bene il concetto di “protezione collettiva”.

 

Protezione collettiva che - come vedremo, raccogliendo anche alcune informazioni normative e suggerimenti per la prevenzione - a volte manca, è carente o non è idonea per tutelare la sicurezza dei lavoratori.

 

I casi di infortunio presentati sono tratti dall’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

 

Ci soffermiamo in particolare su:



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Gli incidenti in carenza di parapetti nei lavori in quota

Nel primo caso l’infortunio avviene attività di posizionamento di una copertura in legno lamellare di un centro commerciale.

Un lavoratore vuole posizionare un nuovo travetto e chiede aiuto al collega intento a terminare un'altra operazione a due metri di distanza. Tutt'intorno alla copertura non è previsto parapetto di protezione.

Il lavoratore, posizionato a margine della copertura, mette un piede in fallo e cade da un'altezza di circa 5 metri decedendo a causa della frattura del cranio.

 

Il fattore causale rilevato nella scheda è la copertura dell’edificio priva di parapetto.

 

Nel secondo caso l’infortunio avviene durante lavori di costruzione di un capannone industriale (15 metri di altezza) sulla cui copertura deve essere installato un impianto fotovoltaico.

Il direttore dei lavori e progettista decide di salire sulla copertura per verificare lo stato di avanzamento dei lavori. Per accedere alla copertura, come previsto sul PSC, sono abitualmente utilizzate delle piattaforme elevabili dalle quali gli operatori sbarcano una volta giunti in quota. Il direttore dei lavori chiede ad un operatore a terra di accompagnarlo in quota con una piattaforma. Una volta giunti all’altezza della copertura il direttore dei lavori scende e inizia a camminare sulle lamiere poste orizzontalmente sulle quali si devono posare i cavi di collegamento dei pannelli fotovoltaici. Le lamiere hanno larghezza di circa 50 cm e su un lato sporgono verso il vuoto mentre sull’altro lato c’è una apertura di altezza circa 70 cm. per la finestra a shed che doveva essere successivamente installata.

Non era installato nessun parapetto e nemmeno erano presenti linee vita.

Il direttore dei lavori non indossa imbracature di sicurezza e porta le proprie scarpe con suola in gomma, usurate (non antinfortunistiche). La giornata è fredda ed è presente una fitta nebbia.

I testimoni dichiarano che ad un certo punto vedono il direttore dei lavori che cammina in quota mentre telefona. Poco dopo precipita al suolo, presumibilmente sul lato aperto (non dal lato shed), decedendo per politraumatismo.

 

Come in molti altri incidenti la mancanza di parapetti è solo uno dei fattori causali rilevati, uno dei fattori, tuttavia, che avrebbe evitato l’infortunio. Questi i fattori:

  • l’infortunato si avvicina al bordo del tetto privo di protezioni e mentre usa il cellulare
  • mancanza di parapetti e linee vita
  • indossa scarpe non antinfortunistiche con suola liscia.

 

Infine il terzo caso riguarda attività di coibentazione su un tetto.

Mentre sta effettuando la coibentazione del tetto a terrazzo non protetto lateralmente da idoneo parapetto, un lavoratore cade al suolo da 8 metri. Muore per ferite al cranio.

L'infortunio, indica la scheda di INFOR.MO., è da attribuire alla mancata protezione laterale, per mancanza di parapetti del tetto a terrazzo.

 

La normativa tecnica e la classificazione dei parapetti provvisori

Come spesso facciamo nelle prime puntate della rubrica dedicate a specifiche attrezzature di lavoro, ci soffermiamo innanzitutto su un aspetto importante, nella scelta delle protezioni, come la classificazione.

Per parlarne, con specifico riferimento ai parapetti correlati alla norma tecnica UNI EN 13374:2013, riprendiamo il contenuto di un Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili – dal titolo “ Parapetti provvisori” - elaborato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’Inail e a cura di Luca Rossi, Francesca Maria Fabiani e Davide Geoffrey Svampa.

 

Secondo la UNI EN 13374:2013 i parapetti provvisori sono divisi in tre classi (A, B, C) “in base ai requisiti prestazionali specificati:

  • Classe A:
    • “sostenere una persona che si appoggi alla protezione e fornire una presa mentre si cammina di fianco alla protezione; e
    • arrestare una persona che stia camminando o cadendo verso la protezione.
  • Classe B:
    • sostenere una persona che si appoggi alla protezione e fornire un appiglio mentre si cammina di fianco alla protezione; e
    • arrestare una persona che stia camminando o cadendo verso la protezione;
    • arrestare una persona che stia scivolando o cadendo lungo una superficie inclinata.
  • Classe C:
    • arrestare una persona che stia scivolando o cadendo lungo una superficie molto inclinata”.

 

Questi, invece, i requisiti dimensionali dei parapetti provvisori delle classi A, B e C:

  • Classe A:
    • “distanza fra la parte più alta del corrente principale e la superficie di lavoro ≥ 100 cm;
    • distanza fra il bordo superiore della tavola fermapiede e la superficie di lavoro ≥ 15 cm;
    • spazio libero fra i correnti < 47 cm;
    • inclinazione del parapetto rispetto alla verticale ≤ 15°.
  • Classe B:
    • distanza fra la parte più alta del corrente principale e la superficie di lavoro ≥ 100 cm;
    • distanza fra il bordo superiore della tavola fermapiede e la superficie di lavoro ≥ 15 cm;
    • spazio libero fra i correnti < 25 cm;
    • inclinazione del parapetto rispetto alla verticale ≤ 15°.
  • Classe C:
    • distanza fra la parte più alta del corrente principale e la superficie di lavoro ≥ 100 cm;
    • distanza fra il bordo superiore della tavola fermapiede e la superficie di lavoro ≥ 15 cm;
    • spazio libero fra i correnti < 10 cm;
    • inclinazione del parapetto compresa fra la verticale e la perpendicolare alla superficie inclinata da proteggere.

 

I parapetti provvisori possono anche essere classificati anche in base alla metodologia di costruzione. In questo caso si distinguono in:

  • tradizionali: “costruiti in cantiere, in legno o in acciaio”. I parapetti tradizionali “sono molto diffusi in quanto il materiale necessario al loro assemblaggio è generalmente disponibile in cantiere”;
  • prefabbricati: “costruiti in fabbrica e assemblati in cantiere, generalmente in acciaio”. I parapetti prefabbricati “sono molto versatili per la possibilità di montaggio, con vari sistemi di fissaggio, su diverse tipologie di supporto”. Sono inoltre “facili da installare”.

 

    

Tiziano Menduto

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 2018, 2111 e 3727 (archivio incidenti 2002/2015).



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Rispondi Autore: Claudio D'Alessandria - likes: 0
09/01/2020 (09:35:12)
Oltre alle considerazioni inserite ce ne sarebbe un'altra: DALLA PIATTAFORMA ELEVABILE NON SI PUÒ MAI SCENDERE SE NON È A RIPOSO. Moltissimi Lavoratori lo fanno, molti Titolari e Professionisti lo fanno pensando che la Piattaforma sia un Ascensore, molte volte va bene, spesso va MALE e poi sono Guai fisici e penali. Grazie.

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