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Ribaltamento di una scala: malore del lavoratore e posizioni di garanzia

Ribaltamento di una scala: malore del lavoratore e posizioni di garanzia
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Sentenze commentate

14/09/2018

Una sentenza della Cassazione annulla una sentenza relativa ad un infortunio causato dal ribaltamento della scala durante attività di pulizia. Il malore del lavoratore può qualificarsi caso fortuito? Qual è la posizione di garanzia del datore di lavoro?

 
Roma, 14 Set – Non è sicuramente la prima volta che arriviamo ad occuparci di pronunce della Cassazione per ricorsi relativi ad infortuni nell’utilizzo delle scale. L’ infortunio con le scale è ancora diffusissimo nel nostro paese: attrezzature mal utilizzate, inadeguate al lavoro da svolgere, carenti di manutenzione, …

 

Riguardo al tema delle scale portatili, dopo la recente sentenza n. 15190 del 5 aprile 2018, ma anche le sentenze n. 48951 del 25 ottobre 2017 e n. 1871 del 17 gennaio 2018, presentiamo ora una nuova sentenza della Corte di Cassazione che ci permette di rispondere ad alcune domande riguardo a un infortunio nell’uso di una scala: il malore del lavoratore può qualificarsi come caso fortuito? Quando si può escludere la responsabilità del datore di lavoro? Quali sono le regole che disciplinano la sua posizione di garanzia?



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La nuova pronuncia su cui ci soffermiamo oggi è la Sentenza della Cassazione Penale n. 18414 del 27 aprile 2018 relativa ad un infortunio correlato al ribaltamento di una scala durante le attività di pulizia.

 

L’infortunio, le contestazioni e il ricorso

La Corte indica che il Tribunale di Asti ha dichiarato “non doversi procedere nei confronti di G.M.A. in ordine ai reati di cui agli artt.71, comma 1, lett.a), 36, comma 2, e 17, comma 1, d. lgs. 9 aprile 2008, n.81 commessi il 22 dicembre 2011 in quanto estinti per intervenuta prescrizione ed ha assolto l'imputata dal reato di cui all'art.590, commi 1,2 e 3, cod. pen. commesso” il 22 dicembre 2011 con la formula «perché il fatto non sussiste».

 

In particolare all'imputata si era contestato, in qualità di datrice di lavoro della A.B. di XXX s.a.s., “di avere cagionato al lavoratore dipendente R.R. lesioni personali guaribili in più di quaranta giorni a seguito del ribaltamento della scala sulla quale stava eseguendo operazioni di pulizia in altezza nella parte esterna di una finestra dell'ufficio postale sito in Castagnole Lanze”.

E si addebitava, in particolare, all'imputata “di aver adibito il lavoratore alle predette operazioni mediante l'utilizzo di una scala doppia, in difetto di altra idonea attrezzatura, per colpa generica e per violazione delle seguenti norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro: dell'alt.17, comma 1, lett.a) d. Igs. n.81/2008 per aver effettuato una valutazione dei rischi carente in relazione all'indicazione della tipologia di trabattelli o di scale da utilizzare in relazione alle caratteristiche del sito, in relazione al programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, in relazione all'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare e delle procedure di utilizzo ed istruzioni d'uso per le singole attrezzature da utilizzare; dell'art.71, comma 2, d. Lgs. n.81/2008 per non aver adottato misure tecniche ed organizzative volte a ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro idonee al fine della sicurezza ed adeguate al lavoro da svolgere; dell'art.36, comma 2, d. lgs. n.81/2008 per non aver previsto che ciascun lavoratore ricevesse un'adeguata informazione e formazione sui rischi specifici ed in merito all'uso delle attrezzature di lavoro”.

 

Tuttavia il Tribunale ha escluso per sussistenza del caso fortuitoil nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento sulla base della deposizione del lavoratore, che ha dichiarato di essere caduto a causa di un malore; ha, inoltre, escluso la posizione di garanzia dell'imputata in quanto residente in Campania ed in assenza di elementi che deponessero nel senso dell'effettiva gestione societaria da parte della Giuliano, ottantenne all'epoca dei fatti, dovendosi ragionevolmente ritenere che tale gestione facesse capo alla figlia A.F.”.

 

Il Procuratore della Repubblica propone, a questo punto, ricorso per cassazionecensurando la sentenza impugnata per inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Il Procuratore ricorrente ritiene, contrariamente a quanto affermato nella sentenza, che il malore del lavoratore non possa qualificarsi come caso fortuito idoneo ad escludere il nesso causale tra la condotta antidoverosa del datore di lavoro, per la mancata predisposizione di misure di prevenzione, e l'evento. Contesta, altresì, l'esclusione della posizione di garanzia dell'imputata sul presupposto che l'effettiva gestione societaria facesse capo alla figlia, posto che in assenza di regolare delega la responsabilità del datore di lavoro non possa essere esclusa”.

 

Le indicazioni della Corte di Cassazione

La Cassazione sottolinea che, in tema di infortuni sul lavoro, “la responsabilità del datore di lavoro sussiste qualora sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, ed anche ove l’evento dannoso si verifichi a causa dell’omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all'imprenditore dall'art.2087 cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore (Sez. 4, n. 4917 del 01/12/2009, dep. 2010, Filiasi, Rv. 24664301; Sez. 4, n.13377 del 28/09/1999, Bassi, Rv. 21553701); con la conseguenza che ricadono sul datore di lavoro, che abbia omesso di adottare tali misure ed accorgimenti, anche quei rischi derivanti da cadute accidentali, stanchezza, disattenzione o malori comunque inerenti al tipo di attività che il lavoratore sta svolgendo (Sez. 4, n. 4917 del 01/12/2009, dep. 2010, Filiasi, Rv. 24664301; Sez. 4, n. 114 del 06/05/1985, dep. 1986, Smolich, Rv.17153801; Sez. 3, n. 164 del 11/11/1983, dep.1984, Anceschi, Rv. 16204401). Nel caso concreto, dunque, risulta del tutto tralasciato l'accertamento del pieno rispetto, da parte del datore di lavoro, delle misure antinfortunistiche la cui violazione, sia in termini di colpa generica che in termini di colpa specifica, era stata contestata”.

 

Inoltre la sentenza contestata “risulta erronea anche con riguardo alle regole che disciplinano la posizione di garanzia del datore di lavoro”.

 

La posizione di garanzia del datore di lavoro

Si scrive nella Sentenza che la vigente tutela penale dell'integrità psicofisica dei lavoratori “risente della scelta di fondo del legislatore di attribuire rilievo dirimente al concetto di prevenzione dei rischi connessi all'attività lavorativa e di ritenere che la prevenzione si debba basare sulla programmazione del sistema di sicurezza aziendale nonché su un modello ‘collaborativo’ di gestione del rischio da attività lavorativa. Sono stati, così, delineati i compiti di una serie di soggetti - anche dotati di specifiche professionalità -, nonché degli stessi lavoratori, funzionali ad individuare ed attuare le misure più adeguate a prevenire i rischi connessi all'esercizio dell'attività d'impresa. Le forme di protezione antinfortunistica, dopo l'entrata in vigore dei decreti d'ispirazione comunitaria, tendono, in altre parole, principalmente a minimizzare i rischi bilanciando gli interessi connessi alla sicurezza del lavoro con quelli che vi possano entrare in potenziale contrasto. Ne deriva una diversa prospettiva dalla quale il giudice del merito è tenuto ad accertare la sussistenza delle posizioni di garanzia e le, conseguenti, responsabilità penali per omissione di dovute cautele; se il nuovo sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi, si tratta, in sostanza, di ampliare il campo di osservazione dell'evento infortunistico, ricomprendendo nell'ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi”.

 

Ed è evidente da questa diversa prospettiva – continua la Cassazione – “il rilievo che assumono, innanzitutto, i compiti non delegabili di predisposizione del documento di valutazione dei rischi e di nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione da parte del datore di lavoro. Nel caso concreto, spicca la violazione dell'obbligo di elaborare in maniera adeguata il documento di valutazione dei rischi contestata all'imputata e non specificamente negata dalla difesa”.

 

Inoltre il Tribunale ha violato il criterio interpretativo “dettato dalla Corte regolatrice, a mente del quale gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 d. lgs. n.81/2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco, ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 26110801; Sez. 4, n. 4350 del 16/12/2015, dep. 2016, Raccuglia, Rv. 26594701). Nel caso in esame, correttamente il Procuratore ricorrente ha puntualizzato che il Tribunale non ha fatto cenno ad alcun atto di delega, per cui anche sotto tale profilo la decisione risulta frutto di erronea applicazione dell'art. 16 del d.lgs. n.81/2008 (che richiama la forma scritta e la data certa della delega)”.

 

E va, infine, aggiunto che il principio di effettività, “in base al quale assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge (Sez. 4, n. 22246 del 28/02/2014, Consol, Rv. 25922401), non potendosi confondere la tematica della delega delle funzioni prevenzionistiche con quella del principio di effettività, in base al quale colui che ha di fatto assunto e svolto i compiti propri del datore di lavoro risponderà in virtù di tale volontaria assunzione e non di una delega invalida, laddove il delegante ‘imperfetto’ conserverà tutte le funzioni prevenzionistiche e i suoi doveri non potranno essere relegati all'obbligo di vigilanza di cui all'art. 16 d. lgs. n.81/2008 (Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 26997301; Sez. 4, n. 22246 del 28/02/2014, Consol, in motivazione)”.

 

Le conclusioni della Corte di Cassazione

Dunque in conclusione la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui all'art.590 cod. pen. (Lesioni personali colpose) con rinvio alla Corte di Appello di Torino per il giudizio.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica la sentenza da cui è tratto l’articolo:

Corte di Cassazione Penale Sez. IV – Sentenza 27 aprile 2018, n. 18414 - Ribaltamento della scala durante le pulizie: il malore del lavoratore non può qualificarsi caso fortuito. Annullata la sentenza di merito.

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Rispondi Autore: LISA PALLADINI - likes: 0
14/09/2018 (16:09:25)
Probabilmente nel caso in analisi la scala non era adeguata e la formazione pure ma, in sintesi: se un lavoratore sale su una scala, ha un malore, cade e si fa male è colpa del datore di lavoro che non gli ha dato idonea protezione/formazione/attrezzatura?

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