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Quando abitudini e routine diventano alleate della sicurezza

Quando abitudini e routine diventano alleate della sicurezza
Antonio Zuliani

Autore: Antonio Zuliani

Categoria: Soft skills

04/12/2020

Spesso abitudini e routine sono cause di incidenti ed errori, ma possono divenire utili alleate della sicurezza. Di Wilma Dalsaso e Antonio Zuliani.

Quanto sta accadendo in questi mesi di difesa dagli effetti della pandemiadimostra che è di fondamentale importanza favorire l’acquisizione di abitudini difensive. Si tratta di un meccanismo importante perché in questo modo riusciamo ad apprendere e a ripetere azioni senza dover ogni volta mettere in atto un processo cognitivo complesso.
 
Questo avviene perché immagazzinando queste abitudini riusciamo a ricordare di agire in base a dei modelli appresi. Questo processo è noto come chunking (Graybiel, 1998) e fa in modo che nel nostro cervello possa funzionare una sorta di interruttore che indica la modalità automatica di comportamento da mette in atto. Successivamente questa azione si rinforza nella misura in cui c’è la gratificazione derivante dal successo dell’azione messa in atto. Si arriva in questo modo a costruire una sorta di nicchia di sicurezza in grado di collegare uno stimolo alla relativa risposta.
 
Secondo Robinson e Berridge (1993), alcune abitudini sono così forti da arrivare a produrre reazioni simili alle dipendenze, tanto che l’automatismo diviene ossessivo e resiste anche a fronte di quelli che possono apparire come significativi disincentivi, come l’indicazione di un cambio di procedura per passare a un’azione più sicura o addirittura la possibilità di una perdita della reputazione, del lavoro, della casa e della famiglia.
 
I problemi da affrontare nel campo della sicurezza sono due. Da un lato il problema è che alcuni stimoli possono assomigliarsi anche se sottendono ad automatismi diversi: e sbagliare risposta può essere fatale.
 
In secondo luogo queste abitudini e i relativi automatismi non scompaiono mai del tutto (Graybiel, 2005; Thorn e altri, 2010) tanto che possono ripresentarsi in qualsiasi momento e possono riaffiorare anche in situazioni sbagliate. Questo è quello che può accadere a fronte di un cambio di procedura lavorativa; nei primi tempi la persona presta molta attenzione alla “nuova abitudine”, ma successivamente può ripresentarsi quella vecchia, mai del tutto cancellata, provocando un errore nel lavoro.
È quello che accade quando si cambia di abitazione. Nei primi tempi quando si esce dal lavoro si prende la strada verso la nuova casa, ma poi, magari perché si è distratti o affaticati, ci si trova a guidare verso la casa vecchia. È proprio vero che le abitudini non scompaiono mai, anche se vengono sostituite da altre. Sostanzialmente occorre ricordare questo fatto per rinforzare positivamente le nuove abitudini.
 
 

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Abitudini delle organizzazioni

Accanto alle abitudini personali, alle quali abbiamo accennato, ve ne sono altre che chiamano in causa l’organizzazione stessa. Infatti, all'interno di ogni organizzazione vi sono delle abitudini che rivestono una grande importanza per il funzionamento delle stesse (Ashforth e Fried, 1988; Betsch e altri, 2001).
 
Al di là dell'organigramma organizzativo vi sono centinaia di regole non scritte (Segelod, 1997) di cui l'azienda ha bisogno per poter funzionare proprio perché hanno la capacità di ridurre l'incertezza stessa (Backer, 2004).
Parliamo, ad esempio, di regole che permettono ai dipendenti di sperimentare nuove idee senza dover chiedere ogni volta le autorizzazioni o perché regolano i potenziali conflitti interni senza che diventino distruttivi per l'organizzazione (Lillrank, 2003).
 
Accanto a questi aspetti protettivi occorre considerare come queste abitudini possono influire negativamente nell'organizzazione aziendale. Esistono luoghi dove le abitudini vengono deliberatamente studiate e altri dove invece si formano spontaneamente (Duhigg, 2014) e queste abitudini hanno un impatto più profondo di quanto non si ritenesse in precedenza e spesso con esiti negativi. Un esempio è legato al fatto che questa organizzazione "spontanea" può far riferimento a un organigramma effettivo diverso da quello dichiarato. Ad esempio si verifica spesso quanto conti l’influenza di questa o di quella segretaria per poter avere un appuntamento con un dirigente o su chi siano i collaboratori più influenti all'interno dell'organizzazione.
 
Proprio perché non esistono organizzazioni prive di abitudini istituzionali è importante esaminare con attenzione le abitudini interne a un'organizzazione al fine di individuare quelle negative per poter influenzare il cambiamento.
 

Modificare le abitudini

Il tema che si pone è come modificare queste abitudini, visto che la scelta razionale di farlo ne è solo la premessa, ma non certo la garanzia per realizzarla.
Certamente vi sono delle situazioni particolarmente acute o drammatiche, come un divorzio, una grave malattia o il rischio della propria vita, che possono indurre le persone a cambiare abitudini (Heatherton e Nichols, 1994), ma quella a cui noi ci riferiamo è la possibilità di cambiare abitudini senza avere necessariamente alle spalle una spinta di questo genere.
 
Vi sono alcune strategie che sono utili da questo punto di vista.
 
Una chiave può essere quella di lavorare per piccoli traguardi che comunque sono in grado di introdurre cambiamenti pervasivi in quanto, il raggiungimento di un piccolo traguardo è in grado di mettere in moto forze che favoriscono quanto meno il raggiungimento di un altro piccolo traguardo. Questo processo ha anche il vantaggio di far percepire alle persone la possibilità di attenuare anche traguardi più grandi (Weick, 1984). Occorre però ricordare che spesso questi piccoli traguardi non si combinano tra di loro in forma lineare o seriale secondo la quale ogni traguardo avvicina progressivamente lo scopo finale. Spesso questi piccoli traguardi sono simili a una costellazione di micro esperimenti in grado di mettere in luce i problemi che si incontrano, come le risorse e le possibilità di soluzione. Ciò che conta è il processo di cambiamento che si mette in atto in noi, e il fatto che lo stesso segua un processo logico precostituito.
 
Un'altra attenzione che favorisce la possibilità di trovare una routine alternativa e quindi di aumentare in modo significativo la possibilità di successo è quella di far parte di un gruppo che persegue lo stesso scopo. Se credere nella possibilità di cambiamento è essenziale sappiamo anche che la fiducia nel poterlo fare si sviluppa attraverso l'esperienza della condivisione.
 
 
Wilma Dalsaso & Antonio Zuliani
 
Fonte: Pde n. 58
 
 


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Rispondi Autore: Sergio Misuri - likes: 0
04/12/2020 (11:07:56)
Ottimo e pertinente visto che gran parte degli infortuni è legato ai comportamenti imprudenti /spesso involontari)
L'acquisizione di buone abitudini difensive è la strategia giusta. Le azioni pratiche e di immediato avvio nelle PMI (le più esposte) sono da approfondire,
Su questo punto mi sono orientato con interventi il loco, brevi e ripetiti, di sensibilizzazione e di allerta (di gruppo o in solitaria) a fronte della specifica situazione da affrontare e all'uso della relativa attrezzatura da impiegare.
Gradirei molto un contatto (se possibile) per poter confrontare le possibili modalità
Saluto
Rispondi Autore: Mirko Ghisleri - likes: 0
04/12/2020 (13:16:25)
Complimenti al Dr.Zuliani per l'ottimo articolo. Il 70% degli infortuni sul lavoro sono causati da comportamenti sbagliati e lo studio del comportamento è quindi fondamentale per fare crescere il livello di sicurezza del gruppo di persone oggetto della analisi di ogni professionista della sicurezza

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