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Spazi confinati: sul requisito del personale con esperienza triennale

Spazi confinati: sul requisito del personale con esperienza triennale
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Spazi confinati

19/01/2021

Le linee di indirizzo del CNI per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento si soffermano sui requisiti di qualificazione del DPR 177/2011. Focus sulla quota di personale con esperienza triennale.

 

Roma, 19 Gen  – Se in materia di sicurezza negli ambienti confinati l’emanazione del D.P.R. 14 settembre 2011, n.177 ha generato nel tempo diversi problemi applicativi ed interpretativi, su cui è intervenuta anche la Commissione Interpelli, è indubbio che qualunque strategia di prevenzione dei rischi in questi ambienti passi anche attraverso la conoscenza di questa normativa.

 

Per questo motivo torniamo di nuovo a parlare del DPR 177/2011 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”, soffermandoci sui requisiti di qualificazione, attraverso quanto contenuto nelle “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento”, un documento prodotto nel 2019 e aggiornato nel 2020 dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri ( CNI).

 

Questi gli argomenti su cui ci soffermiamo oggi:


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Spazi ed ambienti confinati
Informazione e formazione dei lavoratori (D. Lgs. n. 81, 9 aprile 2008, Artt. 82 e 66 e DPR n. 177/2011)

 

La presenza di personale con esperienza triennale

Il documento CNI – curato dall’Ing. Gaetano Fede, dall’Ing. Stefano Bergagnin, dall’Ing. Luca Vienni e dal Gruppo Tematico Temporaneo “Ambienti Confinati” del CNI – ricorda che tra i requisiti di qualificazione richiesti esplicitamente dal DPR 177/2011 è presente il comma 1, lettera c) dell’art.2 che indica: “presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto”.

 

A questo proposito si sottolinea che è opinione consolidata che “la misura del 30% debba intendersi riferita al solo personale che è impiegato direttamente sul cantiere (ovvero che compone effettivamente la squadra che deve operare) e non al numero complessivo dei dipendenti (forza lavoro) assunti dall’azienda, poiché coloro che sono impiegati in tutt’altre attività non necessitano per nulla di questo tipo di esperienza professionale”.

 

Come dimostrare di possedere il requisito di qualificazione?

Cosa si intende per tale requisito e come può dimostrare di possederlo l’azienda appaltatrice in riferimento ai propri lavoratori?

 

Il documento richiama il contenuto dell’art.42 del Codice degli appaltiCapacità tecnica e professionale dei fornitori e prestatori di servizi”, “nel cui contesto il requisito professionale relativo all’esperienza almeno triennale viene specificato che deve essere maturato ‘negli ultimi tre anni’. Il requisito potrebbe tuttavia essere soddisfatto se i periodi cui si fa riferimento per raggiungere l’esperienza triennale risultino spalmati in un arco temporale maggiore; ad esempio se viene dimostrato che il personale aziendale ha operato negli ultimi dieci anni nell’ambito di un cantiere di rifacimento della rete fognaria di una grande città e che il cantiere è durato complessivamente tre anni, in molti casi anche con interruzioni e riprese successive”.

È dunque bene ricordare che il D.P.R. 177/2011 “non stabilisce in quale arco temporale l’esperienza triennale dei lavoratori impiegati debba essere maturata, anche se tale mancanza di dettaglio potrebbe portare ad una interpretazione, seppur valida, non corrispondente a quanto invece citato nel Codice degli appalti”.

 

Inoltre il requisito “dovrà essere dimostrato dal datore di lavoro aziendale (dell’impresa appaltatrice, subappaltatrice o dal personale dell’azienda committente stessa se il personale impiegato appartiene ad essa) considerando sia l’esperienza maturata nell’azienda stessa sia l’eventuale esperienza conseguita precedentemente dal lavoratore in altre aziende che hanno operato in tali ambiti di rischio, ovviamente con acquisizione delle prove effettive di questa seconda ipotesi”.

Si segnala, infine, che “per la dimostrazione di tale requisito, e in particolare in merito alla seconda tipologia indicata, sono stati emessi diversi atti sia dall’ANAC (Agenzia Nazionale Anti Corruzione), quali ‘Pareri’ e ‘Pareri precontenzioso’, sia dalla Suprema Corte di Cassazione Penale mediante motivazioni di sentenze”. E un ulteriore atto ufficiale che entra nel merito della questione della dimostrazione di esperienza acquisita è la “ Circolare MLPS n.12 dell’11/03/2013 anche se riferita al caso degli operatori del settore agricolo e forestale, in quanto entra approfonditamente nel dettaglio del contenuto di una eventuale dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi del D.P.R. 445/2000”.

 

In conclusione, constatando l’assenza di un “dettaglio univoco in merito a tale requisito sia nel testo del D.P.R. 177/2011 sia nel testo del D.Lgs.81/2008”, si indica che “ogni Datore di lavoro può decidere quale sia il modo che ritiene più idoneo per dimostrare il possesso del requisito dell’esperienza triennale ma ogni Committente ha facoltà di definire autonomamente regole specifiche da applicare in sede di valutazione. Tale facoltà del soggetto Committente nel caso di Enti Pubblici rientranti nel campo di applicazione del Codice Appalti avrà caratteristiche e limiti senza dubbio diversi dall’ambito privato”.

 

L’accesso allo spazio confinato e l’idoneità alla mansione

Si evidenzia poi che “l’esperienza triennale del preposto della squadra che è chiamata ad operare nell’ambiente/spazio confinato è chiaramente obbligatoria”.

Partendo da questa considerazione è poi necessario “entrare nel merito di quali siano i lavoratori che possono effettivamente accedere allo spazio confinato”.

 

Se il testo del decreto non entra nel merito in modo esplicito, lo stesso decreto “richiede tuttavia che tutti i lavoratori che entrano e/o accedono nell’ambiente/spazio confinato, non soltanto quelli costituenti il 30% del personale con esperienza triennale (il preposto è obbligatorio che abbia tale esperienza), siano in possesso dell’idoneità alla mansione e che pertanto abbiano anche frequentato i corsi di formazione di cui all’art. 2 comma 1 lettere d), e), f) del D.P.R. 177/2011”.

 

E – conclude il documento a questo proposito – se si considerassero “le caratteristiche dell’esperienza e dell’idoneità alla mansione con gli stessi criteri che vengono applicati nella definizione di lavoratori PES, PAV e PEI della norma CEI 11-27 relativa ai lavori elettrici, è evidente che l’accesso anche di personale senza esperienza triennale ma con idoneità alla mansione è consentito purché in co-presenza di personale certamente in possesso dell’esperienza triennale quale appunto il preposto”.

Pertanto “se ad esempio la squadra è composta da 3 lavoratori la presenza operativa del preposto, che deve possedere oltre all’idoneità anche l’esperienza triennale, è sufficiente per ritenere in regola la squadra stessa se gli altri 2 lavoratori risultano idonei alla mansione secondo le condizioni del D.P.R. 177/2011”.

 

Rimandiamo, infine, alla lettura integrale del documento originale che si sofferma anche su altri aspetti e dubbi interpretativi del DPR 177/2011.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Consiglio Nazionale degli Ingegneri, “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento”, a cura dell’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI), Ing. Luca Vienni (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Ambienti Confinati” del CNI, versione gennaio 2020 – Linee Guida/Allegato 1/Allegato 2/Allegato 3/Allegato 4/Allegato 5/Allegato 6.

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Linee di indirizzo per i rischi dei lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento”.

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

 

Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 - Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

 

 

 

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