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La strada: un pericolo mortale per i lavoratori

La strada: un pericolo mortale per i lavoratori
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio stradale, itinere

06/11/2017

Ancora oggi nel mondo gli incidenti stradali rappresentano una delle principali cause di infortunio, invalidità permanente e, soprattutto, di morte.


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Formazione sui rischi specifici di chi lavora al volante (Art. 37 D.Lgs. 81/08)
 

Ancora oggi nel mondo gli incidenti stradali rappresentano una delle principali cause di infortunio, invalidità permanente e, soprattutto, di morte.

I dati diffusi dall’O.M.S. (Organizzazione mondiale della sanità) nell’ultimo “Rapporto globale sulla sicurezza stradale” sono, a dir poco, allarmanti: 1,25 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa degli incidenti stradali, che sono, tra l’altro, la prima causa di morte fra i giovani tra i 15 e i 29 anni.  

Nel nostro Paese la situazione non è meno preoccupante: secondo l’ultimo Rapporto ISTAT-ACI, nel 2016 si sono verificati circa 176.000 incidenti stradali che hanno provocato 249.000 feriti e 3.283 morti. 


Per i lavoratori la strada rappresenta un pericolo quotidiano di assoluta gravità, sia che si tratti di operatori per i quali la strada costituisce il proprio “posto di lavoro” (parliamo di autotrasportatori merci, conducenti di autobus, taxisti, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale, o di altre tipologie che per lavoro utilizzano mezzi di trasporto) sia che si tratti di lavoratori dei più svariati settori di attività che si mettono in strada per andare o tornare dal lavoro.


In Italia, nel 2016, sono stati denunciati all’INAIL circa 92.000 infortuni stradali (sia in occasione di lavoro che in itinere) su un totale di circa 641.000 infortuni, con una percentuale pari al 14,4%. Molto più elevata la quota di infortuni stradali mortali che, sempre nel 2016, sono stati 447, pari al 40,5% del totale di 1.104 morti sul lavoro. In pratica quasi la metà dei morti sul lavoro si verifica sulle nostre strade, in misura prevalente per gli infortuni avvenuti in itinere (243) rispetto a quelli in occasione di lavoro (204). 

Di questi ultimi, la stragrande maggioranza - ovvero 188 casi (pari al 93% del totale) riguarda gli uomini e solo il 7% (16 casi) le donne; per i decessi in itinere invece la quota femminile è molto più consistente: 50 casi, pari al 21%.

 

La distribuzione degli incidenti stradali nell’arco della giornata conferma una struttura del fenomeno ormai ampiamente consolidata e strettamente correlata ai tempi di vita e di lavoro delle persone coinvolte, evidenziando come la componente lavorativa abbia un peso non indifferente nella incidentalità stradale.

Un primo picco sia di incidenti che di morti si riscontra, infatti, tra le 8 e le 9 del mattino, fascia oraria nella quale normalmente si effettuano gli spostamenti casa-lavoro o inizia il turno di lavoro. Un secondo picco lo si osserva tra le 12 e le 13, anche in relazione alla mobilità di alcune categorie di lavoratori che usufruiscono dell’orario non continuato.

 

Ma la punta massima in assoluto di incidentalità si registra tra le ore 17 e le 18, al termine cioè del turno di lavoro. È una fascia oraria in cui si combinano gli effetti dell’aumento della circolazione stradale per il ritorno dal lavoro, con quelli di altri fattori quali l’accumulo di dispendio di energie e di stress da lavoro e la difficoltà di percezione visiva per il venir meno della luce naturale non ancora pienamente sostituita da quella artificiale. 
Nelle ore notturne poi, data la più ridotta mobilità, il numero di incidenti diminuisce nettamente, ma cresce in misura enorme la mortalità, soprattutto tra gli autotrasportatori a causa della stanchezza che può indurre ai fatidici “colpi di sonno”.


Quest'ultima causa, secondo le stime della “Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus”, risulta essere autrice di un incidente stradale su cinque; ma se focalizziamo l’attenzione sui soli lavoratori dei Trasporti il rapporto sale ad uno su quattro. 
Nella realtà italiana sono ancora relativamente poche le flotte di automezzi di proprietà di un'unica società in grado di operare “in rete”. Il trasporto merci su gomma è ancora affidato prevalentemente ad autotrasportatori che possiedono solo un autocarro (i cosiddetti padroncini) che, come noto, presentano elementi di assoluta criticità in termini di sicurezza. Ai vecchi problemi della categoria - legati principalmente alle precarie condizioni delle strade, all’inefficienza e vetustà dei mezzi, agli orari e ai ritmi di lavoro stressanti per una categoria di lavoratori che quotidianamente percorre in lungo e largo il Paese ed il più delle volte è costretta a ricercare margini di guadagno nella velocità e in percorrenze senza soste -  si sono aggiunti, in questi ultimi anni, problemi derivanti dalla concorrenza proveniente da autotrasportatori dell’Est disposti ad orari e ritmi di lavoro ancora più pesanti e in grado di offrire gli stessi servizi a costi stracciati. Con i riflessi, in termini di sicurezza, che le statistiche mettono in chiara evidenza.


“Appare del tutto evidente – ha commentato Franco Bettoni, Presidente nazionale ANMIL – che per i lavoratori, gli incidenti stradali rappresentano una vera e propria emergenza nazionale, di cui purtroppo non si parla abbastanza ma che invece, richiederebbe un'attenzione continua soprattutto sul piano dell’analisi approfondita delle cause del fenomeno per intervenire con iniziative di prevenzione mirate ed efficaci. A tal fine sono necessarie misure idonee di verifica e di costante controllo che riguardino non solo lo stato di efficienza dei veicoli, le condizioni stradali o meteorologiche, ma che mettano al centro dell’attenzione il ruolo primario del fattore umano. Ritmi di lavoro stressanti, turni eccessivamente prolungati, stanchezza e condizioni psicofisiche non idonee, sono fattori che vanno contrastati con tutti gli strumenti e i mezzi disponibili per la salvaguardia della vita umana”. 

 

Fonte: ANMIL

 



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