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La formazione in lingua per stranieri e la gestione costruttiva dei conflitti

La formazione in lingua per stranieri e la gestione costruttiva dei conflitti

Autore:

Categoria: Differenze di genere, età, cultura

15/11/2018

L’importanza della formazione in lingua per i lavoratori stranieri per l’integrazione, la prevenzione degli infortuni, il cambiamento organizzativo e la gestione costruttiva dei conflitti. A cura di Sara Zanettichini.

 
Venerdì 19 ottobre presso Bologna Fiere si è tenuto un seminario gratuito dal titolo “L’importanza della formazione in lingua per gli stranieri e la prevenzione/gestione costruttiva dei conflitti”.

 

L’evento ospitato dall’associazione Ambiente e Lavoro ha riscosso un notevole interesse per addetti ai lavori e non. In questo particolare momento storico di disconoscimento di valore e valori umani la formazione, intesa come “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda “(art. 2 D. Leg. 81/08), assume un ruolo sempre più fondamentale per gli obiettivi comuni di funzionalità del sistema.

 

Il 26 settembre, giornata europea dei linguaggi, L’EU-OSHA ha celebrato la diversità linguistica come risorsa, ribadendo in modo netto e puntuale un interesse primario della comunità verso il plurilinguismo come momento significativo per una cooperazione multiculturale in tutto il continente.

 

In “dovuta” linea con i principi ispiratori di una Europa sana e sicura si è trattata l’esigenza comune di uno spazio europeo dell’istruzione e dell’integrazione linguistica, primo passo per affrontare l’ingente e pressante problematica immigratoria.

 

È noto che In Italia il Decreto Legislativo 81/08 art. 36 e 37 sancisca che “la formazione deve essere sufficiente e adeguata alla natura dei rischi” e che “Il contenuto deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori per consentire loro di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa VERIFICA della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo” (art. 37 comma 13).

 

La Giurisprudenza  si esprime a riguardo con varie sentenze di condanna  per i Datori di Lavoro relative ad omessa, insufficiente e/o  inadeguata formazione agli immigrati ( vedi ad es. Cassazione Penale, Sez.IV, 8 aprile 2015 n.14159,  Cassazione Penale, Sez.IV, 1° ottobre 2013 n.40605, Cassazione Penale, 21 marzo 2012 n.11112).

 

Uno degli elementi della comunicazione efficace è proprio quello di avere un codice comune, quindi un insieme di regole condivise tra mittente e ricevente del messaggio, pertanto un linguaggio comune chiaro e comprensibile da entrambi i soggetti. Per lingua non si intende un insieme di termini ‘a caso’, ma un unitario e esplicito sistema di valori: affinchè il messaggio passi è necessario mettersi quindi nei panni di chi ci ascolta.  In quel momento noi siamo l’ascoltatore/partecipante al corso di formazione con il personale vissuto e tutte le credenze del caso.

 

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Al di là quindi di un sistema prettamente sanzionatorio, ciò che è funzionale è arrivare a far comprendere i concetti basi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso i valori fondamentali della cultura dell’ascoltatore. E per realizzare questo sono necessarie una conoscenza e un’osservazione aliene da pregiudizi e stereotipi aventi lo scopo di un confronto con la cultura di origine del migrante.

Senza questo presupposto non è possibile erogare una formazione chiara, comprensibile e efficace.

 

Ne deriva che un processo di approfondimento su come venga recepito il messaggio che il formatore intende trasmettere è fondamentale per realizzare una comprensione reale.

 

La percezione del rischio è differente da cultura, esperienza e individualità delle persone, pertanto varia dal contesto e dal settore in cui si opera. Vale quindi l’equazione diversa cultura= diversi linguaggi=diversi valori=diverso modo di erogare formazione.

Semplicità e chiarezza sono termini chiavi per l’efficacia che porti quindi all’applicazione concreta dei concetti e delle procedure che vengono portate in aula.

 

Un’integrazione reale attraverso una adeguata e sufficiente didattica risulta essere una vera prevenzione degli infortuni, fenomeno purtroppo sempre in aumento in Italia.

Secondo i dati INAIL i costi sociali degli infortuni e delle malattie professionali ammontano a 28.4 miliardi annui circa il 3,2 % del PIL. Questi dati agghiaccianti vengono aggravati nella fattispecie dai lavoratori migranti, che hanno in percentuale più infortuni (57 infortuni ogni 1000 lavoratori contro i 44 degli italiani), per un totale di 107.000 infortuni (circa l’11% dei totali).

L’aumento è stato del 7,9%. nei soli primi 8 mesi del 2018.

 

Health Safety Executive stima il costo di infortuni ed incidenti tra il 5% - 10% del guadagno lordo complessivo delle aziende. Questo è un dato che fa riflettere e sul quale sono tenuti a considerare tutti i soggetti coinvolti nel processo salute e sicurezza aziendale.

Si sono inoltre analizzati i settori in cui si verificano più infortuni. A parlarne sono intervenuti 3 esperti formatori e RSPP.

 

Il settore agricolo in ambito immigrazione

L’ing. Carmine Salamone ha portato la sua esperienza pluriennale in agricoltura, evidenziando i numeri allarmanti degli infortuni accaduti negli ultimi 10 anni, riportati nella collaborazione con CIIP -Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione, a cui ha partecipato.

 

Le ore obbligatorie a disposizione per la formazione, 12 ore in agricoltura, sono insufficienti e sarebbe auspicabile che in sede di analisi del fabbisogno formativo se ne tenesse conto. Esperienze dirette, afferma Salamone - “in cui ho erogato almeno 24 ore hanno mostrato notevoli vantaggi in termini di apprendimento finale. Mentre l’intervento di un interprete con un’etnia unica in classe, che abbia frequentato formazione in tema, è risultato molto utile; diverso è il caso quando ci si trova di fronte una classe multietnica e non vi è la possibilità di poterla suddividere per origini linguistiche. In questi casi è necessario organizzare i corsi, previa accordi con le aziende che inviano i lavoratori alla formazione, munendosi sia degli opuscoli multilingua messi a disposizione da INAIL o da altri soggetti, facendo molta attenzione che non siano mere traduzioni”.

 

Salamone conclude con altri due punti focali: un’attenta analisi preventiva e progettuale del fabbisogno formativo e la necessità di formatori qualificati nelle aree tematiche DL. 81/08.

Entrambe portano alla centralità dell’impegno del formatore come figura chiave nel processo educativo.

 

Meglio i costi d’integrazione oggi o le spese sanitarie domani?

A seguire Nicola Genovese, analizzando le condizioni dei lavoratori stranieri in Italia ne fornisce prima un quadro generale e poi si sofferma sul settore edile. Per quanto riguarda il primo punto ne escono:

  • Caratteristiche del lavoro: precario, faticoso, rischioso, manuale, di bassa tecnologia, sotto qualificato rispetto al capitale umano posseduto, transitorio, sotto pagato, spesso sfruttato a causa della loro debolezza sociale e
  • Condizioni extra lavorative: salute e sicurezza inferiori dovute a condizioni di inadeguata alimentazione, carenza nell’assistenza sanitaria e tutela assicurativa.

Il 17% in base alle statistiche INAIL consiste in lavoratori stranieri con un 41% di dinamiche infortunistiche dovute alle modalità operative riconducibili ad errori di procedura, ad una carente formazione, informazione e addestramento o ad una pratica scorretta abituale e un 21% dei casi  dovuto a utensili, macchine, impianti ed attrezzature, riconducibili a problematiche di dispositivi e inadeguatezza delle protezioni; seguono mancato uso, mancata fornitura o uso errato dei DPI dovuto alla scarsa formazione e addestramento.

 

Nell’esperienza lavorativa e formativa, in piccole medie imprese artigiane, Genovese rileva le problematiche riscontrate più frequentemente durante alcuni corsi relativamente alla diversità culturale, al differente senso di percezione del pericolo, all’incapacità di leggere alcune situazioni, alla mancata conoscenza dei propri diritti e difficoltà nel comunicare.

Continua Genovese affermando che “il problema dei costi è un argine ad ogni tipo di iniziativa, anche se dà ritorni più che fruttiferi” e propone l’utilizzo di: opuscolo in lingua di origine, contenuti multimediali di immagini e video, role playing, addestramento accompagnato,  mediazione linguistica di colleghi stranieri “integrati” e di mediatori esterni.  Conclude con la necessità impellente di investire sul capitale umano straniero, cercando di armonizzare le differenze linguistiche, lavorando sulle condizioni di disagio e difficoltà riscontrate.

 

Dalla normativa alla realtà: erogare una formazione sufficiente e efficace ai lavoratori stranieri, una sfida ancora da vincere!

Rossella Genovese prosegue il convegno con il settore industria piccole e medie imprese.

“La mia esperienza si basa su anni di formazione, rivolta a Lavoratori di micro e piccole imprese operanti sul territorio milanese con attività che spaziano dalle imprese di pulizie, alla ristorazione, logistica e trasporto. Ho quasi sempre avuto la fortuna di conoscere direttamente le aziende e i lavoratori coinvolti nei miei progetti formativi mediante sopralluoghi e consulenze nella stesura dei loro Documenti di Valutazione dei Rischi; sicuramente un vantaggio da non sottovalutare nella costruzione di un percorso formativo adeguato ed efficace, poiché permette una conoscenza più diretta della realtà aziendale, del livello di sensibilizzazione sui concetti della sicurezza e soprattutto facilita il rapporto formatore – discente da sviluppare in seguito in aula”.

 

Diverse comunque le difficoltà riscontrate:

  • la presenza di vari gruppi linguistici rende complessa la composizione dell’aula, la gestione e la produzione di materiale e percorsi ugualmente validi per tutti;
  • la lingua e le differenze culturali legate alla provenienza rappresentano un elemento di possibile condizionamento della percezione e rappresentazione del rischio, delle quali occorre tener conto in una progettazione efficace dei corsi di formazione per stranieri;
  • l’elevata difficoltà nel trasferire nel lavoratore immigrato concetti generali relativi alla normativa e alle principali figure e responsabilità dell’organigramma della sicurezza aziendale.

 

Come Nicola Genovese, Rossella sottolinea altri elementi che sicuramente influenzano la condizione del lavoratore straniero in Italia e che hanno delle importanti ripercussioni anche sul successo dei percorsi formativi. Essi sono rappresentati dalla pericolosità delle attività svolte, dalla scarsa esperienza, dall’ inadeguata formazione professionale, dalla maggiore presenza in settori più sensibili (con occupazioni meno specializzate e con frequente turnover della forza lavoro), dalla precarietà abitativa e in generale

 

alle difficoltà di vita quotidiana, che complessivamente possono contribuire a ridurre il benessere psicofisico dei lavoratori immigrati.   

 

Nel fare formazione ai lavoratori stranieri ci si scontra in modo ancora più evidente con una insufficiente sensibilizzazione e promozione della cultura della salute sul lavoro, da fare direttamente in azienda per favorire un clima partecipativo, in cui tutti i lavoratori si facciano carico della propria parte di responsabilità e collaborino al raggiungimento di un obiettivo comune. Questo in particolare aiuterebbe il Lavoratore immigrato a sentirsi maggiormente coinvolto e parte di un progetto comune.

 

A livello pratico, durante l’erogazione dei corsi di formazione le maggiori criticità si rilevano proprio sulle competenze linguistiche.

 

“L’utilizzo di un Test preliminare di verifica della comprensione dell’italiano si rivela troppo spesso uno strumento insufficiente o parziale per definire la competenza linguistica dei lavoratori stranieri: questi mostrano spesso molte difficoltà di lettura e scrittura, dovute generalmente ad una scolarizzazione di partenza scarsa o insufficiente. Sicuramente la promozione di corsi di italiano deve essere potenziata e supportata sul territorio, ma anche in azienda: il lavoratore che sa esprimersi correttamente nella lingua del Paese che lo ospita, si sente più facilmente integrato sia a livello sociale che a livello lavorativo e può quindi giocare un ruolo più attivo e rappresentare una risorsa anche per l’azienda.

 

Sicuramente alcune strategie comunicative possono comunque concorrere a facilitare l’apprendimento e la comprensione da parte dei lavoratori stranieri:                                                                                                                   

  • proporre la formazione direttamente in azienda, quindi in una realtà che si percepisce come vicina e concreta, una formazione “utile” lontana “dai banchi di scuola”;
  • organizzare corsi con pochi discenti (massimo 10 persone) e curare il setting d’aula evitando i classici banchi o sedie in fila, privilegiando invece situazioni di maggior contatto (anche visivo) per favorire una maggiore partecipazione di tutti e rafforzare il gruppo classe;
  • utilizzare abbondantemente immagini ed esempi pratici di immediata percezione;
  • rafforzare la comprensione mediante verifiche orali intermedie (domande individuali durante il corso);
  • superare la difficoltà di comprensione di linguaggio tecnico o specifico mediante la riproduzione o la simulazione di esperienze o situazioni reali di pericolo;
  • porsi sempre in una posizione di attenzione e ascolto attivo ed empatico rispetto alle esperienze e ai racconti personali dei lavoratori, utilizzandoli come elemento di confronto e analisi;
  • valorizzare la collaborazione e mediazione linguistica offerta dai colleghi stranieri “integrati”;
  • distribuire materiale didattico in lingua e provare a consultarlo insieme in aula per favorirne e stimolarne la consultazione;
  • creare percorsi formativi attrattivi e collaborativi con utilizzo di vari mezzi di comunicazione, diversi linguaggi simbolici e multimediali (filmati, articoli di cronaca, esercitazioni e lavori di gruppo).

 

La figura del Rappresentante del lavoratore e mediatore culturale, come primo contatto consapevole del lavoratore straniero con i propri diritti per la promozione della salute e prevenzione infortuni.

Modesto Prosperi del Comune di Milano ha portato una esperienza concreta progettuale fatta dal Comune di Milano con i Centri Territoriali Permanenti nel periodo di Expo Milano, raccontando una realtà molto interessante. Al termine del progetto esperienziale arriva e conferma quanto riportato precedentemente dagli altri relatori. L’efficacia della formazione deve essere verificata non solo dal punto di vista formale (presenza degli attestati di formazione) ma anche sostanziale, acquisendo le testimonianze dai singoli lavoratori. Tale elemento risulta fondamentale specialmente nel caso di lavoratori stranieri che possono avere problemi di comprensione della lingua. Una corretta gestione delle emergenze all’interno dell’azienda con l’individuazione e la formazione delle persone addette può a volte ridurre il danno. Specialmente nel caso di infortuni gravi è infatti fondamentale saper intervenire rapidamente e in modo corretto, ad esempio per fermare un’emorragia, come successo nel fatto realmente accaduto in un cantiere.  Dai Risultati dell’indagine di settore risulta che:

● Circa 1/4 dei lavoratori sottoposti al questionario non è in grado di comprendere l’informazione e la formazione erogata dall’azienda.  Sorprende soprattutto il fatto che molti lavoratori sono in Italia da molti anni e quasi tutti hanno una scolarità dichiarata che dovrebbe escludere l’analfabetismo.

Considerato che questi lavoratori non sono in grado di apprendere efficacemente l’informazione e la formazione sulla sicurezza e l’igiene del lavoro, secondo la il D. lgs. N. 81 del 9 aprile 2008 è dovere del

Datore di lavoro provvedere all’alfabetizzazione dei dipendenti in questa situazione.

L’insegnamento della lingua italiana diviene una priorità formativa di questi lavoratori e dovrà essere effettuata a cura ed a spese del datore di lavoro, in orario di lavoro tenuto conto dell’organizzazione della produzione aziendale.

 

In tal senso viene in aiuto il sistema regionale dei Centri Territoriali Permanenti.

● A conclusione della somministrazione del test del progetto “promossi in classe” i lavoratori esaminati presentano ovviamente diversi gradi di conoscenza della lingua, raggruppabili in tre fasce secondo i parametri di alfabetizzazione europea ed è la stessa situazione che si presenta agli insegnanti dei Centri Territoriali quando, a fronte della richiesta, vengono organizzati i corsi in livelli. Non dimentichiamoci che Centri Provinciali per Adulti, sono distribuiti in tutto il territorio nazionale e assolvono per loro mandato compiti di formazione degli adulti, con particolare attenzione per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri.  Altro particolare consiste nel fatto che  la sperimentazione di questo test è stata condotta con personale del Servizio Sociale e Sanitario (1 educatore professionale e 2 assistenti sanitari), ma in sostanza la definizione del test e la maggior parte delle somministrazioni in fabbrica sono state ottenute con personale esterno (una insegnante di CTP e una collaboratrice laureata Educatore Professionale, attualmente iscritta al biennio di specializzazione in Interculturalità e Cittadinanza sociale).

 

In conclusione allo studio si evince poi l’importanza del coinvolgimento del Rappresentate dei lavoratori per la sicurezza (R.L.S.), visto dal lavoratore come punto di riferimento italiano, una adeguata informazione, una validazione del test, magari su un campione di soggetti.

 

Essa può consistere somministrando le stesse domande agli stessi soggetti dopo un periodo sufficientemente lungo da poter considerare dimenticate le domande, ma non sufficiente perché il soggetto abbia cambiato la propria situazione di prima, cioè quella di aver migliorato la conoscenza della lingua italiana. Si ipotizza un periodo di circa 10/15 giorni tra la prima somministrazione del test e la seconda.

Uno studio e un’esperienza quindi molto produttiva e interessante per l’applicazione che ne scaturisce.

 

Spunti riflessivi conclusivi

Questo seminario vuole essere il primo di un lungo ciclo di incontri sul territorio italiano allo scopo di portare un modello di ‘buone prassi’ auspicabile da ogni punto di vista, considerata la delicata e fragile situazione italiana. Il Lavoratore immigrato è parte imprescindibile del mondo del lavoro, in Italia come nel resto del mondo. Fare sicurezza e fare formazione in modo innovativo e completo restano obblighi e utili presupposti per la tutela della sicurezza a 360 gradi e la salute dei lavoratori.

Il legislatore ha fornito linee generali per affrontare la formazione, ma resta a noi staff della sicurezza (datore di lavoro, preposto, RSPP, RLS, formatori e Medico Competente) l’imprescindibile compito di utilizzarli e renderli efficaci, consapevoli del fatto che le criticità rilevate devono essere motivo di ulteriore impegno e approfondimento.

 

Sara Zanettichini

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Rispondi Autore: Giuseppe Falanga - likes: 0
15/11/2018 (10:42:45)
Mi sembra un approccio di buon senso quello di rendere consapevoli e coscienti dei rischi sul lavoro i lavoratori stranieri, considerato che i costi sociali che si ripercuotono inevitabilmente su tutta la comunità...Quindi ben venga una comunicazione adeguata alla loro cultura d'origine fino a portarli all'adeguata comprensione della lingua italiana, che sarà utile anche in tutti gli ambiti della loro convivenza e permanenza.
Rispondi Autore: Massimiliano Carpene - likes: 0
15/11/2018 (15:54:15)
Non ho ancora capito se in Italia siamo alla canna del gas oppure una nazione in cui il problema economico non esiste. Dopo il business della finta accoglienza abbiamo quello della finta formazione.
Rispondi Autore: MONICA MICCOLIS - likes: 0
24/01/2020 (16:58:53)
Il rischio è che alcuni ottengano l'attestato di partecipazione, quindi siano formalmente in regola, ma non abbiano realmente appreso i contenuti. Come si può ovviare? Come attestare la comprensione della lingua? Se si coinvolge una figura aziendale che faccia da traduttore, come possiamo essere certi - non capendo noi a nostra volta la sua lingua - che stia traducendo correttamente?

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