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Il benessere psico-fisico durante la pandemia: organizzazioni e sanità

Il benessere psico-fisico durante la pandemia: organizzazioni e sanità

Autore: Stella Lazzarini

Categoria: Coronavirus-Covid19

09/06/2020

L’importanza di accompagnare le organizzazioni in questa particolare fase di cambiamento: il caso della dimensione organizzativa e psicologica della sanità. A cura di Stella Lazzarini e Antonio Pignatto.

La storia italiana della salute non permette ancor oggi di integrare facilmente il concetto di salute psico-fisica all’interno delle nostre organizzazioni; ciò nonostante, vanno comunque segnalati importanti cambiamenti culturali in corso grazie al grande impegno e al lavoro che da anni legislatori, accademici, servizi e professionisti stanno svolgendo.

 

Sicuramente un grande apporto è stato dato dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i. al cui art. 28 si richiede la valutazione del rischio stress lavoro-correlato; tale rischio affonda le sue origini nell’accordo europeo sullo stress sul lavoro dell’8 ottobre del 2004, da cui prende per l’appunto il nome. Il datore di lavoro deve quindi valutare i rischi organizzativi, affinché egli riesca a garantire salute e sicurezza a tutti i suoi lavoratori. Inoltre, la circolare del 18 novembre del 2010, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, pone in evidenza, come in caso di cambiamento organizzativo rilevante, sia necessaria la rivalutazione del rischio stress lavoro-correlato.

 

Oltre alla valutazione, del rischio stress lavoro-correlato, di particolare importanza, risultano le relative e conseguenti azioni correttive e di miglioramento poiché esse richiedono al Servizio di Prevenzione e Protezione di riflettere costantemente sulle azioni necessarie e auspicabili finalizzate a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

Infine, vanno ricordati gli innumerevoli sportelli per il supporto psicologico dei lavoratori, gli incontri informativi/formativi a favore della salute psico-fisica, la ricerca scientifica in costante aumento, i codici di condotta e il consigliere di fiducia nonché tutte le figure e i servizi voluti dalla parte datoriale a garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori.

  

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Oggi, con la riapertura delle organizzazioni post Covid-19, la rivalutazione del rischio stress lavoro-correlato non è espressamente richiesta, ma conformemente al documento tecnico Inali, Aprile 2020 sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, di cui “Organizzazione e orario di lavoro”, si è strutturato un accompagnamento al cambiamento organizzativo. La riflessione sul benessere dei lavoratori, ha infatti messo in evidenza, l’importanza di accompagnare le organizzazioni in questa particolare fase di cambiamento storico. Le tre macro aree su cui porre attenzione e analisi sono quindi: la dimensione del cambiamento, la procedura del cambiamento e la legittimità del cambiamento, poiché queste tre macro dimensioni hanno effetti sulla salute organizzativa, sugli effetti psicosociali e sulla salute del singolo lavoratore. Lo psicologo del lavoro e delle organizzazioni risulta essere la figura professionale più appropriata per effettuare tale analisi e attuare gli eventuali interventi specifici in collaborazione alle altre figure interne all’organizzazione.  

Diamo ora uno sguardo al mondo della sanità

 

Il caso della dimensione organizzativa e psicologica della sanità

Un affondo particolare merita, a nostro avviso, il caso della sanità intesa come organizzazione di fronte ad un evento pandemico di portata mai vista prima. In questo caso, infatti, abbiamo potuto notare come alcuni meccanismi di normale consuetudine come le relazioni organizzative, i sistemi di coordinamento, la circolarità dell’informazione e il rapporto di servizio con il cittadino, si siano compromessi generando stress nel personale sanitario mai rilevato prima per quantità e tipologia. La situazione che si è venuta a determinare va ricondotta a tre fenomeni particolarmente stressogeni:

  • La necessità di turni di servizio svolti con la costante dell’utilizzo di DPI impegnativi sotto il profilo del benessere
  • La fortissima limitazione comunicazionale tra personale e con i pazienti aggravata dalla assenza pressoché totale della componente non verbale in quanto celata dalla tuta protettiva e dalla mascherina
  • L’assenza, durante l’assistenza a pazienti COVID, di poter praticamente fare delle pause di ristoro durante il turno di servizio per non dover rifare la procedura di vestizione e per garantire continuità delle cure ad un volume di pazienti ingente

 

Se pensiamo alle principali reazioni allo stress e quindi: disturbi del sonno e dell’addormentamento, disturbi di concentrazione e ottundimento, pensieri intrusivi disturbanti e sintomi somatici correlati all’arousal, ci accorgiamo di aver vissuto un periodo totalmente anomalo e nuovo di esposizioni ad eventi che non hanno termini di paragone e sui quali la psicologia del benessere dovrà lavorare a lungo. In che modo la dimensione organizzativa ha risposto a questo evento peculiare? La nuova concezione di una sanità modulare articolata per intensità di cura si è rivelata vincente poiché ha conferito la necessaria flessibilità, ma i team professionali hanno patito fortemente l’assenza di procedure di disaster management tarate su eventualità cosi eccezionali. Non è bastata, infatti, la competenza esclusivamente tecnico professionale, ma un’area sulla quale la psicologia dell’organizzazione dovrà lavorare ancora molto è quella della costruzione di indicatori soggettivi e organizzativi che ci permettano in futuro di attivare immediatamente l’adozione di fattori protettivi per la psiche individuale e collettiva nella gestione di stress inusuali.

 

Se per caso lo avessimo dimenticato, un imperativo mantrico sarà sicuramente quello di spostarci da una mera logica di blando benessere psicologico ad una logica che abbia al centro l’operatore in quanto entità energetica psichica di relazione intesa come risorsa da manutenere costantemente al di là di logori punti di vista su una presunta resilienza. L’ operatore sanitario è resiliente per professione, ma dobbiamo ancora insegnare alle organizzazioni ad avere cura del benessere psicologico di chi cura in quanto parte della cura.

 

Dott.ssa Stella Lazzarini

Prof. Dott. Antonio Pignatto


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