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Come viene affrontato il rischio stress nelle piccole e medie aziende?

Come viene affrontato il rischio stress nelle piccole e medie aziende?

Un documento riporta i risultati di un’indagine sul campo svolta in otto paesi europei sullo stato dell’arte delle politiche di prevenzione ed il modo con cui viene affrontato lo stress lavoro-correlato nelle piccole e medie aziende.

Roma, 12 Mar – Se i rischi psicosociali e, in particolare, lo stress lavoro-correlato sono ormai per ogni attività lavorativa un problema importante da affrontare e prevenire, è indubbio che nelle piccole e medie aziende si riscontrino maggiori difficoltà nel contrastare questi rischi. E se in Europa sono stati messi a punto, nelle varie normative, diversi strumenti per supportare le imprese nel processo di valutazione e nell’individuazione di efficaci misure di tutela, generalmente questi strumenti hanno maggiore facilità di applicazione nelle imprese di maggiori dimensioni.

 

Per parlare oggi della gestione dei rischi psicosociali nelle piccole e medie imprese, ci soffermiamo sui risultati di un’indagine sul campo, tramite focus group, condotta in relazione al Progetto REST@Work - Reducing stress at work, un progetto che ha messo sotto la lente di ingrandimento il problema dello stress lavoro-correlato nelle piccole e medie imprese con l’obiettivo non solo di rilevare le criticità, ma anche di condividere e diffondere modelli e soluzioni adottabili.

Il progetto REST@Work - finanziato dall’Unione Europea, sviluppato in Italia dall’Unione Italiana del Lavoro ( UIL) e presente in otto paesi europei (Francia, Grecia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna, Ungheria) – è presentato e descritto nel documento “REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL).

 

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Il documento indica che l’indagine sul campo si è svolta in tutti i paesi partner tramite questionari (ne abbiamo parlato in un precedente articolo del giornale) e tramite focus group condotti a livello nazionale.

E i focus group, gruppi di discussione a tema, hanno fornito un importante “contributo qualitativo all’indagine sul campo permettendo ai soggetti interessati (associazioni dei datori di lavoro, organizzazioni sindacali), a esperti che operano a supporto dell’impresa e ad operatori istituzionali, di raccontare le loro esperienze, di parlare delle caratteristiche lavorative e delle relazioni nelle micro e piccole imprese, della necessità di adottare procedure e prassi preventive adeguate alle specificità di questa dimensione d’impresa”. L’obiettivo principale è stato quello di valutare dal punto di vista qualitativo “lo stato dell’arte delle politiche di prevenzione ed il modo con cui viene affrontato lo stress lavoro-correlato nelle PMI”, anche con riferimento all’applicazione dell’ Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004.

Queste i cinque principali aspetti principali affrontati:

1. le caratteristiche del rischio psicosociale nelle PMI;

2. le risorse e gli strumenti per affrontare il rischio psicosociale nelle PMI;

3. i problemi incontrati nell’applicazione di misure di contrasto allo stress lavoro-correlato nelle PMI;

4. le iniziative dei partecipanti mirate alle PMI;

5. stress lavoro-correlato e nuove tecnologie.

 

Ci soffermiamo in particolare su una sintesi dei risultati del focus group relativi alle caratteristiche del rischio psicosociale nelle PMI, come emerse nei vari paesi:

  • Francia: “specificità delle micro imprese: non si tratta di semplificare il messaggio, ma di precisarlo meglio per tenere conto delle peculiarità. Difficoltà nel distinguere la sfera lavorativa da quella privata. Datori di lavoro e lavoratori considerano come principali fattori di stress sul lavoro: l’organizzazione del lavoro, ritmi e carico di lavoro, la pianificazione delle mansioni, i rapporti interpersonali, ma anche la conciliazione vita lavoro e l’orario di lavoro. Azioni di violenza e atti di inciviltà si verificano in alcuni mestieri e professioni. Nelle imprese con meno di 10 dipendenti, la dimensione affettiva è molto importante, il che significa che convivendo insieme si riesce a risolvere più facilmente le difficoltà; tuttavia, la forte componente affettiva può favorire le molestie”;
  • Grecia: “ci sono molti rischi psico-sociali riconosciuti (aumento a causa della crisi e del Memorandum), ma non sono ufficialmente documentati. Anche se v’è un quadro giuridico, non è rispettato. Non ci sono azioni di monitoraggio/ controllo”;
  • Italia: “la legge italiana specifica tutti i possibili fattori di rischio legati al lavoro, compreso lo stress e la violenza sul posto di lavoro. Al fine di promuovere l’effettivo rispetto degli obblighi, le autorità nazionali e regionali hanno fornito orientamenti per stabilire un metodo comune per la valutazione del rischio. Tuttavia, la valutazione del rischio stress lavoro-correlato sembra essere rispettata da parte delle imprese ancora in modo burocratico e non efficace”;
  • Lituania: “i principali fattori di rischio psicosociale sul luogo di lavoro sono legati a: contenuto del lavoro, caratteristiche personali, collaborazione con la direzione aziendale e con i colleghi, violenza psicologica da parte dei datori di lavoro, paura di essere licenziati, sicurezza dell’ambiente di lavoro e scarse opportunità di sviluppo di carriera”;
  • Portogallo: “i partecipanti non sono d’accordo sul fatto che la normativa affronti adeguatamente lo stress lavoro-correlato”;
  • Spagna: “in generale nella PMI vi è una scarsa attenzione al ruolo dei Servizi di prevenzione, delle autorità e dell’ispezione. I rischi psicosociali sono generalmente sottovalutati. Spesso vengono attribuiti a conflitti interpersonali e non a problemi nell’organizzazione del lavoro. Anche il ruolo svolto in questo campo da parte dei Servizi di prevenzione viene valutato criticamente perché, essendo finanziati dall’impresa, non sono indipendenti e tendono a non ammettere l’esistenza del rischio per evitare l’adozione di misure che possono aumentare la spesa”;
  • Ungheria: “il quadro giuridico nazionale è abbastanza buono, le attività che comportano rischi psicosociali e i possibili fattori che comportano dei rischi psicosociali nel lavoro sono elencati e affrontati adeguatamente (Appendice 5. e 6. Decreto 33/1998 del Ministero del Welfare);
  • Romania: “sebbene l’accordo sia stato implementato, e i fattori di rischio in esso contenuti siano rispondenti alla realtà delle PMI, esso non è più in vigore a causa dell’abrogazione del livello nazionale di contrattazione collettiva”.

 

Ci soffermiamo poi sui problemi incontrati nell’applicazione di misure di contrasto dello stress lavoro-correlato nelle PMI: quali sono i principali ostacoli all’effettiva realizzazione di interventi di prevenzione e contrasto dello stress lavoro-correlato?

 

Riportiamo alcune interessanti risposte relative a Francia, Spagna, Lituania e Romania:

  • Francia: nel caso specifico delle micro-imprese “l’accesso alla formazione e all’informazione risulta più difficile per motivi di tempo oltre che di costi. Le questioni legate allo stress ed ai rischi psico-sociali non vengono trattate come prioritarie, specialmente se è minacciata la sopravvivenza dell’impresa. In determinati settori è difficile attuare azioni mirate allo stress perché è talvolta difficile distinguere tra salute, sicurezza, condizioni di lavoro e ‘sicurezza’ di beni o valori. Inoltre, nel progettare interventi di prevenzione nelle PMI, va tenuto conto che in caso d’infortunio, in una piccola struttura, l’impatto emotivo è fortissimo, tanto da rimettere in gioco tutto ciò che è stato realizzato in materia di prevenzione ed ogni ulteriore azione di prevenzione in particolare per i rischi psicosociali. Un infortunio grave in una micro-impresa avviene molto raramente, ma è difficilissimo da accettare”;
  • Lituania: “la fonte più pericolosa per questo problema è l’atteggiamento dei datori di lavoro. Essi possono ‘esaltare’ se stessi e sottovalutare il ruolo dei propri dipendenti. Nelle piccole aziende è il datore di lavoro che crea l’ambiente di lavoro, ed il suo atteggiamento può indurre paura a discutere di stress lavoro-correlato. D’altra parte, i dipendenti potrebbero essere troppo riluttanti ad affrontare l’argomento in quanto potrebbero pensare che non c’è alcun spazio per il cambiamento”;
  • Spagna: “le possibilità di modificare le condizioni di lavoro, le mansioni e l’orario di lavoro sono di solito piuttosto limitate. Esiste una forte resistenza da parte del datore di lavoro ad adottare provvedimenti individuali nei confronti di un singolo lavoratore e, a volte, vi è resistenza anche da parte del resto dei lavoratori che considerano le misure adottate nei confronti di un singolo come un privilegio ingiustificato”;
  • Romania: i principali ostacoli sono “legati direttamente alla realtà aziendale. Le PMI spesso hanno difficoltà ad organizzare e suddividere adeguatamente il lavoro, anche a causa di una debole cultura manageriale. A ciò si aggiunge una certa mancanza di attenzione da parte datoriale sul tema in oggetto”.

 

Concludiamo questo excursus, sui risultati del focus group sul tema del rischio stress lavoro correlato nelle piccole e medie aziende europee, soffermandoci su come le cose si stanno evolvendo in relazione alle nuove tecnologie.

 

Riprendiamo i risultati relativi a Italia, Spagna e Romania:

  • Italia: “lo Smart-work e l’Industry 4.0 influiscono in misura maggiore nelle grandi imprese rispetto alle PMI”. Tuttavia “la riduzione complessiva della domanda di lavoro rappresenta un rischio significativo di riduzione dell’occupazione. Ovviamente ciò comporta la paura di perdere il lavoro, in particolare tra i lavoratori più anziani. I cambiamenti in atto vanno anche nella direzione d’incentivare il lavoro ‘just in time’, che potrebbe comportare un aumento dello stress a causa dell’instabilità del lavoro e del peggioramento della qualità dell’organizzazione del lavoro. Per quanto riguarda lo smart work, il confine tra la vita privata ed il lavoro potrebbe diventare labile a causa della possibilità di lavorare da casa e, soprattutto, per il dover essere sempre a disposizione”. E lavorare in filiere globali “può implicare stress a causa del lavoro notturno, a seconda del fuso orario effettivo di colleghi/clienti”;
  • Spagna: “la normativa spagnola non ha disposizioni specifiche al riguardo. É necessaria una legislazione reale ed in linea con il livello delle PMI, valutando il livello di rischio al quale sono esposti i lavoratori in modo da pianificare e mettere in atto una serie di misure preventive per adottare il Diritto di Disconnessione, regolando il tempo di collegamento e l’utilizzo della posta elettronica. È condivisa l’idea che le nuove tecnologie rappresentino un grave problema e possano contribuire ai rischi psicosociali, ma non esistono al momento strumenti per affrontare il problema dal punto di vista del lavoro”;
  • Romania: “per quanto riguarda le nuove tecnologie, i partecipanti hanno evidenziato un rischio di isolamento del lavoratore, sebbene non ci sia ancora una diffusa consapevolezza dei nuovi rischi legati a fenomeni come il telelavoro”.

 

 

REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL), pubblicazione realizzata all’interno del progetto REST@Work - REducing STress at Work co-financed by the European Union under the Programme Social Dialogue – DG EMPL (formato PDF, 3,77 MB).

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sullo stress e sui rischi psicosociali nei luoghi di lavoro

 

 

 

Tiziano Menduto



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