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Prevenire la formazione di atmosfere esplosive: inertizzazione e monitoraggio

Prevenire la formazione di atmosfere esplosive: inertizzazione e monitoraggio
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio esplosione, Atex

31/08/2021

Un quaderno tecnico dell’ATS Milano sulle misure per prevenire la formazione di atmosfere esplosive si sofferma sull’inertizzazione e sull’affidabilità del sistema di monitoraggio e controllo. I metodi di inertizzazione.


Milano, 31 Ago – Come ricordato in vari altri articoli che si soffermano sulla prevenzione e la valutazione delle atmosfere esplosive, il Titolo XI del D.Lgs. 81/2008 “disciplina i provvedimenti da adottare per la protezione dei lavoratori contro i rischi da atmosfere esplosive, ovvero ‘miscele con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta’”. Un obbligo correlato al recepimento della direttiva UE 1999/92/CE (recepita con il D.Lgs. 12 giugno 2003 n. 233).

 

Inoltre in tema di atmosfere esplosive, “la costruzione, l’immissione sul mercato e la messa in servizio di prodotti destinati all’uso in aree a rischio di esplosione è assoggettata alla direttiva europea (di prodotto) 2014/34/UE (DLgs 19.05.2016 n. 85), la quale ha sostituito la direttiva 1994/9/CE3 (DPR 23.03.1998 n. 126) dal 20.04.2016”.

 

A ricordare con queste parole le direttive “ATEX e a segnalare che “tra le misure di prevenzione dell’esplosione che il datore di lavoro può adottare vi è l’inertizzazione”, è un quaderno tecnico pubblicato dall’ ATS della Città Metropolitana di Milano e dal titolo “Inertizzazione - affidabilità del sistema di monitoraggio e controllo - Esempio”.

 

 

Il documento, a cura del dott. Mauro Baldissin (Tecnico della Prevenzione), ricorda che l’inertizzazione “consiste nella sostituzione parziale o totale dell’ossigeno (comburente) contenuto nell’aria presente nel sistema da proteggere contro l’esplosione con un gas inerte, fino a ridurne il contenuto al disotto di una data concentrazione alla quale l’esplosione non si può verificare”. E la tecnica dell’inertizzazione è una “valida misura di prevenzione contro la formazione di atmosfere esplosive ma richiede un’attenta realizzazione del sistema che ne monitora e controlla l’efficacia”.

 

Il quaderno tecnico vuole “evidenziare l’importanza, in termini di sicurezza, di tale sistema di monitoraggio e controllo, attraverso un esempio di analisi e valutazione dei rischi proposto ai datori di lavoro di piccole e medie imprese che utilizzano o intendono utilizzare la tecnica dell’inertizzazione”. Inoltre sono fornite “informazioni in merito ai pericoli intrinseci all’ utilizzo dell’azoto”.

 

Chiaramente le considerazioni svolte, “frutto di esperienze in attività di vigilanza inerenti la legislazione in materia di protezione da atmosfere esplosive e di sintesi della letteratura tecnica reperita”, rivestono “carattere generale e non cogente. Le indicazioni fornite costituiscono una possibile interpretazione delle norme tecniche e prassi applicabili, alle quali occorre comunque riferirsi”.

 

Nell’articolo di presentazione ci soffermiamo sui seguenti argomenti:


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Le cause di accensione e i metodi di inertizzazione

Riguardo al’inertizzazione il documento ricorda che affinché un gas o vapore infiammabile (“gas o vapore che, se miscelato con l'aria in determinate proporzioni, origina un'atmosfera esplosiva per la presenza di gas”) oppure una polvere combustibile (“Polvere, fibre o particelle in sospensione che possono bruciare o divenire incandescenti nell'aria e potrebbero dare origine a miscele esplosive con l'aria alla pressione atmosferica e alle temperature normali”) in miscela con l’aria dia luogo a un’esplosione, “occorre che si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • la sostanza infiammabile si trovi entro i limiti (campo) d’infiammabilità” (“limiti di concentrazione in aria di sostanza infiammabile entro i quali la miscela può formare un’ atmosfera esplosiva”);
  • “sia presente una qualunque sorgente di accensione efficace (es. di origine meccanica, elettrica, elettrostatica)”.

A questo proposito si ricorda che “l’energia di accensione di gran parte dei gas e vapori infiammabili è molto bassa, nell’ordine di 0,2 mJ, mentre nelle polveri oscilla (in funzione del materiale e della granulometria) tra 1 mJ e 10.000 mJ”.

 

È dunque chiaro come, “in particolare in presenza di gas o vapori infiammabili, sia molto difficile escludere ogni possibile causa di accensione aprioristicamente ma si debba agire sul primo dei due elementi; occorre cioè assicurarsi che la sostanza infiammabile non si trovi mai miscelata in aria entro i limiti d’infiammabilità”. E la presenza di gas inerti (N2, CO2, ecc.) “abbassa notevolmente il limite superiore di infiammabilità della sostanza (UFL), senza far variare sensibilmente quello inferiore (LFL). In tal modo il campo di infiammabilità si restringe sempre più; continuando nell'aggiunta dell’inerte fino a che i due limiti praticamente coincidono si determina la ‘penisola d’infiammabilità’, entro la quale tutti i punti corrispondono a miscele infiammabili; al di fuori, tutti i punti corrispondono a miscele non infiammabili”.  

 

Ricordando che il quaderno tecnico riporta molte altre informazioni e diagrammi relativi all’infiammabilità, ci soffermiamo sui metodi di inertizzazione:

  • inertizzazione in pressione (pressure swing inerting): “il sistema chiuso deve essere in grado di resistere a sovrapressioni. Il metodo consiste in una serie di cicli di pressurizzazione con gas inerte e sfiato atmosferico, fino a raggiungere il valore di concentrazione di ossigeno previsto. Dischi di rottura o valvole di sicurezza devono essere compatibili con la pressione da creare”.
  • inertizzazione sottovuoto (vacuum swing inerting): il sistema chiuso deve essere in grado di resistere a variazioni di pressioni negative rispetto alla pressione atmosferica. Il metodo consiste in una serie di cicli di vuoto e nel successivo ripristino della pressione atmosferica con gas inerte, fino a raggiungere il valore di concentrazione di ossigeno previsto. Dischi di rottura o valvole di sicurezza devono essere compatibili con la pressione negativa da creare.
  • inertizzazione con flussaggio (flow through inerting): è adatto ai sistemi chiusi non in grado di resistere alla sovrapressione o al vuoto oppure per tubazioni e contenitori con forma allungata. Il metodo consiste nel flussaggio continuo con gas inerte all’interno del sistema da inertizzare con scarico in atmosfera ed è valido nell’ipotesi di una perfetta miscelazione del gas inerte con l’aria”.

 

Inertizzazione: il sistema di monitoraggio e controllo

Il quaderno tecnico si sofferma poi sul sistema di monitoraggio e controllo che è “indispensabile per stabilire e mantenere le condizioni di sicurezza conseguibili con l’inertizzazione”. E dunque l’affidabilità di tale sistema è “elemento essenziale nella prevenzione della formazione di atmosfere esplosive”.

 

Si segnala che il “monitoraggio può avvenire secondo le due seguenti principali tipologie di misurazione:

  1. misurazione continua della concentrazione di ossigeno;
  2. metodi indiretti.

 

In particolare la misurazione continua della concentrazione di ossigeno nel sistema inertizzato “comporta:

  • il campionamento del gas mediante sensori in uno o più punti rappresentativi;
  • il monitoraggio dell’efficienza dei sensori a contatto con il fluido di processo (questi tendono infatti a sporcarsi con la conseguente riduzione sia dell’efficienza sia della vita utile);
  • l’attuazione di un programma di manutenzione e calibrazione periodica dei sensori, da assicurare anche in condizioni di ciclo continuo del processo”.

Inoltre i vantaggi di questo metodo “sono:

  • misura diretta dei parametri di sicurezza del processo;
  • minimizzazione del consumo di gas inerte;
  • rapida individuazione di eventuali perdite e anomalie;
  • mentre gli svantaggi sono:
  • livello di affidabilità dei sensori che potrebbe essere inadeguato e necessitare quindi di misure di sicurezza addizionali (tipicamente: controllo continuo sia della pressione sia del flusso di gas inerte);
  • contaminazione dei sensori con il fluido di processo”.

 

Il secondo metodo – continua il quaderno tecnico – “prevede la misura dei parametri:

  • di pressione/vuoto e del numero di cicli di lavaggio per il metodo di inertizzazione in pressione e sottovuoto;
  • del flusso di gas inerte e del tempo di lavaggio per il metodo di inertizzazione con flussaggio”.

 

Si ricorda, infine, che nell’utilizzo di metodi indiretti “è indispensabile procedere alla misura diretta della concentrazione di ossigeno nel sistema inertizzato, sia inizialmente, per confermare l’esattezza dei calcoli con i quali sono stati definiti i parametri di inertizzazione, sia periodicamente, per rivelare eventuali anomalie”.

 

L’indice del documento

Riprendiamo, in conclusione, l’indice del quaderno tecnico dell’ATS della Città Metropolitana di Milano “Inertizzazione - affidabilità del sistema di monitoraggio e controllo - Esempio”:

 

1. PREMESSA

 

2. INERTIZZAZIONE

2.1 METODI DI INERTIZZAZIONE

2.1.1 Inertizzazione in pressione (pressure swing inerting) 

2.1.2 Inertizzazione sottovuoto (vacuum swing inerting)

2.1.3 Inertizzazione con flussaggio (flow through inerting)

2.2 SISTEMA DI MONITORAGGIO E CONTROLLO

2.2.1 Margini di sicurezza

 

3. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ESPLOSIONE

3.1 GENERALITÀ SUI DISPOSITIVI DI SICUREZZA UTILIZZATI PER LA PROTEZIONE DI IMPIANTI INDUSTRIALI

3.2 CRITERIO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO

 

4. ESEMPIO

4.1 DATI DI INGRESSO

4.2 PRIME CONSIDERAZIONI

4.3 VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ESPLOSIONE ALLO STATO DI FATTO

4.4 INERTIZZAZIONE DELLA MACCHINA

4.4.1 Cicli di vuoto 4.4.2 Aggiunta delle polveri

4.5 REALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO E CONTROLLO

4.5.1 Eliminazione delle scariche elettrostatiche che possono essere presenti nel normale esercizio [CEI CLC/TR 60079-32-1]

4.5.2 Valutazione del livello di integrità della sicurezza

4.5.2.1 Lavaggio iniziale - Ipotesi 1

4.5.2.2 Lavaggio iniziale - Ipotesi 2

4.5.2.3 Esercizio - Ipotesi 1

4.5.2.4 Esercizio - Ipotesi 2

4.5.2.5 Esercizio - Ipotesi 3

4.5.2.6 Esercizio - Ipotesi 4

4.6 ANALISI E VALUTAZIONE DELLE SORGENTI DI ACCENSIONE

4.6.1 Analisi dei requisiti essenziali di sicurezza generali

4.6.2 Analisi delle sorgenti di accensione interne (I) ed esterne (E) della macchina

4.6.3 Valutazione delle sorgenti di accensione

4.7 VALUTAZIONE FINALE DEL RISCHIO DI ESPLOSIONE

 

5. RISCHI CONNESSI ALL’UTILIZZO DELL’AZOTO - CENNI

5.1 ESEMPIO DI CALCOLO

 

ALLEGATO A PIANIFICAZIONE DELLE MISURE TECNICHE ED ORGANIZZATIVE

ALLEGATO B ESEMPIO DI PERMESSO DI LAVORO PER LAVORI A CALDO

ALLEGATO C BIBLIOGRAFIA    

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

ATS della Città Metropolitana di Milano, “Inertizzazione - affidabilità del sistema di monitoraggio e controllo - Esempio”, quaderno tecnico relativo alle “Misure per prevenire la formazione di atmosfere esplosive”, a cura del dott. Mauro Baldissin (Tecnico della Prevenzione) e con la responsabilità scientifica del dott. ing. Massimo Rho, Atex, Attività 222 – Verifiche attrezzature di lavoro e impianti, A222-MS005 rev00 del 02/05/2018.

 

 

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