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Rischio microclimatico: strategie per valutare l’ambiente di lavoro

Rischio microclimatico: strategie per valutare l’ambiente di lavoro
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischi fisici

05/08/2015

Indicazioni sul microclima con riferimento agli ambienti moderati, ambienti caldi e ambienti freddi. La valutazione globale dell’ambiente microclimatico e le strategie di misura. Quando la temperatura supera i 30° all’ombra.

Roma, 5 Ago – Nei mesi estivi negli uffici, nei luoghi di lavoro esposti alla canicola dei mesi stagionali più caldi, si parla spesso di benessere o malessere microclimatico. Dove il  microclima è inteso come il complesso dei parametri fisici (temperatura, aerazione, umidità, ...) che caratterizzano l’ambiente di lavoro e che assieme ad altri parametri individuali (ad esempio attività metabolica e abbigliamento indossato) determinano gli scambi termici tra l’ambiente e i lavoratori che vi operano. Ogni lavoratore, ogni organismo si può definire come un sistema termico interessato da flussi di energia entrante ed uscente: e si è in equilibrio termico quando l'energia termica generata all'interno del corpo è uguale all'energia termica dispersa nell'ambiente.
 
Per parlare di microclima, con particolare riferimento alla valutazione e agli ambienti moderati e caldi, facciamo riferimento ad un intervento che si è tenuto al seminario tecnico dal titolo “Criteri e strumenti per l’individuazione e l’analisi dei rischi. Rumore, vibrazioni e microclima”, organizzato dall’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma - in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre - il 22 Maggio 2015 a Roma. Un seminario che ha voluto fornire strumenti utili alla valutazione dei rischi per i lavoratori con riferimento alle problematiche del rumore e delle vibrazioni nonché del microclima.
 
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Nell’intervento “Microclima”, a cura dell’Ing. Maurizio Tancioni, si ricorda innanzitutto quanto riportato sul microclima nell’Allegato IV del D.Lgs. 81/2008. Allegato che tuttavia non fornisce i valori limite per i parametri microclimatici. Per questi è bene fare riferimento a linee guida, buone prassi e agli standard prodotti dagli enti di normazione.
 
In particolare la normativa tecnica propone una “metodologia per la valutazione del confort microclimatico basata su quantità dette indicatori (o indici) sintetici di qualità (o di rischio), che condensano in un numero minimo di valori numerici tutta l’informazione necessaria alla formulazione di un giudizio di accettabilità o inaccettabilità di un ambiente termico”. E gli
ambienti termici vengono poi convenzionalmente distinti in:      ambienti moderati,   ambienti caldi e ambienti freddi.
E la valutazione di questi ambienti viene “realizzata con riferimento al livello di benessere termico provato dagli occupanti. Il benessere (o comfort) termico è definito come ‘quella condizione mentale in cui viene espressa soddisfazione per l’ambiente termico’”.
 
Il documento agli atti, relativo all’intervento, che vi invitiamo a visionare integralmente, riporta un elenco di norme tecniche utilizzate per gli ambienti moderati, caldi freddi e per tutti i tipi di ambiente.
 
Veniamo ad alcune definizioni relative ai rischi microclimatici:
- benessere termico: “condizione microclimatica in cui la persona non è costretta ad attivare meccanismi di termoregolazione e non percepisce né sensazione di caldo né di freddo (condizione di soddisfazione della situazione termica)”;
- discomfort termico: “condizione microclimatica che da luogo alla sensazione di caldo o di freddo (richiede l‘intervento di meccanismi di termoregolazione)”;
- stress termico: “condizione microclimatica nella quale l’organismo non riesce più a mantenere costante la T interna; può causare effetti negativi per la salute (colpo di calore, congelamento, assideramento)”.
 
L’intervento si sofferma poi sul bilancio energetico del corpo umano e sui parametri degli ambienti termici moderati.
 
Riguardo agli ambienti moderati nel caso della valutazione gli indici utilizzati sono il PMV e il PPD (UNI EN ISO 7730:2006):
- PMV: “livello di gradimento del soggetto rispetto all’ambiente (valore medio su un campione)”;  
- CT:“carico termico (differenza tra la potenza termica ceduta da un individuo all’ambiente e quella scambiata dallo stesso in condizioni omeoterme)”;
- PPD: “percentuale dei lavoratori che, nelle condizioni rilevate, si dichiarano insoddisfatti rispetto all’ambiente esaminato”.
 
Il PMV e il PPD rappresentano una “valutazione globale dell’ambiente microclimatico. Tuttavia si possono verificare delle situazioni di discomfort localizzato che vanno riferite a porzioni specifiche del corpo umano. Per una valutazione più dettagliata del benessere sarà pertanto opportuno determinare ulteriori indici di benessere legati alla presenza di: correnti d’aria; gradienti verticali di temperatura; pavimenti con temperatura eccessivamente alta o bassa; asimmetria radiante.
 
Per una valutazione relativa agli ambienti moderati, dopo aver presentato i vari strumenti di misura, viene presentata una strategia di misura dei parametri fisici.
Ne riprendiamo alcuni aspetti:
- Punto1: “effettuare un sopralluogo al fine di individuare i parametri che possono avere influenza sul comfort degli occupanti. Pertanto è necessario verificare: esposizione degli ambienti rispetto al sole; eventuale presenza di sorgenti radianti (stufe, fonti di riscaldamento localizzato ecc.); tipologia dell’attività lavorativa effettivamente svolta; tipologia degli impianti di termoventilazione e loro stato di manutenzione; presenza di eventuali disomogeneità temporali che possano influire sulle condizioni microclimatiche (diverso utilizzo degli impianti nei giorni della settimana, peculiarità stagionali ecc.)”
- Punto 2: “prima di effettuare ogni singola misura è necessario attendere un periodo di tempo adeguato, onde tenere conto del tempo di risposta del globotermometro”;
- Punto 3: “impostare la frequenza di registrazione del dato rilevato dalle singole sonde in base al tipo di ambiente oggetto del monitoraggio, secondo il Manuale d’uso della stazione microclimatica”;
- Punto 4: posizionamento della centralina. “La scelta della postazione in cui effettuare i rilievi microclimatici deve essere effettuata in base all’osservazione dell’ambiente di lavoro e alle postazioni occupate dai lavoratori”. Vediamo alcuni criteri generali:
1. “ambiente piccolo e uniforme: effettuare un solo rilievo al centro del locale;
2. fonti di calore o di basse temperature localizzate: effettuare un rilievo a centro ambiente ed uno nei pressi della fonte di calore, tenendo nota se si tratta di una postazione occupata stabilmente o saltuariamente dai lavoratori;
3. correnti d’aria o fonti di turbolenza dell’aria: effettuare un campionamento in prossimità del punto di ingresso della turbolenza nell’ambiente di lavoro, uno in una postazione che non risente di tale corrente d’aria, ed uno a centro-ambiente;  
4. presenza di un sistema di condizionamento dell’aria: effettuare un rilievo a centro-ambiente, uno in prossimità delle bocchette di mandata dell’aria”;
- Punto 5: “la durata delle misurazioni deve essere tale che i valori ricavati abbiamo una significatività dal punto di vista statistico e siano quindi rappresentativi delle condizioni dell’ambiente monitorato. Bisogna inoltre tenere conto della variabilità giornaliera e stagionale delle condizioni microclimatiche; in prima approssimazione è consigliabile verificare le condizioni estreme (estate e inverno)”.
 
Per concludere diamo qualche informazione sul microclima negli ambienti severi caldi, ambienti nei quali è richiesto un notevole intervento del sistema di termoregolazione umano per diminuire il potenziale accumulo di calore nel corpo.
 
Il relatore ricorda che “quando nelle attività lavorative si prevede caldo intenso occorre innanzitutto verificare le previsioni e le condizioni meteorologiche. Devono sempre essere considerate a rischio quelle giornate in cui si prevede che la temperatura all’ombra superi i 30° e/o l’umidità relativa sia superiore al 70%”.
 
Questi alcuni indici di valutazione:
- WBGT – “Norma UNI EN 27243 - ISO 7243 (temperatura del bulbo umido e del lobotermometro);
- PHS – Norma UNI EN ISO 7933:2005 (stress da calore previsto)”.
 
Concludiamo segnalando che il PHS “consente di valutare il rischio da stress calorico in modo dettagliato ed affidabile tenendo conto del ruolo importante, in ambienti severi caldi, della sudorazione” e che la “valutazione dell’accettabilità o inaccettabilità dell’ambiente termico” in esame viene effettuata confrontando alcuni indici sintetici con i rispettivi “valori limite”.
Nel documento sono presenti diverse tabelle esplicative relative ai diversi valori e sono riportate anche alcune misure di prevenzione (isolamento termico, installazione impianti, segregazione ambienti severi caldi, coibentazione, riduzione remissività, schermature sorgenti, sistemi di aspirazione aria, cabine climatizzate, rotazione degli operatori, abbigliamento idoneo, ...).
 
 
 
Microclima”, a cura dell’Ing. Maurizio Tancioni, intervento al seminario “Criteri e strumenti per l’individuazione e l’analisi dei rischi. Rumore, vibrazioni e microclima” (formato PPT, 7.96 MB).
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 
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Rispondi Autore: Giovanni D'Amico - likes: 0
05/08/2015 (21:51:50)
Molto interessante. Grazie! Per caso qualche riferimento utile al microclima in spazi confinati?
Rispondi Autore: Alberto Breschi - likes: 0
31/08/2015 (08:22:49)
Non si trovano spesso studi sul microclima, molto interessante.
Anch'io sarei interessato al microclima in spazi confinati o comunque in ambienti di ridotte dimensioni con possibilità di lavoro saltuario. Grazie

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