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I sopralluoghi nell’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro

I sopralluoghi nell’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Vigilanza e controllo

09/11/2020

Un intervento si sofferma sul sopralluogo come strumento dell’azione pubblica di prevenzione. Come si è evoluta nel tempo l’attività di verifica e prevenzione, come fare un sopralluogo e come integrarlo in una visione d’intervento organica.

 

Bologna, 9 Nov – A metà degli anni ’80 del XX secolo “un esperto ispettore del lavoro transitato alla USSL (un chimico), insegnando come impostare un intervento in fabbrica, raccomandava, tra le altre cose, questa: “Quando inizi il sopralluogo, non partire dal davanti dello stabilimento, ma dal retro: ti accorgerai se quello che ti fanno vedere è solo facciata o anche sostanza. Una fabbrica davvero ‘bella’ lo è anche nel reparto più distante dalla facciata”.

 

A riportare questa testimonianza e a parlare, in particolare, del sopralluogo come strumento dell’azione pubblica di prevenzione è un intervento al workshop nazionale “ La prevenzione del futuro tra conoscenza e partecipazione” che, organizzato dalla Società Nazionale Operatori della Prevenzione – SNOP, si è tenuto a Bologna l’11 e 12 aprile 2019.

L’intervento, con particolare riferimento al ruolo degli operatori del sistema pubblico di prevenzione, si sofferma su cosa significa oggi “fare un sopralluogo”, “fare un’inchiesta per infortunio/malattia professionale”, “fare un’iniziativa di educazione alla salute nelle scuole”, “conoscere, informare e comunicare per prevenire”, …

 

Questi i punti trattati nell’articolo:


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L’evoluzione nel tempo dell’attività di verifica e prevenzione

L’intervento “Il quotidiano nell’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro”, a cura di Roberto Calisti (SNOP), ricorda che a metà degli anni ‘80 del secolo scorso “il contesto prioritario era indiscutibilmente quello della fabbrica, affiancato da quello del cantiere edile di edificazione (assunto come, intrinsecamente, di gran lunga più problematico di quello del cantiere edile di manutenzione)”. E di fronte ai rischi di allora, la maggioranza degli operatori pubblici della prevenzione avrebbe giudicato improprio l’impegnarsi su comparti quali la grande distribuzione commerciale e velleitario (date le risorse disponibili) il volersi occupare di sicurezza e salute in imprese con 3 o 4 lavoratori, di ‘rischio relazionale’, addirittura di infortuni stradali”.

 

In particolare gli scenari di maggior pericolo avevano in effetti a che fare con:

  • “macchine con organi in movimento visibilmente non protetti
  • carichi molto pesanti da spostare a mano
  • movimenti monotoni indefinitamente ripetuti in linea di montaggio, con ritmi elevati e pause insufficienti
  • polveri, fumi, vapori, nebbie poco o per nulla aspirati
  • rischi di incendio ed esplosione sottovalutati e/o gestiti in modo approssimativo
  • mancanza di protezioni fisiche contro le cadute dall’alto”.

E in questi contesti il sopralluogo “era uno strumento-principe dell’azione pubblica di prevenzione: rigorosamente ‘a sorpresa’, perché l’idea era di dovere e potere così cogliere al volo, senza alterazioni, ‘la realtà vera’ del lavoro in una data azienda”. Il modello di valutazione preminente “assumeva che il rischio si annidasse in massima parte in qualcosa di ‘materialmente pericoloso’ e/o ‘oggettivamente sbagliato’”.

 

Si indica poi che negli anni successivi parte degli operatori del sistema pubblico di prevenzione “si è sentita di impegnarsi anche in ambiti come: educazione alla sicurezza e alla salute, informazione, formazione e assistenza (anche verso insegnanti e allievi di scuole), alimentazione ed utilizzo di sistemi informativi, epidemiologia occupazionale … insomma di ampliare il proprio orizzonte, lavorare in rete, comunicare, promuovere la sicurezza e la salute anche in contesti e modi non tradizionali, senza piantare steccati tra le problematiche del ‘dentro’ e del ‘fuori’ degli ambienti di lavoro”.

 

Tuttavia a questa fase espansiva è seguita una fase regressiva “sulla quale hanno inciso perdita di interesse delle istituzioni, diminuzione e invecchiamento degli organici del Servizio Pubblico (il ricambio generazionale è insufficiente), pressioni dall’alto per ‘fare i numeri’ delle varie attività. Spesso si sono persi di vista qualità, efficacia ed eticità del lavoro dei Servizi, con grave sacrificio del principio di precauzione”. E – continua il relatore – “può essere forte la tentazione rinunciataria di abbandonarsi al fare solo quel che è obbligatorio e a seguire (pur legittime e dignitose) correnti corporativistiche che attraversano tutte le professioni del mondo della prevenzione”.

Nelle slide dell’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si parla anche dell’impatto, sul lavoro degli operatori, del ruolo di ufficiali di Polizia Giudiziaria ex art. 21 Legge 833/78.

 

I sopralluoghi sui luoghi di lavoro possono essere sostituiti?

Partendo da quanto riportato sopra l’intervento prova a “recuperare una prospettiva positiva, magari partendo dall’oggetto totemico ‘sopralluogo’”.

 

Si indica che “il modello basico ‘un primo sopralluogo, un atto imperativo (prescrizione o disposizione), una rivisita’ di fronte a problemi semplici può sempre funzionare, spesso è però frustrante: spesso si percepisce che quell’approccio non sta lasciando dietro di sé un risultato tangibile, strutturale, duraturo”.

Inoltre alcune programmazioni regionali tendono a “rendere il sopralluogo un oggetto poco rilevante, perfino sostituibile: per cui sembrerebbe, tra l’altro, che si possano ‘controllare’ gli ambienti di lavoro (così computandoli al numeratore degli indicatori di attività) anche senza andare mai negli ambienti di lavoro: cioè ‘sopra il luogo’.

 

Il sopralluogo integrato in una visione d’intervento organica

Per provare a disegnare scenari differenti “che non fanno a meno del sopralluogo, ma lo integrano in una visione d’intervento organica”, la relazione presenta cinque diverse proposizioni.

 

Nella proposizione a) si indica che “salvi i casi di emergenza, un sopralluogo va preparato:

  • rendendolo parte di una programmazione mirata all’efficacia (il sopralluogo, come la prescrizione e la disposizione, è uno degli elementi costitutivi di un intervento che può essere anche molto lungo e complesso);
  • attrezzandosi ad hoc all’interno dei Servizi Pubblici di prevenzione (ad esempio, studiando il tipo di realtà produttiva in cui si andrà ad entrare, anche tramite un’analisi dei flussi informativi);
  • interloquendo preventivamente con i vari portatori di interesse”.

 

Nella proposizione b) si segnala che “si potrà obiettare che, con un sopralluogo troppo preparato e troppo comunicato, va a farsi benedire il ‘fattore sorpresa’: ma questo fattore è davvero decisivo solo in casi definiti in cui si debba cogliere qualcosa che potrebbe essere celato o anche solo alterato in brevissimo tempo: ad esempio un’ operazione manutentiva o di pulizia particolarmente pericolosa”.

 

La proposizione c) sottolinea che “è importante il modo (lo stile) con cui il Servizio Pubblico si presenta per la prima volta a un’azienda, ai suoi lavoratori, ad altri soggetti aziendali che interverranno man mano. Come si spiega ‘chi si è’? Con chi si chiede di parlare? Quale tono si usa? Come prima cosa, si chiede di essere accompagnati direttamente nei luoghi lavoro o ci si accomoda in una stanzetta di riunione in attesa che vengano esibiti documenti di valutazione del rischio, schede di sicurezza, protocolli sanitari etc.”?.

 

Inoltre - proposizione d) – “è importante il modo (lo stile) con cui il Servizio Pubblico conduce la prima visita degli ambienti di lavoro (o si fa condurre durante la medesima). Se non si conosce bene una tipologia di ambiente di lavorativo e/ o una specifica azienda, sarà inevitabile seguire un accompagnatore: ma ciò non obbliga a rimanere spettatori passivi e meri raccoglitori di carte aziendali”. E non è inutile “fare attenzione a segnali sommessi, ad esempio quando i lavoratori vogliano far capire che ad essi piacerebbe essere ascoltati, ma ‘non qui’ e ‘non ora’”.

 

Infine nella proposizione e) si indica che la fine di un primo sopralluogo “è importante quanto il suo inizio. Un modo standardizzabile, rapido e indolore per concludere è mettere crocette su un prestampato a indicare i documenti di cui si vuole che l’azienda produca copia entro una data scadenza … e salutare”. Ma si può fare “anche tanto altro: predisporre campionamenti e misure di igiene industriale, organizzare incontri con lavoratori e soggetti aziendali (medici compresi), coinvolgersi nell’elaborazione di procedure e istruzioni operative aziendali, e così via”.

 

Concludiamo segnalando che l’intervento si sofferma poi anche sulle parole «nuove» nel nuovo secolo (sistema informativo, pianificazione, allocazione delle risorse, verifica dei risultati, ...) e su come gli operatori come vivono queste novità. E riporta ulteriori indicazioni su:

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Il quotidiano nell’attività di prevenzione negli ambienti di lavoro”, a cura di Roberto Calisti (SNOP), intervento al workshop nazionale “La prevenzione del futuro tra conoscenza e partecipazione” (formato PDF, 1.08 MB).

 


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