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Rischio da sovraccarico biomeccanico e rischio psicosociale in Sanità

Rischio da sovraccarico biomeccanico e rischio psicosociale in Sanità
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sanità e servizi sociali

23/11/2015

Quali sono i vari modi di prevenire i disturbi da movimentazione manuale di carichi? Come gestire lo stress lavoro correlato delle lavoratrici del comparto Sanità?

 
 
Pubblichiamo un estratto dell’intervento di Domenico Della Porta, Docente di Medicina del Lavoro Università di Salerno, presentato al convegno ANMIL “Prendersi cura di chi ci cura: la prevenzione e la gestione dei rischi in sanità”, che affronta il  quadro medico del rischio da sovraccarico biomeccanico e rischio psicosociale in Sanità.
 

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Rischio da sovraccarico biomeccanico e rischio psicosociale in Sanità
La posizione da lavoro è caratterizzata dal mantenimento di un atteggiamento armonico tra parti del corpo che devono mantenere un determinato equilibrio e parti del corpo che effettuano movimenti richiesti per realizzare una specifica attività lavorativa. 
La necessità di assumere e mantenere una determinata posizione influisce su: muscoli e tendini, apparato osteoarticolare, apparato circolatorio: venoso arterioso e distrettuale e organi endotoracici ed endoaddominali.
 
I fattori che favoriscono le malattie da posizione di lavoro ( postura) sono principalmente legati:
-All’età: i lavoratori più giovani sono i più esposti;
-Al sesso: le donne sopportano meno bene le posizioni scomode;
-Alla costituzione: le donne longilinee sono le più vulnerabili;
-All’ambiente: le condizioni microclimatiche con carattere di umidità o caldo eccessivo sono certamente favorenti;
-Agli elementi da spostare: sollevare un essere umano senza ausili richiede sforzi muscolari con posture incongrue.
 
Le posture fondamentali che vengono assunte in un ambiente ospedaliero o in luoghi di ricovero e cura sono cinque; ma se si tiene conto delle sfumature esistenti per ognuna e degli accoppiamenti parziali che si possono avere tra loro, certamente diventano tantissime:
-Posizione eretta: a terra, verticale asimmetrica, lateralizzata, asimmetrica, iperestesa;
-Posizione seduta: su sgabello basso o alto rispetto alla seduta fisiologica, verticale, anteriore, posteriore;
-Posizione accoccolata;
-Posizione inginocchiata: unilaterale, bilaterale eretta, naticale;
-Posizione di Millet (abbassata).
 
La patologia più evidente, nel complesso, che si registra tra le lavoratrici del comparto sanità, è quella a carico dell’apparato mio-osteo-articolare; seguono le alterazioni degli organi endoaddominali e quindi quelle vascolari venose.
 
La patologia articolare predomina nella postura accoccolata; si estrinseca a carico delle ginocchia, delle anche, della colonna vertebrale. La localizzazione è evidente anche alle ginocchia, nella posizione inginocchiata, mentre maggiore localizzazione vertebrale si ha nella posizione di Millet.
 
Le alterazioni a carico degli organi toracici e soprattutto endoaddominali, si hanno nelle posture che comportano la flessione anteriore del tronco.
 
Le turbe vascolari venose si registrano quasi esclusivamente nella postura con scarsa mobilità e permanenza in posizione eretta.
 
La posizione seduta è caratterizzata da ispessimento e di iperpigmentazione della cute a livello delle ultime vertebre lombari e delle prime sacrali. Il quadro clinico di questa posizione nelle lavoratrici comprende obesità, stipsi, emorroidi, deformazioni assiale della colonna vertebrale.
 
La prevenzione dei disturbi da movimentazione manuale di carichi
Prevenzione primaria tecnica. Si tratta di un intervento squisitamente ergonomico, quindi con preminenza dell’elemento umano. È necessario pertanto evitare posture incongrue che richiedono carichi eccessivi o carichi non marcatamente eccessivi, ma ripetitivi. Ridurre gli sforzi muscolari statici. Ove tutto questo non sia possibile, è necessario inserire pause fisiologicamente attive. Modificare le tecniche di lavoro, studiando ed attuando apposite sedie, sgabelli, sostegni onde evitare i carichi statici e gli interventi muscolari di equilibrio.
 
Prevenzione primaria medica. Alla visita di assunzione bisogna tenere in conto l’età, il sesso, la costituzione della lavoratrice evitando lavori particolarmente gravosi sotto il profilo posturale ai giovani, alle donne, ai longilinei.
È altresì necessario non giudicare idonei per attività di questo tipo flebopatici agli arti inferiori, reumopatici di qualunque e controllare con esame radiografico lo stato articolare e con prove di laboratorio mirate, l’eventuale presenza di patologia infiammatoria od immune con bersaglio articolare.
 
Prevenzione secondaria. Non vi è regolamentazione per la periodicità del controllo medico. Il medico competente della struttura sanitaria deciderà quando effettuare i controlli radiografici rispetto anche all’età delle lavoratrici. È evidente che la comparsa di segni radiografici di patologia articolare deve comportare il cambio dell’attività lavorativa.
 
Prevenzione terziaria. Prima di esprimere giudizio di idoneità lavorativa per soggetti che rientrano da malattia, bisogna accertarsi della natura e dell’entità della patologia sofferta. Se questa rientra nel quadro delle tecnopatie da postura, serve occorre controllare lo stato attuale per esprimere il giudizio definitivo.
 
Stress Lavoro Correlato (SLC) e lavoratrici del comparto Sanità
Uno dei rischi emergenti per le lavoratrici del comparto Sanità è lo stress lavoro-correlato. Lo stress è un particolare stato di disagio psichico che può insorgere a seguito di sollecitazioni esterne a cui l’individuo non è in grado di far fronte, essendogli richiesto di fornire prestazioni superiori alla media sia dal punto quantitativo che qualitativo. In ambito lavorativo diverse condizioni possono originare situazioni stressanti come i carichi di lavoro e di responsabilità, la rigidità dei compiti, i conflitti interpersonali, la monotonia del lavoro ed i turni, nonché lo stesso luogo in cui si lavora, se caratterizzato da odori, rumori, microclima ecc.
 
Il tema delle differenze di genere, in termini di salute e sicurezza sul lavoro, assume particolare rilevanza anche in relazione al fenomeno del burn-out rinveniente dall’elevato impegno lavorativo sul piano emotivo legato alle attività di assistenza a persone in condizione di non autosufficienza, sia in ambito domestico sia soprattutto  in strutture ospedaliere e di cura, le cui criticità sono individuabili nell’orario di lavoro ovvero nel rischio chimico, fisico e biologico e nella tensione legata alla natura del lavoro ed all’organizzazione dello stesso. Tuttavia la non specificità e la multifattorialità delle patologie stress correlate rende difficile stabilire un nesso causale tra i disagi accusati dalle lavoratrici e l’esposizione allo stress lavoro correlato.
 
Per valutare tale rischio si potrebbe ricorrere ad una serie di indicatori quali fuga, disimpegno, conflittualità interpersonale, alterazioni del comportamento ed ancora  l’esposizione al rischio generico (ad es. orari prolungati, carenza di feedback organizzativi sulle prestazioni, ridotta attività formativa); le condizioni protettive (ad es. eventuali azioni di monitoraggio del mobbing, di compatibilità vita lavoro, di sostegno alla mobilità) e verificare con quale frequenza gli stessi ricorrano nei vari gruppi di lavoratori in modo da poter rilevare l’entità del fenomeno ed indicare i gruppi più esposti e le relative priorità di azione.
Tale fase, tuttavia, deve essere integrata con la valutazione delle percezioni soggettive dello stato di stress, da attuarsi attraverso strumenti di indagine quantitativi (questionari) e qualitativi (interviste e focus group) caratteristici della ricerca psicosociale.
Infatti, se da un lato, non è possibile indicare astrattamente, per il rischio stress lavoro-correlato, misure di prevenzione, dall’altro la correzione delle disfunzioni organizzative (miglioramento della struttura e dei processi di comunicazione, formazione dei dirigenti sull’adozione di stili di comando situazionali, creazione di gruppi di lavoro autonomi) ed il potenziamento della capacità degli individui di far fronte alle aspettative (intensificazione e miglioramento del feedback, arricchimento del sistema premiante e dei riconoscimenti, miglioramento del clima), rappresentano azioni di programmazione strettamente connesse. La fase valutativa dello stress correlato al lavoro potrebbe essere ben affiancata da una preventiva valutazione volta ad includere problematiche come le molestie sessuali e l’equilibrio lavoro-vita privata che tenga conto di ulteriori aspetti quali la flessibilità ed il miglioramento delle mansioni e dell’orario di lavoro ad evitare anche la già citata “crisi coniugale”.
 
Invero, nell’ultimo anno, dalla stampa specialistica è emerso infatti anche il fenomeno delle frequenti “crisi coniugali” tra le donne chirurgo e le infermiere (L’Hora Digital, rivista spagnola, ediz. del 3.7.2013).  Studi condotti a Barcellona hanno dimostrato infatti che negli ospedali di quella regione sono stati registrati il doppio dei divorzi rispetto a quelli che ordinariamente si verificano in un campione analogo della popolazione spagnola. Un risultato sovrapponibile, evidenzia la rivista l’Hora Digital, si è avuto anche in alcuni nosocomi del Regno Unito e degli Stati Uniti a conferma che alcune particolari condizioni lavorative sono alla base della stabilità coniugale. Tra i fattori di vulnerabilità elencati come causa di rottura di una unione matrimoniale viene indicato lo stress, alla base dell’esaurimento emotivo e generatore di irritabilità, gli orari di lavoro ostili con inattesi raddoppi di turni o improvvisi turni di notte, considerando la famiglia e il coniuge al secondo posto, l’eccessiva esposizione mediatica in seguito a verosimili errori medici.
 
Formazione e informazione
I rischi emergenti possono essere minimizzati e addirittura eliminati con la formazione e informazione. Nella normativa vigente in materia di tutela della salute e sicurezza negli ambienti di lavoro è fatto obbligo ai datori di lavoro di informare i lavoratori nonché i loro rappresentanti dei rischi specifici dovuti all’agente ed alle mansioni dei lavoratori medesimi e delle misure di prevenzione adottate. I programmi devono comprendere una parte strettamente legata al lavoro rappresentata dai rischi generici e specifici di processo e del rapporto uomo/donna-attrezzature-ambiente ed un’altra più generica su comportamenti e stili di vita caratteristici.
 
Particolare attenzione va dedicata alle donne per il cumularsi del doppio lavoro (casa e ospedale) e soprattutto per la tutela della sua funzione riproduttiva (la cosiddetta “salute riproduttiva”) che costituisce “l’anello debole” della tutela della salute della donna nel lavoro. L’informazione deve essere approfondita nei suoi dettagli circa la potenziale nocività delle sostanza chimiche, di radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, onde evitare gravidanze a rischio, aborti, malformazioni, handicap neonatali e prenatali.
 
Domenico Della Porta
Docente di Medicina del Lavoro Università di Salerno
 




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