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Sicurezza sul lavoro: come arrivare ad un approccio di genere?

Sicurezza sul lavoro: come arrivare ad un approccio di genere?

Un intervento si sofferma sui temi della sicurezza sul lavoro e delle differenze di genere. La normativa, le difficoltà di applicazione, gli strumenti utilizzabili e gli esempi relativi alle differenze di genere.

Trieste, 24 Feb – Un reale approccio di genere alla salute e sicurezza sul lavoro, come più volte auspicato anche in molti articoli di PuntoSicuro, si può tradurre “nel riconoscimento e nella considerazione delle differenze tra lavoratori e lavoratrici”. Differenze che “possono incidere sui pericoli cui uomini e donne sono esposti sul luogo di lavoro e sul modo di valutarli e tenerli sotto controllo”.

Senza dimenticare che esistono anche malattie “di genere”, cioè patologie professionali, “legate alle condizioni lavorative di determinati settori, che colpiscono in modo diverso uomini e donne”.

 

A presentare in questi termini la rilevanza e la necessità nelle aziende di un approccio che tenga conto delle differenze di genere nei luoghi di lavoro, è un intervento raccolto nel volume “ Sicurezza accessibile. La sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere” curato da Giorgio Sclip ( Università degli Studi di Trieste) ed edito da EUT Edizioni Università di Trieste. Un volume che contiene i contributi del seminario di studi “ La sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere. Uomini e donne sono uguali?”, che si è tenuto l’8 marzo 2018 a Trieste.

 

Gli argomenti affrontati nell'articolo:



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La sicurezza sul lavoro e le differenze di genere

Ci soffermiamo, in particolare, sull’intervento “La sicurezza sul lavoro e le differenze di genere”, a cura di Giorgio Sclip (curatore della collana “Sicurezzaccessibile”, membro del Network Nazionale Focal Point Italia dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, Università degli Studi di Trieste), che ricorda come spesso, a livello lavorativo, le differenze tra uomini e donne vengano per lo più ignorate, anche quando “nella realtà ci sono differenze che influiscono sui rischi a carico delle donne, troppo spesso sottovalutati”.

 

A questo proposito viene riportata una tabella, una sintesi con alcuni esempi di differenze di genere a livello di rischi e ripercussioni sulla salute (tratta da FACTS 42 “Problematiche legate al genere nel campo della sicurezza e salute sul lavoro” - EU-OSHA):

 

 

La normativa e le difficoltà di applicazione

L’intervento si chiede poi a che punto sia la normativa in Italia, riguardo alle differenze di genere, e quali siano le difficoltà nella sua applicazione.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 81/2008 in diversi punti, ad esempio l’articolo 28 in materia di valutazione dei rischi,  fa esplicito riferimento al genere.

 

E alla luce degli obblighi normativi, “i datori di lavoro devono:

  • puntare a rendere il lavoro più sicuro e più facile per tutti;
  • inserire le problematiche legate al genere nella valutazione dei rischi;
  • considerare il lavoro effettivamente svolto ed evitare di stabilire a priori quali sono le persone a rischio e perché;
  • essere flessibili in relazione agli orari lavorativi;
  • coinvolgere le donne nel processo decisionale in materia di gestione di salute e sicurezza sul lavoro”.

 

Tuttavia malgrado la legge richieda una tutela della salute nei luoghi di lavoro orientata al genere, le indicazioni richiamate nel d.lgs. 81/2008 “non sempre risultano di facile applicazione”.

E probabilmente la prima difficoltà nell’applicazione del Testo Unico nasce “dalla mancanza di metodi standardizzati che tengano conto dell’approccio di genere per valutare il rischio occupazionale – secondo il classico schema che prevede l’identificazione dei pericoli e le misure da adottare per prevenire il danno”.

 

A questo proposito si segnala che alcune interessanti indicazioni, che possono rendere più completi i profili relativi ai rischi di malattie professionali - tenendo conto della diversa esposizione, delle differenti mansioni e della diversa fisiologia di lavoratori e lavoratrici - arrivano dalla medicina di genere che “associa le diverse caratteristiche biologiche – maschili e femminili – agli effetti diversi osservati in lavoratori e lavoratrici, parimenti esposti ai rischi ‘specifici’ – chimico, fisico, biologico, ergonomico, e di sovraccarico muscolo-scheletrico”.

 

Con riferimento a queste indicazioni la relazione segnala che tra uomini e donne esistono, ad esempio, numerose differenze nell’assorbimento, nel metabolismo e nell’eliminazione degli agenti chimici che, a parità di esposizione, possono modificare il rapporto dose/effetto, diversamente conosciuto come ‘soglia di esposizione’. I limiti espositivi sono stati finora elaborati in modalità ‘neutra’ e sebbene siano cautelativi – molto al di sotto della dose in grado di indurre danni – non rappresentano soglie universalmente valide, potendo variare in base al sesso, a fattori genetici e agli stili di vita”.

 

Strumenti ed esempi relativi alle differenze di genere

L’intervento si sofferma poi su alcuni strumenti utili, per conoscere le differenze di genere e poterne tener conto per i limiti espositivi ai diversi rischi, come, ad esempio, le FACTS, schede prodotte dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) che forniscono informazioni concise su varie attività anche con riferimento al genere.

 

Sono riportati poi alcuni esempi di differenze nei rischi secondo il genere.

 

Si indica che un esempio di rischio ben codificato è il rischio di infertilità “che può essere causato dall’esposizione a determinati agenti chimici o biologici, o ancora dei particolari rischi per la salute che le lavoratrici in stato interessante possono avere rispetto ai colleghi maschi e per la cui tutela esistono infatti precise e dettagliate prescrizioni di legge”.

 

Un altro esempio riguarda poi il settore delle pulizie e sui rischi cui sono esposte soprattutto le lavoratrici. Per i rischi di questo settore bisogna partire, infatti, da alcune considerazioni su alcune differenze tra uomo e donna:

  • “la superficie cutanea del corpo maschile è più estesa di quella del corpo femminile;
  • la statura è generalmente inferiore nelle donne;
  • il volume polmonare degli uomini è maggiore di quello delle donne;
  • esistono numerose differenze nell’assorbimento, metabolismo ed eliminazione degli agenti chimici;
  • rapporto tra esposizione a rumore di bassa intensità e danni extrauditivi localizzati a carico dell’apparato riproduttivo femminile;
  • la vulnerabilità verso i rischi cambia in modo significativo con l’età ed in modo differente per i due sessi”.

 

In definitiva:

  • “uomini e donne possono essere esposti a rischi diversi;
  • possono rispondere in maniera diversa alla stessa esposizione a rischio”;
  • la diversità di ruoli sociali e di carichi conseguenti può “avere, più o meno indirettamente, un’influenza sull’esposizione a rischi lavorativi”.

 

Ed è proprio partendo da questi presupposti e indicazioni, che bisogna arrivare ad un “approccio non neutrale ma attento alla soggettività, con la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei lavoratori ed il coinvolgimento del medico competente”. In questo modo sarà possibile “far emergere e considerare percezioni, vissuti e segni di sofferenza rispetto alle diversità di sesso e di genere, spesso non ricostruibili in modo diverso”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale dell’intervento di Giorgio Sclip che, sottolineando quanto la diversità della forza lavoro sia una ricchezza e non un problema, riporta ulteriori indicazioni sulla flessicurezza (neologismo che fa riferimento all’importanza di bilanciare flessibilità e sicurezza) e sulla cultura della sicurezza con riferimento alle differenze di genere.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

La sicurezza sul lavoro e le differenze di genere”, a cura di Giorgio Sclip (curatore della collana “Sicurezzaccessibile”, membro del Network Nazionale Focal Point Italia dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, Università degli Studi di Trieste), intervento tratto dal volume “Sicurezza accessibile. la sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere”, curato da Giorgio Sclip ed edito da EUT Edizioni Università di Trieste, correlato al seminario di studio “Sicurezza accessibile. La sicurezza sul lavoro in una prospettiva di genere. Uomini e donne sono uguali?” (formato PDF, 784 kB).

 

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