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Donne e lavoro: agenti biologici, agenti chimici e temperatura

Donne e lavoro: agenti biologici, agenti chimici e temperatura

Una pubblicazione affronta le problematiche per le donne lavoratrici correlate all’esposizione a diversi rischi lavorativi. Focus sul rischio da agenti biologici, sugli effetti del contatto con agenti chimici pericolosi e sui problemi della temperatura.

 
Roma, 29 Apr – Per favorire nelle aziende una valutazione che tenga conto delle differenze tra lavoratori maschi e femmine, riprendiamo il nostro breve viaggio attraverso le specificità dei principali rischi lavorativi in ottica di genere.
 
Per farlo ci facciamo guidare ancora dalla pubblicazione, realizzata dall’Inail in collaborazione con le Ferrovie dello Stato, dal titolo “ La sicurezza sul lavoro viaggia con le donne”, una pubblicazione che affronta i principali rischi presenti negli ambiti di vita e di lavoro e le problematiche specifiche per le lavoratrici.

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Il rischio biologico in DVD
Formazione sui rischi specifici dei lavoratori che operano con agenti biologici del Gruppo 3 (Art. 37 D.Lgs. 81/08) in DVD

Ci soffermiamo oggi in particolare sul rischio da agenti biologici, sugli effetti del contatto con agenti chimici pericolosi e dei problemi di illuminazione, microclima, temperatura ed umidità.
 
Danni da esposizione ad agenti biologici
Anche attraverso il lavoro capillare di informazione condotto dall’Inail conosciamo ormai abbastanza bene i rischi biologici in vari ambiti lavorativi (in modo particolare: settore sanitario, laboratori clinici, agricoltura e zootecnia, industria alimentare, …). E il D.Lgs. 81/2008 dedica alla protezione dei lavoratori da agenti biologici l’intero Titolo X e relativi allegati, ricordando che per agente biologico “si intende qualsiasi microrganismo (virus, batteri…), coltura cellulare, endoparassita umano che può provocare infezioni, allergie o intossicazioni”.
 
Alcuni documenti si sono occupati anche dei casi di infezione della donna durante la gravidanza.
Infatti “molti agenti biologici possono agire sul nascituro; essi possono essere anche trasmessi successivamente durante e dopo il parto, nel corso dell’allattamento, o a seguito di altri tipi di stretto contatto fisico tra madre e neonato”.
Nel documento, che vi invitiamo a visionare, è presente un’utile tabella con alcuni dei microrganismi responsabili di malattia nel nascituro.
Ricordiamo, ad esempio che il virus della rosolia può portare ad aborto spontaneo, infezioni e malformazioni fetali e il mycobacterium tubercolosis a tubercolosi polmonare, intestinale e epatica.
 
Il documento sottolinea che la normativa vigente in Italia, in materia di tutela della lavoratrice gestante, puerpera e nel periodo di allattamento, vieta:
- “di adibire la donna in gravidanza, e fino a sette mesi dopo il parto, a lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per le malattie nervose e mentali;
- l’esposizione della lavoratrice gestante agli agenti biologici: Toxoplasma e Virus della rosolia, a meno che non sussista la prova di un sufficiente stato di immunizzazione”.
Inoltre “la lavoratrice deve essere spostata ad altre mansioni nei casi in cui i Servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d’ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli alla salute della donna. Nei casi in cui la lavoratrice non possa essere adibita ad altre mansioni, il Servizio ispettivo del Ministero del lavoro, può disporre dell’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, sulla base di un accertamento medico e avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario nazionale”.
 
Effetti da agenti chimici pericolosi
Se l’uso di agenti chimici classificati come pericolosi è molto diffuso e coinvolge molte attività lavorative, vi sono anche agenti chimici classificati tossici per il ciclo riproduttivo.
E l’esposizione a tali agenti – sostanze o preparati – di lavoratrici gestanti, puerpere e in periodo di allattamento può:
- “compromettere l’ esito della gravidanza, oppure;
- provocare danni al feto, oppure;
- provocare danni al lattante allattato al seno (certi agenti passano nel latte materno)”.
 
Questi alcuni esempi di sostanze note per i loro effetti negativi sulla riproduzione femminile:
- “monossido di carbonio (normalmente emesso come sottoprodotto di combustione);
- composti del piombo (impiegati, ad esempio, come pigmenti per vernici e pitture);
- dialchilftalati (usati come plastificanti per resine e plastiche);
- glicoleteri (presenti come solventi nelle vernici e nei prodotti per la pulizia dei vetri);
- antiparassitari (es. Warfarin);
- farmaci (es. antimicotici, antiblastici).
Ricordiamo che gli agenti tossici per il ciclo riproduttivo sono riconoscibili da una specifica etichettatura: una tabella nel documento mostra qualche esempio di “vecchia” e “nuova” etichettatura di pertinenza.
 
Anche riguardo agli agenti chimici pericolosi, il datore di lavoro per tutelare la salute delle lavoratrici “ha l’obbligo di allontanarle dalle mansioni a rischio, per tutto il periodo della gravidanza e fino a sette mesi dalla nascita del bambino. Le lavoratrici devono essere spostate ad altre mansioni che non prevedano l’esposizione ad agenti tossici per il ciclo riproduttivo. Ove detto spostamento non sia possibile, il Ministero del lavoro può disporre l’interdizione dal lavoro delle interessate”.
 
Effetti da illuminazione, microclima, temperatura ed umidità
I luoghi di lavoro – ci ricorda la pubblicazione – “devono essere conformi ai requisiti stabiliti dalla legge (Titolo II e All. IV del D.Lgs. 81/08) ed appropriati al tipo di utilizzo, dal punto di vista della stabilità e solidità, dello spazio disponibile, della sicurezza dei pavimenti, delle porte, delle scale, delle postazioni di lavoro, del controllo delle zone di pericolo ecc”.
Nel documento vengono presentati i fattori di rischio collegati al microclima, alla temperatura, all’umidità e all’illuminazione degli ambienti di lavoro.
 
Concludiamo con qualche indicazione specifica per le lavoratrici relativa alla temperatura.
 
 Durante la gravidanza “l’esposizione a stress termico è meno tollerata dalla donna a causa delle mutate condizioni fisiche che si verificano in tale periodo. A tale proposito le linee direttrici della Commissione delle Comunità Europee cosi recitano: ‘Durante la gravidanza le donne sopportano meno il calore ed è più facile che perdano i sensi o che comunque risentano dello stress da calore. Il rischio si riduce di norma dopo il parto ma non è certo con quanta rapidità migliori la tolleranza. L’esposizione al calore può avere esiti nocivi sulla gravidanza. L’allattamento può essere pregiudicato a causa della disidratazione da calore. Il lavoro a temperature molto fredde può essere pericoloso per le gestanti e i nascituri. Si dovrebbero mettere a disposizione indumenti caldi. I rischi aumentano comunque nel caso di un’esposizione a improvvisi sbalzi di temperatura’”.
 
 
 
Inail, Ferrovie dello Stato, “ La sicurezza sul lavoro viaggia con le donne” , edizione ottobre 2013 (Formato PDF, 3.43 MB).
 
 
 
RTM
 
 
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