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Sanità: gli infermieri sono i lavoratori più esposti alle violenze

Sanità: gli infermieri sono i lavoratori più esposti alle violenze
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sanità e servizi sociali

26/09/2019

Un intervento si sofferma sulla gestione delle relazioni problematiche e dei comportamenti violenti nel lavoro di cura. I rischi violenza per gli infermieri, i suggerimenti per le strutture e gli studi sulla violenza in ambito sanitario.

Ravenna, 26 Set – Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la violenza sul lavoro (VSL) riguarda gli “incidenti in cui il personale è abusato, minacciato o aggredito in circostanze relative al lavoro, incluso il pendolarismo da e verso il lavoro, con esplicite o implicite conseguenze su salute, sicurezza e benessere" (Richards, 2003).

La violenza nei luoghi di lavoro ha importanti conseguenze sia sulle vite, che sulla produttività e qualità dell'assistenza ed è - secondo dati OMS del 2002 – “tra le principali cause di morte per lavoratori tra 15 e 44 anni (Krug, Misericordia, Dahlberg e Zwi, 2002)”.

 

A ricordarlo e a fornire informazioni sulla violenza nel settore sanitario, con presentazione di vari studi e ricerche, è un intervento al seminario di aggiornamento degli RLS “Lavoro e violenza. Riflessioni per la prevenzione. Quale ruolo per RLS-RLST-RLS di Sito (PRP 2015 – 2019)”, organizzato dal Servizio Informativo dei Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza della Provincia di Ravenna, insieme a Regione Emilia-Romagna, Inail e parti sociali (Ravenna, 14 marzo 2019).

 

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:



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La violenza sul lavoro e gli infermieri

Nell’intervento “ La gestione delle relazioni problematiche e dei comportamenti violenti, nel lavoro di cura”, a cura di Federico Ricci (Psicologo del lavoro e delle organizzazioni; Coordinatore del corso integrato in Programmazione ed Economia Sanitaria, all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche, Università di Modena e Reggio Emilia), si ricorda che riguardo alla VSL il settore sanitario è “tra i più esposti (OIL, 2006, a cura di Chappell & Di Martino)”.

Si riporta anche una stima riguardo agli operatori sanitari vittime di violenza fisica e psicologica (OMS, 2002), sul totale degli occupati nel comparto: “Bulgaria 37%, Tailandia 54%, Sudafrica 61%, Libano 41%”.

 

Si segnala poi che sebbene qualsiasi operatore sanitario sia a rischio, “gli infermieri sono i più esposti alla violenza, poiché hanno un contatto diretto con pazienti, famiglie, parenti (El-Gilany, El-Wehady, & Amr, 2010; Kitaneh e Hamdan, 2012)”.

 

Ad esempio in Australia “il 36% delle infermiere e ostetriche ha subito violenze da parte dei pazienti o dei loro visitatori (Farrell,  Shafiei, e Chan, 2014), in Italia il 49,4% delle infermiere ha riferito episodi di aggressione (Zampieron, Galeazzo, Turra, & Buja, 2010), la percentuale risulta invece del 50% in Cina (Wu et al., 2012), del 80,4% nel caso delle infermiere palestinesi (Kitaneh & Hamdan, 2012), superiore al 75% in Giordania nel campo  dell’emergenza-urgenza (AlBashtawy, 2013)”.  

 

Le evidenze sulla violenza nella sanità

Il documento ricorda poi una rassegna di documenti (“Workplace violence by patients and their families against nurses: literature review”), pubblicata nel 2015, che “ha incluso studi dal 2009 in poi”, aventi come oggetto la violenza sul lavoro (verbale, fisica, sessuale) contro infermieri, da parte di pazienti o loro familiari.  

 

È ormai dimostrato che la VSL, “messa in atto dai pazienti e dalle loro famiglie o visitatori, è più frequente nei reparti di emergenza e di salute mentale”.

In particolare le situazioni di maggior rischio “si presentano nel turno notturno e in situazioni con tempi di attesa lunghi”.

 

A questo proposito si consiglia:

  • “l'assunzione di personale sufficiente secondo il rapporto infermiera-paziente raccomandato in diversi dipartimenti, ma anche assunzione di personale competente, soprattutto per capacità di comunicazione;
  • sviluppo di strumenti per riconoscere i pazienti ad alto rischio, specialmente nei reparti di emergenza”.

 

Si evidenzia poi “l'importanza del supporto allo staff da parte dei manager, sia nell’ascolto che nella gestione delle conseguenze della VSL (concessione di periodi di recupero, supporto psicologico e consulenza specialistica) e nella definizione di politiche” contro la violenza sul lavoro (es. guardie di sicurezza, formazione specifica).  

 

Una raccolta di studi sulla violenza in ambito sanitario 

Il relatore si sofferma poi su moltissimi studi e ricerche realizzati in diverse parti del mondo.

 

Rimandando ad una lettura integrale delle slide relative all’intervento, riprendiamo brevemente alcuni dei tanti studi descritti:

  • Violence at the worlplace - a questionary survey of nurses”, European Psychiatry: in questo caso “vari questionari (Stress at Work Scale, General Health Questionnaire, Maslach Burnout Inventory, Work Satisfaction Scale), sono stati somministrati a infermieri psichiatrici (N=78) e non psichiatrici (N=335), con tasso di risposta superiore al 92%. Gli infermieri psichiatrici sono risultati essere maggiormente vittima di VSL, sia fisica che verbale, rispetto agli infermieri non psichiatrici. Questo per il totale degli episodi registrati, ma soprattutto in relazione al fatto che l’autore della VSL è il paziente. Non vi era invece differenza tra infermieri psichiatrici e non, rispetto ai dati relativi a VSL causata da colleghi, superiori, subordinati, così come non vi erano differenze nel grado di soddisfazione lavorativa e assenteismo”;  
  • Workplace violence against nursing students and nurses: an Italian experience”. Journal of Nursing Scholarship, 2011: “un'indagine (Magnavita, N., & Heponiemi, T.) è stata condotta in tre scuole universitarie italiane di assistenza infermieristica (N=346) a confronto con infermieri ospedalieri (N=275). La percentuale di partecipanti che hanno segnalato almeno un episodio di VSL fisica o verbale è stata del 43% negli infermieri e del 34% negli studenti infermieri. Gli infermieri, rispetto agli studenti, hanno riportato più aggressioni fisiche, minacce e molestie sessuali durante i 12 mesi precedenti. Gli infermieri sono stati per lo più aggrediti o molestati dai pazienti o dai loro parenti e amici (violenza ‘esterna’), mentre gli studenti hanno spesso denunciato violenza verbale e fisica da parte di colleghi, personale e altri, compresi insegnanti, medici e supervisori (violenza ‘interna’)”;  
  • Workplace violence in Alberta and British Columbia hospitals”, Health policy, 2003: “il personale infermieristico subisce molti episodi di VSL, in particolare nelle situazioni di emergenza, psichiatriche e medico-chirurgiche”. La maggior parte della violenza sul lavoro “è dovuta ai pazienti, ma c'è anche una parte significativa attribuibile ai colleghi ospedalieri, in particolare l'abuso emotivo e le molestie sessuali. Nella maggior parte dei casi la VSL non viene segnalata”. La teoria delle Finestre Rotte (secondo cui “mantenere e controllare ambienti urbani reprimendo piccoli reati, atti vandalici, la deturpazione dei luoghi, contribuisce a creare un clima di ordine e riduce il rischio di crimini più gravi”) “potrebbe essere utile per spiegare il motivo per cui la VSL si verifica, così da iniziare attuare politiche di prevenzione”;  
  • A Descriptive Study of the Perceptions of Workplace Violence and Safety Strategies of Nurses Working in Level I Trauma Centers”, Journal of emergency nursing, 2005: secondo questo studio chi lavora nei reparti di emergenza “è particolarmente a rischio di subire VSL, per questa ragione lo studio ha affrontato il problema dal punto di vista di 8 infermiere provenienti da due centri traumatologici di 1° livello. I contenuti riguardavano esperienze con pazienti, familiari e altre persone che mostravano comportamenti violenti e aggressivi. Misure di sicurezza inadeguate e percezione di vulnerabilità sono stati i due temi sempre presenti nei racconti delle intervistate”.  

 

In conclusione la relazione, che riporta anche una nutrita bibliografia che vi invitiamo a visionare, riporta alcune indicazioni tratte dallo studio “Nurses and workplace violence: nurses' experiences of verbal and physical abuse at work” (Nursing Leadership - Toronto), 2003) che descrive le esperienze di violenza sul lavoro “subita da infermieri e come ciò influenzi le loro capacità di prendersi cura dei pazienti (donne maltrattate)”. Lo studio qualitativo è stato “condotto in Canada e UK, in 4 aree cliniche”.

Sono state fatte varie interviste, sia di gruppo che individuali, “sugli aspetti che influenzano la cura delle donne vittime di abusi. Nel corso dello studio, il grado di abuso verbale e di violenza fisica che le infermiere abitualmente incontrano nel loro lavoro, per mano dei pazienti e dei loro parenti, è diventato evidente. L'abuso verbale è un avvenimento quasi quotidiano, ma il supporto da parte di altri operatori sanitari o dell'amministrazione nell'affrontare il problema, pur migliorato nel tempo, è inadeguato”.

    

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

La gestione delle relazioni problematiche e dei comportamenti violenti, nel lavoro di cura”, a cura di Federico Ricci (Psicologo del lavoro e delle organizzazioni; Coordinatore del corso integrato in Programmazione ed Economia Sanitaria, all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche, Università di Modena e Reggio Emilia), intervento al seminario “Lavoro e violenza. Riflessioni per la prevenzione. Quale ruolo per RLS-RLST-RLS di Sito (PRP 2015 – 2019)” (formato PDF, 723 kB).

 

 

RTM



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Rispondi Autore: Massimo Ughi - likes: 0
18/10/2019 (11:14:24)
Salve, l'argomento è molto attuale e interessante ed ho avuto modo di affrontarlo con un certo approfondimento sia con il mio team presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, quando ero RSPP di quell'Azienda, sia come Responsabile del Settore della Regione Toscana Salute e sicurezza sul lavoro attraverso la delibera n. 1176/2018 e il decreto dirigenziale n. 17899/2018. Ritengo che ci sia molto lavoro da fare, sia in termini di definizioni e inquadramento del rischio per poter innanzitutto definire una base comune di un pericolo ad alto tasso di soggettività, sia in termini di individuazione di misure preventive, sia in termini culturali.

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