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La SARAS assolta dalla responsabilità amministrativa

Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

08/07/2011

Il reato di omicidio colposo per il quale sono stati condannati i vertici della SARAS e della ditta appaltatrice a seguito della morte di tre operai non fu commesso “nell’interesse o a vantaggio dell’ente”. Un primo commento a cura di A. Guardavilla.

 
La SARAS assolta dalla responsabilità amministrativa ai sensi dell’art. 25-septies del D.Lgs. 231/01
Un primo commento al dispositivo della sentenza del Tribunale di Cagliari del 4 luglio 2011 che ha stabilito che il reato di omicidio colposo per il quale sono stati condannati i vertici della SARAS e della ditta appaltatrice a seguito della morte dei tre operai il 26 maggio 2009 non fu commesso “nell’interesse o a vantaggio dell’ente”.
 
A cura di Anna Guardavilla
 
Il Tribunale di Cagliari si è da pochi giorni pronunciato con sentenza sulle responsabilità dei livelli apicali della Saras per l’ infortunio occorso ai tre operai che il 26 maggio 2009 persero la vita mentre operavano un intervento di manutenzione nella raffineria di Sarroch (Sent. Trib. Cagliari, 4 luglio 2011).
Le condanne sono state le seguenti: due anni di reclusione con l’applicazione della sospensione condizionale della pena (oltre al risarcimento dei danni alle parti civili) per il direttore generale e il direttore di stabilimento della SARAS. Stessa pena per il datore di lavoro delle tre vittime.
Non è stata invece condannata la società SARAS come persona giuridica ai sensi del D.Lgs. 231/01. Si legge infatti nel dispositivo (mentre si è ancora in attesa entro 60 giorni delle motivazioni della sentenza che forniranno ulteriori chiarificazioni e chiavi di lettura della stessa) che “visti gli artt. 5 e 66 D.Lgs. 231/2001 [il Tribunale] esclude la responsabilità della SARAS s.p.a. in ordine all’illecito amministrativo contestato al capo B perché il fatto non sussiste, in quanto il reato non fu commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente”.
 
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L’art. 66 D.Lgs. 231/01 (“sentenza di esclusione della responsabilità dell’ente”), cui si fa qui  riferimento, prevede che “se l’illecito amministrativo contestato all’ente non sussiste, il giudice lo dichiara con sentenza, indicandone la causa nel dispositivo. Allo stesso modo procede quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova dell'illecito amministrativo.”
 
Pur a fronte di una accertata responsabilità penale delle persone fisiche, dunque, non è stata  affermata dal Tribunale di Cagliari la responsabilità amministrativa della persona giuridica cui esse appartenevano in quanto evidentemente non è stato ritenuto sussistente il presupposto della colpa organizzativa che l’articolo 5 del D.Lgs. 231/01 (“responsabilità dell’ente”) indica come necessario per l’applicazione del regime di responsabilità degli enti allorché prevede al primo comma che “l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio”.
 
Va ricordato che ad una analoga decisione è pervenuto recentemente il Tribunale di Novara ( sentenza 26 ottobre 2010) che, giudicando sulle responsabilità per la morte di un lavoratore investito da un locomotore nel piazzale di un Centro Interportuale Merci, ha applicato sì la responsabilità amministrativa degli enti a due società lì operanti (la S.r.l. che gestiva l’attività all’interno del Centro Interportuale e la Cooperativa appaltatrice-datrice di lavoro della vittima), ma ha escluso la responsabilità amministrativa della S.p.a. da cui era dipendente il personale che conduceva i treni (macchinisti, manovratori…) per mancanza - secondo il Tribunale - di “un qualsivoglia ragionevole interesse o vantaggio (di costi, di processo produttivo o organizzazione) in ragione della mancata adozione di misure di prevenzione”.
 
Il medesimo Tribunale di Novara ha poi definito come “condotte poste in essere nell’interesse o comunque nel vantaggio dell’ente” quelle “intervenute nell’esercizio dell’attività imprenditoriale connotata dalla adozione di tecniche tipiche e meno costose, non avendo adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della stessa specie di quello accaduto”.
 
Sempre avendo riguardo alle pronunce che finora hanno applicato l’art. 25-septies del D.Lgs. 231/01 (quindi la responsabilità amministrativa agli infortuni sul lavoro), la sentenza che ha giudicato sul caso di Molfetta ha sottolineato, in ordine al concetto di interesse o vantaggio dell’ente, che “il requisito dell’interesse o del vantaggio è pienamente compatibile con la struttura dell’illecito introdotta dall’art. 9 della legge n. 123, perpetuata nell’applicazione dall’art. 300 del d.lgs. 81/08, dovendosi di volta in volta accertare solo se la condotta che ha determinato l’evento morte o le lesioni personali sia stata o meno determinata da scelte rientranti oggettivamente nella sfera di interesse dell’ente oppure se la condotta medesima abbia comportato almeno un beneficio a quest’ultimo senza apparenti interessi esclusivi di altri.” (Trib. Trani, Sezione Molfetta, 12.1.2010).
 
Guardando invece alle pronunce sulla responsabilità amministrativa degli enti non per infortuni sul lavoro ma per reati societari, ricordiamo che la prima assoluzione dalla responsabilità amministrativa è stata pronunciata con la nota sentenza del 17 novembre 2009 dal  Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano che ha assolto una Società per Azioni operante nel settore delle costruzioni dalla responsabilità amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/01 per aver adottato già dal 2003 un idoneo modello organizzativo idoneo a prevenire nella fattispecie, tra gli altri, il reato di aggiotaggio informativo.
 
Analogamente a quanto si è osservato a seguito dell’emanazione della sentenza del Tribunale di Milano del novembre 2009, la pronuncia di assoluzione dalla responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/01 del Tribunale di Cagliari (anche se in quest’ultimo caso a seguito di infortuni sul lavoro), ci ricorda che la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche non è una forma di “responsabilità oggettiva” (dovuta alla mera posizione ricoperta) bensì trova il proprio presupposto in un difetto di organizzazione.
 
Ora restiamo in attesa delle motivazioni della sentenza per meglio comprendere quali elementi nello specifico abbiano portato il Tribunale ad escludere tale difetto di organizzazione.
 
 
  
 


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