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Persone e missili


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Il sociologo Zygmund Bauman affronta più volte il tema dell’”apprendere a disapprendere” che definisce “un elemento centrale e indispensabile dell’equipaggiamento della vita [1]”.  Sono passati quasi vent’anni da quando scriveva “il problema degli uomini post moderni dipende dalla velocità con cui riescono a sbarazzarsi di vecchie abitudini piuttosto che quella con cui ne acquisiscono di nuove. La cosa migliore è non preoccuparsi di costruire modelli; il tipo di abitudine acquisito con l’apprendimento terziario [2] consiste nel fare a meno delle abitudini [3]”. In questo lasso di tempo le sue parole si sono dimostrate sempre più pertinenti.

 

Nel suo “Conversazioni sull’educazione” , pubblicato in Italia nel 2012, Bauman riprende il concetto e sviluppa la metafora dei missili, in cui mette a confronto i missili balistici a percorso predefinito, adatti a un obiettivo fisso  e i missili intelligenti, in grado di cambiare la propria direzione in pieno volo a seconda delle mutevoli circostanze e dichiara che essi traggono beneficio dall’avere un equipaggiamento di natura alquanto “generalistica”, non localizzata su alcuna specifica categoria di obiettivi, e neppure apertamente programmata per il raggiungimento di un particolare tipo di bersaglio.

 

Anche se Bauman, chiaramente, si riferisce a un contesto molto più ampio, le sue osservazioni ben si attagliano a una specifica riflessione sulla formazione alla sicurezza in quanto molte persone, per gli incalzanti cambiamenti nel modo di produrre e nei rapporti di lavoro, proprio come missili intelligenti, devono essere in grado di apprendere durante il percorso.

 

E soprattutto devono coltivare la capacità di dimenticare quanto era stato appreso “non devono affezionarsi apertamente alle informazioni che hanno acquisito e per nessun motivo devono sviluppare l’abitudine di comportarsi in un modo che le informazioni abbiano suggerito. Tutte le informazioni … invecchiano rapidamente e invece di fornire una guida affidabile possono condurre fuori strada [4]”.

 

Ovviamente quanto sostenuto apparentemente si adatta meno a coloro che devono svolgere lavori predefiniti e con scarsi margini di discrezionalità. Ma la loro presenza è già numericamente limitata e con il progressivo diffondersi dell’ industria 4.0 è destinata a ridursi ulteriormente. Quindi, paradossalmente, proprio a questi lavoratori la formazione dovrebbe rivolgersi, per ampliarne le competenze e far sì che non debbano avere nei robot dei possibili competitor.

Un approccio di questo tipo accentua la differenza tra le tre misure di tutela previste dal d.lgvo 81/08: addestramento, informazione e formazione i  cui confini, a oggi, sono nella pratica spesso sfumati.

 

I primi due resteranno anche per il futuro necessariamente schiacciati sul presente. Non a caso l’informativa prevista per i lavoratori agili deve essere somministrata con cadenza almeno annuale.  E in ogni caso sarà l’incalzare dei cambiamenti a garantirne l’adeguamento.

Ma la vera prevenzione sarà affidata a una formazione abilitante, di ampio respiro, atta a fornire non schemi di comportamento predefiniti, ma mappe per orientarsi ed esplorare territori sempre mutevoli e cangianti.

 

Apprendere significherà acquisire la capacità di porsi correttamente in situazioni di crescente incertezza, consapevoli delle proprie possibilità di scelta e delle connesse responsabilità che ciò comporta.

 

Lavorare con un robot non richiede, per esempio, gli stessi atteggiamenti che lavorare con un cobot (collaborative robot) e questi atteggiamenti sono solo in parte prescrivibili.

 

Dietro a tutto ciò c’è il senso profondo dell’apprendimento, quello veramente necessario. Per quanto riguarda la formazione alla sicurezza – e forse non solo - nel passato esso è stato spesso, più o meno consapevolmente, eluso. Ma oggi si presenta come imprescindibile.

 

La formazione deve far crescere complessivamente le persone, deve contribuire alla capacità di essere protagonisti in una società che cambia a ritmo esponenziale.

 

La formazione quindi o è “umanistica” cioè pone al centro la persona e usa i contenuti per favorirne lo sviluppo o non è.

 

Renata Borgato



[1] Bauman Z. (2002) La società individualizzata, tr. It. Il Mulino, Bologna

[2] È stato Gregory Bateson che ha distinto tre tipi di apprendimento: il protoapprendimento, relativo all’acquisizione di informazioni e schemi abitudinari pianificabili in contesto stabile, il deuteroapprendimento che fa riferimento a un livello non deliberato e non pianificabile e un apprendimento di terzo livello coincidente con l’imparare a disapprendere.

[3] ibidem

[4] Bauman Z (2012), Conversazioni sull’educazione, Erickson, Trento



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Pubblica un commento

Rispondi Autore: Giuseppe Scarpino - likes: 0
13/09/2017 (09:33:00)
Concordo in pieno! La persona al centro sempre e comunque. Oggi accade esattamente l'opposto, nella formazione ma non solo, tutto possono fare tutto, nessuna preselezione a monte laddove invece servirebbe "almeno" a verificare l'attitudine di una risorsa a svolgere una determinata mansione piuttosto che altre. Non esiste oggi purtroppo un progetto che guardi al futuro inteso come lungo periodo. Siamo sempre in emergenza e non riusciamo a pianificare oltre.
Rispondi Autore: Sebastiano Trapani - likes: 0
13/09/2017 (09:41:40)
Buongiorno Renata, concordo sul percorso che hai tracciato. Occorre al più presto fare luce sugli attuali bisogni della persona e riportarla al centro del ragionamento formativo. Oggi, non basta essere tecnici della prevenzione. Il World Economic Forum ha tracciato le competenze vincenti del futuro. E' chiaro che l'accento è sempre più spostato verso le "soft skills". Come si può richiede ad un lavoratore di risolvere problemi complessi, in tempi rapidi e in sicurezza, se la sua mappa mentale non gli permette di orientarsi in questa realtà? Prima tra tutti metto l'intelligenza emotiva. Quanto secondo te i manager di oggi hanno la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni? Le emozioni sono contagiose e possono impattare come missili negativamente sul lavoro causando incidenti e infortuni.
Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0
13/09/2017 (09:54:32)
Piccolo particolare. Dove è scritto che "l’informativa prevista per i lavoratori agili deve essere somministrata con cadenza almeno annuale"?
Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0
13/09/2017 (09:55:50)
E poi: chi sono i lavoratori "agili"?
Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0
20/09/2017 (15:18:24)
Renata, visto il silenzio, ho cercato da solo la risposta ai miei quesiti.
E mi son trovato l'ennesimo 81 (legge 81/2017) che in qualche modo definisce il lavoro "agile" e richiede un'informativa annuale.
Ma non potevi mettere tu il riferimento?
Comunque, grazie per l'articolo.

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