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Imparare dagli errori: quando a infortunarsi è una lavoratrice

Imparare dagli errori: quando a infortunarsi è una lavoratrice
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

26/06/2014

Riflessioni, dati e prevenzione in merito alla tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici donne. La questione di genere, le buone prassi per migliorare la prevenzione e l’integrazione di genere nei sistemi di gestione.

Brescia, 26 Giu – Il nostro giornale ha rilevato più volte che i miglioramenti di questi ultimi anni nella prevenzione di incidenti e malattie hanno riguardato in misura maggiore i lavoratori maschi e molti autori hanno segnalato che la formazione e informazione delle lavoratrici donne sia spesso carente.
Se, come sottolineato dall’Inail, in Italia esiste effettivamente un “problema di genere” è giusto evidenziare tuttavia un sensibile aumento dell’attenzione sul tema con la conseguente produzione di documenti, linee guide e ricerche sulle  differenze tra lavoratrici e lavoratori che possono avere ripercussioni sulla tutela e gestione della salute e sicurezza in ogni azienda.
 
Per rafforzare la riflessione sulla “questione di genere” e motivare l’impegno delle aziende per una valutazione dei rischi che tenga conto delle differenze tra uomini e donne, pubblichiamo alcune puntate della nostra rubrica “Imparare dagli errori” con riferimento, in questo caso, non tanto a incidenti o eventi specifici, ma ai dati generali sugli infortuni negli ultimi anni in Italia e al materiale di prevenzione oggi disponibile.

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I dati
Con riferimento al dossier dell’Inail sulle differenze di genere nel mondo del lavoro ricordiamo che i dati degli infortuni sul lavoro “negli ultimi cinque anni (2008-2012) sono diminuiti del 12,8% per le donne e complessivamente del 25,0%”.
In particolare - continua il documento Inail - nel 2012 rispetto al 2011 “si registra una diminuzione del 5,7% con 218.701 casi che hanno colpito le lavoratrici (di cui 66 mortali) per le tre gestioni principali (Agricoltura, Industria e servizi, Dipendenti per conto dello Stato), pari esattamente a un terzo del totale (656.828, -9,5%). Le denunce delle malattie professionali, invece, in crescita costante fino al 2011 (circa da 7 mila a 14 mila casi), registrano una battuta di arresto nel 2012 rispetto allo scorso anno, con un calo del 2,3% per quelle femminili e complessivo dell’1,5%”.
E si rileva come siano frequenti tra le lavoratrici gli infortuni in itinere “a causa della fatica di conciliare ogni giorno lavoro e famiglia”.
 
Sempre con riferimento ai dati generali - nelle prossime puntate di “Imparare dagli errori” presenteremo dati più specifici in relazione a singoli comparti e attività – la “ Scheda tecnica - Infortuni sul lavoro e malattie professionali, i dati al femminile” indica inoltre che “in Italia “le donne rappresentano il 51,9% della popolazione in età lavorativa (oltre i 15 anni) e il 41,3% del totale occupati, e sono concentrate prevalentemente nel Centro-Nord del Paese. Nel 2012 le lavoratrici sono aumentate di 110mila unità rispetto al 2011 (+1,2%), sfiorando i 9,5 milioni. Oltre alle occupate, è aumentato il numero delle donne disposte a lavorare che cresce dal 16,5% a circa il 24%. Ciò è dovuto all’incremento delle lavoratrici straniere (+7,9%), alle ultracinquantenni trattenute al lavoro dalla riforma delle pensioni (+6,8%) e a tutte le donne che sono state spinte ad entrare nel mercato del lavoro dal sopravvenuto calo dei redditi maschili in questo periodo di crisi”.
Ma non bisogna dimenticare che nonostante l'aumento dell'occupazione femminile dovuto all'insieme di questi fenomeni “in Italia la quota di donne occupate sul totale della popolazione rimane di gran lunga inferiore alla media Ue (47,1% contro 58,6%)”.
 
Rimanendo sui dati generali con riferimento al calo degli infortuni femminili del 12,8% (dal 2008 al 2012) si rileva – sempre nel quinquennio 2008/2012 - un “incremento di quasi 5 punti percentuali dell’incidenza femminile sul totale degli infortuni (da 28,6% a 33,3%), a fronte di un aumento dell’occupazione femminile dell’1,3% nello stesso periodo”. E i casi mortali tra le donne - nello stesso quinquennio sono passati da 86 nel 2008 a 66 nel 2012 (-23,3%) - hanno comunque avuto “un calo di poco inferiore rispetto a quello complessivo (-24,6%)”.
 
La prevenzione
In merito alla prevenzione ricordiamo brevemente alcuni documenti che riteniamo possano essere di utilità per le aziende in relazione alla “questione di genere”.
 
Innanzitutto ricordiamo una buona prassi validata nella seduta del 29 maggio 2013 dalla Commissione Consultiva per favorire valutazione, misure preventive e interventi di formazione e informazione in ottica di genere.
 
La buona prassi dal titolo “Sicurezza nel prendersi cura...in ottica di genere” - attuata dalla U.O.C. SPP (Unità Operativa Complessa Servizio Prevenzione e Protezione) della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma - ricorda che in luoghi di lavoro ad alta complessità come le strutture sanitarie, “la certificazione ISO 9001 fornisce una griglia metodologica per sviluppare un’attenzione e un controllo sull’appropriatezza dei processi e dei servizi. Se nel disegnare e attuare i Sistemi di Gestione sulla Sicurezza sul lavoro (ISO 9001 oppure più specificatamente UNI INAIL SGSL ed OSHAS 18001) non si tiene da subito conto dell’ottica di genere come tematica mainstreaming e quindi trasversale ai processi, si corre il rischio di consolidare un tipo di organizzazione che non dà spazio a questa attenzione o comunque la ritiene accessoria”.
 
La scheda contenuta nella buona prassi validata sottolinea inoltre come “il tema della tutela della sicurezza in ottica di genere debba essere considerato come ambito istituzionale dei Servizi dedicata alla sicurezza sul lavoro e non solo delle istituzioni volte a eliminare le discriminazioni di genere”.
Segnaliamo anche la creazione di iniziative aziendali sul tema creando sinergie e aumentando la diffusione dell’attenzione su questi temi. In particolare:
- “valutazione del rischio e definizione di misure preventive in ottica di genere;
- integrazione dell’ottica di genere nella formazione e informazione sui rischi specifici (ad es. moduli dedicati al tema delle differenze di genere all’interno di corsi di formazione su: Radiazioni Ionizzanti”; Rischio Biologico; Stress lavoro correlato; formazione preposti ex. art. 37, comma 7 del D.Lgs. 81/08;
- “interventi ed iniziative specifiche su tematiche inerenti alle differenze di genere quali la violenza contro le donne”, la violenza nei luoghi di lavoro con approfondimenti sulla violenza di genere.
 
Per parlare invece di sistemi di gestione in ottica di genere è possibile consultare un volume dell’Inail dal titolo “ Integrazione di genere delle linee guida per un SGSL”.
 
Nel volume vengono offerte ai datori di lavoro e a tutti i professionisti della sicurezza, “indicazioni operative e strumenti utili ad affrontare in modo appropriato l’impostazione, l’implementazione e il miglioramento continuo del sistema di salute e sicurezza, a partire dal Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza (SGSL), integrando la prospettiva di genere nelle diverse fasi cicliche della prevenzione, valutazione e rimozione dei rischi”. E il processo di valutazione dei rischi in ottica di genere “viene riletto attraverso una proposta metodologica ed operativa, rinviando, per le specifiche relative agli standard tecnico-scientifici, alle evidenze che di volta in volta verranno evidenziate da specifici gruppi di ricerca” e validate nelle competenti sedi istituzionali.
 
Il documento contribuisce inoltre all’indagine sulla esistenza, o meno, “di un reale e motivato collegamento tra il genere e gli infortuni in itinere”. E per far questo può essere di indubbia utilità il questionario/intervista “realizzato e presentato nel quaderno, uno strumento che può consentire ai datori di lavoro, attraverso l’analisi delle modalità dell’infortunio, ma anche del contesto sociale nel quale i lavoratori e lavoratrici si muovono, di apprestare misure di prevenzione non tradizionali, ma non per questo meno efficaci, quali la flessibilità oraria o altri strumenti di conciliazione vita familiare e lavorativa”.
 
Inoltre si indica che l’integrazione dell’ ottica di genere nel SGSL e il riconoscimento dell’eccellenza dell’azienda/organizzazione “implica un Sistema di Gestione della SSL che evolve in termini di capacità di produrre salute e ridurre i rischi per donne e uomini, tenendo conto delle loro peculiarità. Tale sistema, deve confrontarsi con parametri essenziali e significativi di eccellenza” E se i principi sono universali,le tre dimensioni “individuate per declinare l’analisi della Salute dal punto di vista organizzativo sono: efficacia, appropriatezza ed equità”.
 
Con riferimento a quanto contenuto nei volumi pubblicati dall’Inail sul tema si può infine affermare che:
- “l’integrazione di genere, in tutte le fasi e le dimensioni di salute e sicurezza, produce benefici per l’azienda e per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori in condizione di maggior vulnerabilità;
- integrare una prospettiva di genere nella formulazione, analisi e monitoraggio delle politiche, dei programmi, regolamenti e accordi decentrati di applicazione dei contratti collettivi di lavoro, nelle regole, politiche e misure concrete a livello di impresa, aiuta tutti coloro che hanno responsabilità per la SSL a fare meglio il proprio lavoro;
- il prerequisito di un appropriato ed efficace processo di prevenzione, valutazione e rimozione dei rischi, è l’integrazione della prospettiva di genere nei SGSL;
- l’ integrazione del SGSL non può che basarsi su conoscenze e competenze adeguate e sull’assenza di meccanismi che inducano, anche in modo indesiderato, esiti di salute diversi tra donne e uomini, o tra gruppi di lavoratori, in diverse condizioni di vulnerabilità o esposizione ai fattori di rischio;
- ciò introduce alla necessità di garantire equità di genere in azienda, nel complesso, e tra i diversi gruppi di lavoratori, in particolare;
- l’equità è garantita, a partire da una specifica volontà di azione del datore di lavoro e del management, anche attraverso l’analisi puntuale degli impatti delle scelte organizzative sulla salute dei lavoratori e delle lavoratrici;
- l’analisi puntuale produce delle evidenze che vanno a corroborare le scelte aziendali e gli orientamenti strategici;
- è fondamentale che tali scelte ed orientamenti vengano adottati non solo sulla base di opinioni (o ancor meno di stereotipi), ma sulla base di evidenze che solo una corretta ed integrata analisi dei dati riguardanti il personale, entro ed oltre la valutazione dei rischi, può offrire”.
 
 
 
Inail, “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere. Integrazione di genere delle linee guida per un SGSL. Volume 3”, quaderno della "Rivista degli Infortuni e delle Malattie Professionali" a cura di Paola Conti e Antonella Ninci, agosto 2013 (formato PDF, 16.0 MB).
 
 
Tiziano Menduto
 

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