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Storie di infortunio: un bel maglione

Storie di infortunio: un bel maglione

Autore:

Categoria: Comportamenti sicuri e BBS

24/01/2017

La storia di un infortunio finita bene, grave infortunio avvenuto officina di lavorazioni meccaniche: come è avvenuto l’incidente e le cause.


 

Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie  storie d'infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.

Questa storia, dal titolo “Un bel maglione” (a cura di Federico Magrì, Servizio Pre.S.A.L. della Asl TO3), presenta un infortunio finito bene nel reparto produttivo di una piccola officina di lavorazioni meccaniche, su un tornio plurimandrino automatico. 

 

 

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Descrizione infortunio

L’infortunato operava sul tornio in movimento (mandrini in rotazione) con gli sportelli laterali aperti. Per spostare un ugello del liquido lubrorefrigerante portava il braccio destro all’interno dell’area di lavoro del tornio e la superficie scanalata di un albero in rotazione afferrava un lembo della manica del maglione che l’infortunato indossava, trascinando il braccio verso gli organi meccanici in movimento. Per una fortunata combinazione il tessuto del maglione ha formato intorno all’albero un groviglio tale da bloccarne la rotazione, limitando il danno ai tessuti superficiali del braccio.

 

Come prevenire

L’infortunio non sarebbe successo se l’infortunato stesso non avesse deliberatamente manomesso i dispositivi di sicurezza di cui era dotato il tornio, che era stato acquistato usato ma ricondizionato da una ditta specializzata e dotato dei necessari dispositivi di sicurezza e delle relative certificazioni. Egli aveva infatti smontato le chiavette di sicurezza che, fissate agli sportelli laterali scorrevoli del tornio, impegnando i microinterruttori che danno il consenso ai movimenti del tornio solo quando gli sportelli sono in posizione di chiusura. Le chiavette erano state infilate nei microinterruttori in modo che vi fosse sempre il consenso al movimento. Ovviamente, l’infortunio poteva essere prevenuto anche evitando di inserire parti del corpo all’interno dell’area di lavoro (e quindi dell’area di pericolo) del tornio.

 

 

UN BEL MAGLIONE

A mia madre è sempre piaciuto lavorare a maglia. Già quand’ero piccolo e andavo a scuola era lei con le sue mani, con movimenti velocissimi e precisi, che mi confezionava dei bellissimi maglioncini di lana.

Ora che ho passato i trentacinque anni, ho la mia famiglia, il mio lavoro e la mia officina, lei continua a passare le sere a sferruzzare e ad ogni Natale regala uno splendido maglione a me e uno a mio fratello Carlo. Sono molto belli e quando a forza di indossarli diventano un po’ lisi, li usiamo anche per il lavoro in officina.

Io e mio fratello siamo sempre andati molto d’accordo, e da qualche anno, in un piccolo capannone nell’area artigianale del nostro paese, abbiamo messo in piedi la nostra aziendina. Ora ci lavoriamo io e Carlo con due operai dipendenti, produciamo raccordi per impianti idraulici, partendo da barre di acciaio trafilato. Abbiamo comprato dei torni plurimandrino automatici di seconda mano, vecchiotti ma ricondizionati da una ditta specializzata, che ce li ha venduti con tutte le certificazioni necessarie, anche rispetto alla sicurezza. In pratica in ogni postazione di lavoro c’è un caricatore automatico che spinge le barre metalliche lunghe 4 metri verso i mandrini dei torni automatici. Quando la barra sporge della giusta misura dal mandrino, questo automaticamente si serra sul pezzo di barra sporgente ed iniziano ad operare, secondo movimenti programmati, gli utensili del tornio. Completata l’asportazione di materiale prevista dal disegno, il pezzo finito viene scaricato in una apposita tramoggia.

 

I pezzi che produciamo sono di vari tipi e dimensioni, perciò più o meno una volta al giorno bisogna fare un cambio-tipo su almeno uno dei torni. È un lavoro che facciamo solo io e mio fratello, richiede una certa esperienza e una gran precisione, sennò si rischia di fare un’intera partita di pezzi di scarto.

Un giorno di gennaio, nel pomeriggio, stavo proprio lavorando per il cambio-tipo di uno dei torni. Alle cinque, finito il loro turno, gli operai sono andati a casa, mentre io e Carlo, come al solito, siamo ancora rimasti al lavoro. Io volevo finire la regolazione del tornio, in modo che al mattino successivo l’operaio lo trovasse già pronto per la produzione. Verso le 18:15 avevo quasi finito, mi restava solo da regolare la posizione dei beccucci che fanno arrivare il liquido lubrorefrigerante sull’area di lavoro dell’utensile. Ovviamente per poter fare il lavoro avevo aperto i due sportelli scorrevoli laterali del tornio, i quali servono sia a impedire l’accesso alle parti meccaniche in movimento che sono all’interno, sia a evitare che schizzi di liquido lubrorefrigerante vadano verso l’esterno della macchina. Con gli sportelli aperti la macchina potrebbe funzionare solo a impulsi, giusto per poter verificare che il montaggio e le regolazioni sono fatte bene, poi bisognerebbe chiudere gli sportelli e far partire il normale ciclo di lavoro.

Per poter vedere bene come lavoravano gli utensili, pochi giorni dopo il loro acquisto avevamo fatto una piccola modifica ai torni, smontando la chiavetta che, fissata sugli sportelli, andava ad azionare i microinterruttori di sicurezza quando si chiudevano gli sportelli dando così il consenso al movimento dei mandrini e degli utensili.

 

I due microinterruttori di sicurezza che avrebbero dovuto impedire i movimenti del tornio a ripari aperti erano stati manomessi, staccando le due chiavette dagli sportelli e infilandole nei microinterruttori. In questo modo il tornio riceveva il consenso per i movimenti indipendentemente dall’apertura o chiusura degli sportelli, ed era quindi possibile accedere all’area di lavoro del tornio anche quando gli organi meccanici erano in movimento.

 

La chiavetta smontata dagli sportelli era stata infilata direttamente nei microinterruttori, così da poter aprire gli sportelli e dare un’occhiata all’interno senza che il tornio si fermasse. In questo modo potevamo anche verificare a vista che tutto funzionasse a dovere. Grazie a quella modifica, infatti, potevo far girare i mandrini e far muovere le torrette portautensili controllando che tutto fosse ben regolato.

Come dicevo, alle 18:15 circa avevo ormai finito, dovevo solo regolare la posizione dei beccucci del liquido lubrorefrigerante. Mentre i mandrini erano in rotazione (azionati da una serie di meccanismi scoperti ed accessibili), ho allungato il braccio per spostare un po’ un beccuccio. Mentre muovevo il braccio, un albero in rotazione, che ha una parte della superficie scanalata, ha afferrato la manica del maglione nella zona del gomito destro. Un attimo e mi sono sentito tirare verso il meccanismo, non riuscivo a sottrarmi alla stretta e subito dopo ho sentito un forte dolore al braccio. Per un momento ho pensato “Oddio, qui ci lascio un braccio!”

 

Un istante dopo, con uno strano rumore, il tornio si è fermato. Il filato del maglione fatto a mano si era avvolto intorno all’albero in rotazione formando una massa inestricabile che alla fine ha impedito la rotazione, bloccando meccanicamente i movimenti del tornio e facendo poi intervenire le protezioni elettriche. Nel silenzio calato improvvisamente sentivo solo il dolore al braccio destro, e mi sono trovato incastrato, in una scomoda posizione, all’interno del tornio automatico. Non so come, ho trovato il fiato per chiamare Carlo, che era dall’altra parte del reparto, e farmi aiutare. Lui è corso subito, e quando ha visto che ero ferito ha subito chiamato il 118. Poi ha provato a liberarmi, ma non ci è riuscito. Un pezzo di pelle del mio braccio era finito fra gli ingranaggi, ma il tornio era completamente bloccato, non c’era modo di farlo muovere né in avanti né all’indietro.

 

Dieci, forse dodici minuti, ed ecco arrivare l’ambulanza.

I volontari a bordo provano a liberarmi, ma anche loro non riescono.

Chiamano allora i Vigili del Fuoco.

Passano altri minuti, arriva una prima unità dei pompieri, poi una seconda.

Le provano tutte, ma il tornio si ostina a non volermi lasciare libero.

È gennaio, è sera e il portone dell’officina è aperto: batto i denti per il freddo e un pompiere mi copre con la sua giacca.

Comincio a pensare che resterò qui bloccato ancora a lungo.

I Vigili del Fuoco chiamano ancora il 118, questa volta arriva un’ambulanza con un medico a bordo. Lui vuole essere certo che non ci sia altro modo per liberarmi, tutti fanno ancora qualche tentativo, poi lui decide che c’è una sola cosa da fare: prende un telino azzurro sterile, lo stende per quanto possibile intorno al mio gomito e poi, dopo aver praticato un’anestesia locale, con il bisturi taglia il lembo di pelle e muscolo incastrato fra gli ingranaggi.

Sono le 20:30 e finalmente mi trovo sull’ambulanza che mi porta in ospedale. Ho ancora freddo, ma non sento dolore. Penso a mia madre, a quando dice “Un bel maglione fatto a mano con lana spessa è molto più robusto di quelle robette che puoi comprare al mercato!”

Beh, forse un maglioncino del mercato non avrebbe fermato il tornio, e ora io sarei senza un braccio…

 

 

Federico Magrì

Servizio Pre.S.A.L. della Asl TO3

 

La  storia completa  “ Un bel maglione”.



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Pubblica un commento

Rispondi Autore: Francesco - likes: 0
24/01/2017 (09:31:55)
Articolo interessante ma vorrei porre una questione.

Spesso nelle officine meccaniche mi capita di parlare con i dipendenti che, per esigenze lavorative come anche solo udire il suono dell'utensile sul pezzo per comprendere come procede la lavorazione, necessitano di accedere all'area pericolosa.

Altro problema, che è stato portato all'attenzione, è la difficoltà nel seguire visivamente il processo di lavorazione attraverso le schermature che non permettono una corretta visibilità in seguito all'immediato spargimento dei lubrorefrigeranti.

Nella mia inesperienza, da giovane tecnico, mi chiedo se alcuni sistemi e/o procedure di sicurezza andrebbero riviste, in quanto, il personale qualificato ed esperto nell'utilizzo di tali macchine trova difficoltà nell'esecuzione del proprio lavoro.
Rispondi Autore: Palermo Luigi - likes: 0
24/01/2017 (12:14:55)
E successo anche a me constatare, quando ero in servizio da capo sezione VV.F a seguito della squadra d'intervento, i in una vetreria, il proprietario a causa di un lembo della tuta rimaneva con la mano e parte del braccio incastrato tra i rulli. Sul posto fatta una riflessione e bastato invertire i poli dell'interruttore e il rullo comincio a girare al contrario liberando la mano e parte del braccio. Mi sorprende come mai non hanno usato lo stesso metodo,questo inconveniente può accadere,purtroppo da quando i mestieri artigianali non sono più richiesti nei bandi concorsuali nei VV.F. Sarà? mi auguro di sbagliarmo
Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0
25/01/2017 (00:22:58)
La mia carriera lavorativa è iniziata subito dopo le scuole professionali (Ancifap di Genova) nel lontano 1974 e, casualmente, proprio come tornitore, attività che ho svolto per una decina di anni prima di cambiare completamente mestiere, mestiere che ho adorato perché l'ho scelto.
Purtroppo quello che scrive Francesco è vero, ci sono delle operazioni che è diciamo impossibile eseguire in presenza di schermi e/o protezioni varie. Parliamo certamente di un tornio parallelo a manuale. Un esempio su tutti: se devo eseguire una alesatura in profondità con utensile, diciamo per la rettifica di una sede valvola, devo essere vicinissimo per vedere dove e come lavora l'utensile ma devo anche essere in grado di sentire le vibrazione dell'utensile stesso.
Purtroppo anche a me è capitato di assistere a un brutto incidente, ed è capitato poco più di un mese alla fine del biennio e dell'esame finale, giugno/luglio del '74. Un amico studente come me, nell'intento di pulire un pezzo sul tornio, utilizzando del cotone (allora non si usavano stracci e le scuole ..... ma anche tante officine non avevano prese per aria compressa sparse ovunque. Tralascio i particolari di come è accaduto, il suo tornio era di fronte al mio, ho visto tutto e seppur pietrificato ricordo bene come andò; comunque riuscii a spegnere la macchina prima che gli partisse la testa. Morale della favola, questo ragazzo perse un braccio. Spero vivamente che oggi tutte le officine dove sono presenti macchine utensili di qualunque genere, ci sia installato un idoneo impianto d'aria, ma non ne sono poi così tanto sicuro.
Se poi vogliamo dirla tutta, anche io ho subito un discreto infortunio, 1981, usando i DPI come già allora disponevano le norme ..... ma forse quella lavorazione è l'unica o una delle poche dove è sicuramente sconsigliato usare i guanti protettivi, non parlo dei monouso naturalmente anche perché allora non c'erano. Posso garantire che passare della tela smeriglio su un particolare che gira e indossando i guanti non è il max della sicurezza. Cosa è successo? Mi ha preso sotto (tela, guanto e mano) .... frattura di pollice, mano, polso, rottura del tendine estensore del pollice: intervento, 60 punti, due mesi di rieducazione e naturalmente mini invalidità senza riconoscimento economico (oggi sarebbe giusto perché è stata colpa mia, ma allora non era così)...... Beh, almeno la mano l'ho ancora e funziona.
Queste due mini storie non sono per incuriosire altre persone, ma a mio parere servono per far capire agli addetti ai lavori quanto possa essere difficoltoso emettere delle precise procedure di sicurezza. E' necessario che i Professionisti, non pensino di essere dei fenomeni che sanno tutto, posso dire che ne conosco alcuni, ma prima di redigere o consigliare una procedura si confrontino con chi esegue una determinata attività e da loro si facciano spiegare e dimostrare, all'occorrenza, le varie operazioni, invece di chiedere ai "capi" che oggi oramai e troppo spesso non distinguono un cacciavite da un foglio di carte e non hanno la più pallida idea di che tipo di lavoro svolgono i propri sottoposti.
Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0
25/01/2017 (00:31:53)
..... Scusate, dimenticavo di dire che venni convocato in pretura per la testimonianza e alla domanda dell'avvocato dell'Istituto sul perché fosse successo, ricordo che dissi semplicemente che la necessità di pulire un particolare, filettato ma anche no, era necessario e obbligatorio avere un idoneo impianto d'aria completo di manichette e pistola, almeno una ogni due macchine, questo soprattutto nelle scuole.
Subito dopo l'esame cominciai il mio percorso lavorativo, quindi persi i contatti ma venni a sapere che durante quell'estate tutte le officine della scuola vennero dotate di un idoneo impianto di aria compressa.
Rispondi Autore: Luigi Palermo - likes: 0
25/01/2017 (18:40:45)
Scusa Tedone non so a chi ti riferisci consigliare di distinguere un cacciavite a un foglio di carte. Non ho criticato l'operatore al TORNIO,me ne guiarderei bene,ma bensì le lungagine dell'operazione svolta x liberare il braccio dell'operatore. Io ho detto la mia esperienza Tu la tua.
Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0
26/01/2017 (08:42:54)
No no un momento, lungi da me l'idea di criticare qualcuno in particolare e se ciò è stato inteso me ne scuso con tutti. La mia "battutaccia" è rivolta a tutte quelle persone che credono di essere dei santoni tuttologi. Lavorando in un'azienda pubblica purtroppo ho a che fare con personaggi interni ed esterni che danno disposizioni e/o consulenze di vario tipo senza chiedere lumi all'operatore ma sempre e solo ai capi quando, a mio modestissimo parere, nella maggior parte dei casi occupano posti senza sapere il perchè e cosa devono fare; da qui nasce la battuta del non distinguere un cacciavite da un foglio di carta.
Rinnovo le mie scuse se qualcuno si è sentito particolarmente incluso in quella categoria, in fin dei conti essendo un contadino prestato alla scrivania sono capace di scrivere così.

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