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I processi inferenziali nella gestione dell’emergenza-urgenza

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Gestione emergenza ed evacuazione

15/10/2013

I processi decisionali, organizzativi e di costruzione di senso possono portare alla diminuzione dell’errore. L’esempio dell’AUSL di Aosta. Di Maurizio Catino, Massimo Pesenti Campagnoni, Chiara Locatelli.

I processi decisionali, organizzativi e di costruzione di senso – sensemaking – consentono di attribuire un significato alla realtà osservata e il loro sviluppo appare centrale per la diminuzione dell’errore clinico. Ecco l’esempio di una lavoro condotto in questa direzione presso l’AUSL di Aosta.

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I processi inferenziali nella gestione dell’emergenza-urgenza
Di Maurizio Catino, Massimo Pesenti Campagnoni, Chiara Locatelli
 
1.Introduzione
L’articolo [1] presenta i risultati di una ricerca condotta presso il pronto soccorso dell’Ausl di Aosta [2] che ha coinvolto gran parte dell’équipe medica ed infermieristica. L'osservazione diretta delle pratiche lavorative ha consentito la ricostruzione dei processi operativi e sistemici che caratterizzano questo particolare contesto ospedaliero. Gli argomenti qui trattati si inseriscono all’interno di un approccio di analisi organizzativa che analizza in modo integrato decisioni mediche e organizzazione: i processi inferenziali tipici della professione medica (le decisioni), con i processi lavorativi che caratterizzano il dipartimento di emergenza (l’organizzazione).
In particolare, sono stati indagati i processi decisionali, organizzativi e di costruzione di senso – sensemaking – che consentono di attribuire un significato alla realtà osservata. Parlare di creazione di senso significa considerare la realtà come oggetto di una costruzione continua, che prende forma quando le persone danno senso alle situazioni in cui si trovano e che hanno generato [3]. In questo caso si pone l’attenzione sulle strategie adottate dal personale sanitario nella costruzione della diagnosi (valutando sia il contributo medico che quello infermieristico), ovvero su quei ragionamenti inferenziali che caratterizzano il processo di trattamento del paziente e di lettura dei weak signs (i segnali deboli).
I processi di identificazione e di valutazione dei sintomi sembrano seguire un modello simile alle detective stories [4], basate sul paradigma indiziario [5], in cui le persone sviluppano la capacità di risalire da dati sperimentali a prima vista trascurabili − indagandoli − a una realtà complessa che necessita di essere riordinata e categorizzata (analizzare i dati disponibili per dare significato alla patologia manifestata dal paziente).
La continua esposizione a eventi inattesi, come l’arrivo di un paziente con un Codice Rosso o l’avere a che fare con una patologia di difficile interpretazione, inducono i soggetti a elaborare un processo di costruzione di senso proprio per strutturare l’incertezza e per dare ordine a tutto quello che viene osservato. Tuttavia, diventa importante categorizzare i processi inferenziali che si attivano, in termini di abduzione, deduzione e induzione. Per abduzione si intende la formulazione di congetture partendo da dati apparentemente insignificanti e non collegati tra loro, che porta a ricostruire connessioni dotate di senso, come ad esempio la generazione di ipotesi cliniche sulla base di sintomi e segnali apparentemente slegati gli uni dagli altri, che non rientrano all’interno di uno schema concettuale conosciuto o di cui si è già fatta esperienza. Per deduzione si intende l’inferenza di un’ipotesi attraverso una serie di passaggi logici delle conclusioni partendo da alcune assunzioni iniziali (dal generale al particolare) come ad esempio i casi clinici che riportano sintomatologie visibilmente evidenti in cui è possibile attivare processi di ragionamento capaci di dedurre con certezza le cause. Infine, per induzione si intende l’individuazione di una regolarità e la formulazione di una generalizzazione attraverso successive prove empiriche (dal particolare al generale) come ad esempio le situazioni in cui i sintomi riportati dal paziente possono essere riconducibili a più di una patologia, mettendo il professionista nelle condizioni di aumentare il numero di accertamenti per confermare una delle ipotesi formulate.
 
2. Operare nella medicina d’emergenza: il rapporto tra processi decisionali e organizzativi.
Il pronto soccorso (PS) è l’unità operativa dell’ospedale dedicata ai casi di emergenza in cui sono necessarie cure immediate. È l’unità che deve assicurare il primo accertamento diagnostico, clinico, strumentale e gli interventi necessari alla stabilizzazione del paziente, nonché il collegamento con le specialità di cui è dotato l’ospedale per gli interventi diagnostico-terapeutici successivi.
Il pronto soccorso possiede caratteristiche specifiche molto diverse dalle altre unità operative dell’ospedale. Innanzitutto, mette in relazione la complessità della medicina con le caratteristiche dell’emergenza all’interno di una struttura organizzativa poco gerarchizzata. In tale ambito, le attività sanitarie non sono programmabili in alcun modo, ma sono svolte sulla base delle richieste del momento e rispettando le esigenze dell’urgenza (attività just-in-time).
Diversi studi [6][7][8] evidenziano come la particolarità operativa del contesto dell’emergenza sottoponga gli operatori a un elevato rischio di errore, in particolare nel processo di costruzione della diagnosi. Diversi sono i fattori che contribuiscono alla manifestazione degli errori nei dipartimenti di emergenza e spesso dipendono dalle specificità organizzative che li differenziano dagli altri reparti ospedalieri. Tali fattori possono essere sintetizzati come segue:
1) Generalmente gli operatori non conoscono il paziente che andranno a visitare e le informazioni disponibili sono insufficienti in termini di continuità e di completezza rispetto alla storia clinica del paziente. Questo problema, inoltre, viene acutizzato dai limiti di tempo e dalla necessità di accelerare le operazioni che richiedono una certa urgenza.
2) L’elevato numero delle decisioni e il carico cognitivo da sostenere (il background delle informazioni a cui l’operatore deve fare riferimento). La combinazione tra la numerosità delle decisioni e l’incertezza diagnostica può aumentare la probabilità di commettere errori. L’alta intensità dei processi di decision-making [9], tuttavia, diviene una delle principali caratteristiche distintive dei reparti di pronto soccorso rispetto alle altre unità dell’ospedale.
Negli ambienti ad alta intensità operativa e caratterizzati da condizioni di estrema incertezza, infatti, sono numerosi i fattori che impattano sulle operazioni di decision-making. Per quanto riguarda il caso specifico del pronto soccorso, tutti questi elementi, tuttavia, influiscono in modo particolare sul processo di costruzione della diagnosi e sull’attribuzione dei livelli di gravità delle patologie (es. triage), aumentando i livelli di rischio e di difficoltà. Durante lo svolgimento di un turno lavorativo, sono richieste numerose decisioni cliniche che comportano un elevato onere cognitivo a causa della scarsa disponibilità di risorse, di tempo e di informazione. Ogni singola decisione presa, a sua volta, impatta su quella successiva determinando il successo del percorso di trattamento clinico [10].
3) La difficoltà di preparare i medici su tutti i casi clinici possibili. In accordo con gli studiosi [11] di decision-making sono necessari circa 10 anni di esperienza di lavoro per riuscire a garantire una pressoché completa conoscenza delle situazioni cliniche prevedibili.
4) La carenza di feedback ricevuti da altri specialisti, determinata dai limiti di tempo imposti dalla necessità di intervenire con urgenza sul paziente.
5) L’impatto più forte esercitato dai momenti di cambio-turno tra gli operatori. Il turnover può determinare un’interruzione del trattamento del paziente e gli stessi turni notturni possono abbassare i livelli prestazionali.
6) I limiti di tempo influiscono anche sulle attività di metacognizione. I medici e gli infermieri che operano nei dipartimenti di emergenza dispongono di tempi più ridotti per avviare riflessioni sulla propria attività clinica e sul loro modo di valutare i casi osservati durante la giornata lavorativa.
7) Gli elevati livelli di incertezza e ambiguità. In situazioni di ambiguità le persone intraprendono il processo di costruzione di senso perché sono confuse da una quantità eccessiva di interpretazioni. In condizioni di incertezza, invece, le persone si trovano a operare prevalentemente in assenza di dati e informazioni a cui fare riferimento.
 
3. Il caso del pronto soccorso dell’Ausl di Aosta.
La ricerca, condotta nel pronto soccorso dell’Ausl di Aosta, ha consentito di studiare le attività di lavoro (decisioni e organizzazione) nelle situazioni di emergenza. In particolare l’attenzione è stata posta sull’analisi di due aspetti:
1) il percorso di costruzione di senso – sensemaking – tenendo conto della distinzione tra ambiguità e incertezza;
2) i processi inferenziali attivati durante l’elaborazione delle valutazioni di triage e delle diagnosi, distinguendo tra abduzione, deduzione e induzione.
Lo studio, che si inserisce all’interno di un ampio programma pluriennale di ricerca-formazione e intervento definito dalla Direzione del Dipartimento d’Emergenza e dalla Direzione Generale dell’Ausl di Aosta, ha coinvolto gran parte dell’équipe medica ed infermieristica. Il contributo degli operatori è stato di fondamentale importanza per la ricostruzione e per la comprensione dei processi lavorativi che caratterizzano uno dei reparti ospedalieri con la più alta intensità operativa e con i tempi di intervento più rapidi. In particolare, la ricerca si è focalizzata sull’analisi del processo di sensemaking e sull’attivazione di processi inferenziali (l’abduzione, la deduzione e l’induzione) nell’attribuzione dei codici di gravità e nella costruzione della diagnosi della patologia del paziente. Dal punto di vista metodologico, la ricerca ha seguito un approccio basato sull’etnografia organizzativa: osservazioni sul campo (diurne e notturne) per un totale di 90 ore, interviste (15) e colloqui informali, focus group e analisi della documentazione interna.
 
4. L’analisi del processo di costruzione della diagnosi tra ambiguità e incertezza.
Il termine sensemaking [12], che letteralmente significa costruzione del senso si riferisce ai modi in cui le persone generano quello che interpretano. Durante l’attività di sensemaking, le persone creano il proprio mondo di riferimento e lo interpretano, pertanto, il sensemaking include sia un processo di invenzione e un processo di interpretazione [13]. Esso tende a manifestarsi in situazioni in cui l’ambiguità e l’incertezza sono elevate. Il sensemaking organizzativo è una forma importante di processo di costruzione di senso che emerge quando le persone utilizzano delle risorse per interpretare e spiegare i fenomeni organizzativi. La realtà acquisisce il senso che le viene attribuito dalle persone. In prima istanza, essa produce degli stimoli che spingono gli stessi individui a insistere nel cercare di dare senso a ciò che osservano.
Weick individua due esempi comuni di sensemaking nelle organizzazioni:
1) l’ambiguità (mancanza di un modello interpretativo);
2) l’incertezza (mancanza di informazioni).
Si tratta di due situazioni del tutto differenti.
1) In situazioni di ambiguità le persone intraprendono il processo di costruzione di senso perché sono confuse da una quantità eccessiva di interpretazioni. Vi è una mancanza di chiarezza o di coerenza della realtà e le situazioni sono difficili da codificare in modo preciso entro categorie esaustive ed esclusive. Quando le persone si trovano di fronte a un evento ambiguo cercano di definire gradualmente il significato attraverso la discussione, i procedimenti per prove ed errori e l’esplorazione dei dati osservabili. Situazioni di questo genere si possono manifestare nel momento in cui il paziente dichiara la presenza di una molteplicità di sintomi che sembrano non aver alcun legame tra di loro e che potrebbero riferirsi a una serie di patologie differenti. La situazione, può aggravarsi qualora la storia clinica passata del malato sia caratterizzata da una molteplicità di eventi che aumentano il livello di confusione.
2) In condizioni di incertezza, le persone si trovano a operare prevalentemente in assenza di dati ed informazioni a cui fare riferimento. L’incertezza si manifesta anche quando le persone rilevano informazioni nuove, inusuali e inaspettate a cui si deve dare un senso. In questo caso l’innesco del processo di costruzione di senso è dovuto all’ignoranza, ovvero alla mancanza delle informazioni, che rende imprecise le stime sulle conseguenze future di un’azione presente. La ricerca dei dati, perciò, è focalizzata a colmare questa lacuna informativa e non a rimuovere la confusione, che invece è generata dall’ambiguità. Un caso tipico potrebbe essere la situazione in cui il paziente arriva in PS privo di sensi, senza accompagnamento e senza disporre di documentazioni relative a patologie passate. Il medico si trova nella totale incertezza e deve procedere alla ricostruzione della diagnosi attraverso le informazioni che riesce a raccogliere al momento.
La differenza che si origina dalle situazioni dominate dall’incertezza e dall’ambiguità è la seguente:
- per rimuovere l’ignoranza è richiesta più informazione, mentre
- per rimuovere la confusione è necessario un tipo di informazione diverso che abbia degli elementi in più per ottenere il senso del problema da affrontare.
 
5. I processi inferenziali.
Il processo di sensemaking si inserisce all’interno di processi mentali più complessi volti a elaborare delle inferenze dalla realtà circostante. Tali ragionamenti inferenziali si distinguono in: abduzione, deduzione e induzione [14]. Vediamoli nel dettaglio [15][16][17].
1) La deduzione è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche, dentro cui quella conclusione è implicita [18]. La deduzione è, quindi, quel processo logico per cui da un assunto iniziale, attraverso una serie di passaggi logici necessari (inferenze), si derivano determinate conclusioni. Il ragionamento deduttivo procede dal generale al particolare. Questo metodo parte da postulati e princìpi primi e, attraverso una serie di rigorose concatenazioni logiche, procede verso determinazioni più particolari attinenti alla realtà tangibile. Nella deduzione la conclusione scaturisce in modo automatico dalle premesse: date la regola e il caso, il risultato non può essere diverso e rappresenta semplicemente l’esplicitazione di ciò che era già implicito nelle premesse.
La deduzione, in quanto processo logico, non fornisce nuovi elementi conoscitivi: il conseguente discende automaticamente dall’antecedente. L’unico problema della deduzione è accertarsi della correttezza dei passaggi logici: se questi sono corretti, e se l’antecedente è vero, il conseguente sarà sicuramente vero.
2) L’induzione è un procedimento che, partendo da singoli casi particolari, cerca di stabilire una legge universale [19]. Esso consiste nello scoprire una regolarità e nel formulare una generalizzazione attraverso successive prove empiriche, procedendo dal particolare al generale. Questo processo di ragionamento logico consente di ipotizzare una regola a partire da un caso e da un risultato: essa si basa sull’assunzione che determinate regolarità osservate in un fenomeno continueranno a manifestarsi nella stessa forma anche in futuro. L’induzione non è logicamente valida senza conferme esterne e accresce il valore di verità di una generalizzazione attraverso la ripetizione di un esperimento. Quanto maggiore è il numero di esperimenti tanto più è affidabile il ragionamento.
3) L’abduzione, infine, consiste nell’elaborazione di una congettura che, attraverso l’applicazione di una regola, consente di spiegare il fatto indagato; in altre parole, indica una conclusione ipotetica basata sull’osservazione di un caso particolare [20]. L’abduzione, da un lato, introduce un elemento di novità e, dall’altro, è passibile di errore.
Il fatto osservato non è certo, come nel caso della deduzione, né probabile, come nel caso dell’induzione, ma è semplicemente plausibile. Da un lato, quindi, la possibilità di errore è elevata ma è alta anche la possibilità di apprendere e di fare scoperte.
In sintesi, la deduzione prova che qualcosa deve essere, l’induzione mostra che qualcosa è realmente operativa, l’abduzione suggerisce che qualcosa può essere e che quindi plausibilmente è. Nelle tre forme inferenziali si viene a creare una relazione inversa tra la sicurezza delle conclusioni a cui si giunge e la ricchezza innovativa dei tre processi logici. La deduzione presenta massima sicurezza, ma non ci dice nulla di nuovo sulla realtà che non fosse già contenuto in quello che viene definito antecedente. L’induzione è meno sicura in quanto, come abbiamo visto, è sempre passibile di falsificazione attraverso un ulteriore esperimento, ma ci dice qualcosa di più sulla realtà in quanto corrobora o indebolisce l’antecedente. L’abduzione, infine, è altamente rischiosa, in quanto ci obbliga a esplorare nuovi percorsi interpretativi e ci induce ad avanzare nuove ipotesi, plausibili ma incerte.
La ricerca condotta nel pronto soccorso ha messo in evidenza la complessità dei percorsi di ragionamento adottati dal personale sanitario e la presenza combinata dei tre processi inferenziali. Di particolare importanza per il presente studio è stato il processo logico dell’abduzione, in cui si generano delle teorie provvisorie confutabili o confermabili con l’esperienza (tra gli esempi rientra anche la diagnosi medica). È fondamentale che le organizzazioni che affrontano situazioni rischiose e che vivono in ambienti incerti sviluppino la capacità di leggere e di decodificare segnali deboli e talvolta impercettibili in tempi rapidi. Indizi che rivelano il pericolo di crisi incombenti, di probabili incidenti e di processi degenerativi in atto. L’abduzione richiede, quindi, flessibilità, creatività e capacità di innovazione cognitiva per risolvere questioni difficilmente interpretabili secondo le mappe cognitive normalmente utilizzate. Le osservazioni condotte sul campo hanno permesso di categorizzare le diverse modalità di procedere da parte degli operatori nella valutazione delle condizioni del paziente e nella costruzione della diagnosi. In particolare, tale variabilità è legata al tipo di caso clinico osservato: la maggioranza dei casi trattati negli ambulatori chirurgici e medici seguono un iter prevalentemente abduttivo, mentre quelli gestiti dagli infermieri nella fase di triage seguono un iter deduttivo. Per quanto riguarda i pazienti con una piccola patologia traumatica, la maggioranza dei casi osservati presenta sintomi da cui sono facilmente inferibili le conclusioni, ovvero dalla particolarità della situazione si riesce a generalizzare il problema legato al malessere del paziente. Di seguito, a titolo di esempio, si riporta una delle situazioni osservate:
Una paziente di 78 anni si reca in PS dopo aver colpito lo stinco su una superficie molto dura. Siccome la paziente presenta problemi di tipo vascolare il colpo ricevuto le ha provocato la comparsa di un’ulcera sanguinante infetta. Il medico chirurgo dopo aver rilevato il problema procede alla medicazione, prescrive la terapia e consiglia la visita in un ambulatorio vascolare.
Tuttavia, sono frequenti anche i casi in cui i medici e i chirurghi attivano un processo di tipo induttivo, in cui partendo da dei sintomi ricorrenti ipotizzano la presenza di una particolare patologia (come vedremo questo è il caso frequente delle fratture articolari, in cui grazie a determinati fattori è possibile supporre la presenza di un arto rotto). Di seguito, un esempio:
Una bambina di 5 anni si reca in PS accompagnata dai genitori a seguito di una caduta con il triciclo. Dall’anamnesi si ipotizza la presenza di una frattura a un braccio, pertanto si richiede l’esecuzione di una radiografia e una visita ortopedica (in consulenza). In seguito agli accertamenti viene confermata la presenza di una frattura, pertanto l’infermiere esegue una fasciatura semirigida per bloccare il braccio e il chirurgo propone il ricovero nel reparto di ortopedia in cui verrà eseguita l’operazione.
Per quanto riguarda i pazienti trattabili in ambulatorio medico, le patologie manifestate dall’utenza sono caratterizzate da un maggior grado di incertezza o ambiguità, in quanto i sintomi sono meno chiari e difficilmente decifrabili. L’ambiguità delle informazioni, o la loro carenza, sembra che induca il medico ad adottare un ragionamento più complesso che rientra esattamente nella categoria dell’abduzione (ad esempio il dolore toracico, il dolore addominale, emicrania, ecc.). Anche in questo caso, si mostra un esempio emblematico:
La paziente è una signora di 87 anni che entra in pronto soccorso priva di conoscenza. I parenti testimoniano di averla trovata nel bagno di casa sua priva di sensi e di averla vista vomitare più volte. Il medico raccoglie tutte le informazioni reperibili dalla testimonianza dei familiari e dalla storia clinica del paziente (precedenti ricoveri, malattie e patologie riscontrate, etc.), e rileva che la signora era stata ricoverata la settimana prima per problemi neurologici. In base alle informazioni ottenute il medico individua una prima diagnosi ed esprime il dubbio di trovarsi di fronte a un ictus ischemico piuttosto che emorragico. Per giungere a una diagnosi più certa richiede l’esecuzione di una TAC e chiama il reparto di radiologia per verificarne l’immediata disponibilità. Una volta ricevuto il consenso dei tecnici di radiologia, il medico conduce la paziente affinché possa essere sottoposta all’esame. Date le gravi condizioni della signora il medico e l’infermiere di turno accompagnano la paziente nel reparto di radiologia in cui verrà eseguita la TAC. L’esame radiologico individua la presenza di una grave emorragia cerebrale, la peggiore delle due ipotesi diagnosticate in precedenza. A causa della gravità e della chiarezza della situazione si decide di non approfondire gli accertamenti e viene comunicato ai parenti che la paziente non si sarebbe salvata.
Va sottolineato però che quanto affermato sinora attiene prevalentemente a una condizione generale. Diffusi, ad esempio, sono i casi in cui i chirurghi adottano un ragionamento deduttivo – a variare è solo la frequenza di accadimento (tabella 1).
Infine, un’altra figura professionale che ci permette di effettuare delle costatazioni in merito alle particolarità del ragionamento inferenziale è l’infermiere di triage, il quale è tenuto a fare una diagnosi all’interno di uno spazio di tempo molto limitato. Egli agisce attraverso l’individuazione del sintomo principale e vediamo che tende ad attivare un ragionamento deduttivo nell’assegnazione dei codici di gravità “gialli” e “rossi”, nell’assegnazione del paziente all’ambulatorio ortopedico, mentre tende ad attivare un processo abduttivo nell’assegnazione del paziente agli ambulatori medici, in cui il sintomo principale spesso è meno evidente.
 
6. Considerazioni conclusive.
La comprensione dei processi inferenziali all’interno delle organizzazioni complesse costituisce una delle questioni di maggiore rilievo per poter garantire sicurezza e affidabilità, in particolare per quelle organizzazioni che vivono in ambienti ad alto rischio e in condizioni di incertezza ed ambiguità [21]. Attraverso analisi di questo tipo è possibile osservare e comprendere il modo in cui le persone che operano nei sistemi organizzativi affrontano i complessi problemi quotidiani e le situazioni inattese, il modo in cui applicano il paradigma indiziario [22] per costruire il senso di ciò che affrontano, per rilevare con anticipo i weak signs.
L’ambito dell’emergenza, grazie alle sue peculiarità ha offerto numerosi elementi per la trattazione di temi strettamente legati ai processi di costruzione di senso (sensemaking). Riuscire a combinare la necessità di condurre pratiche urgenti con il rispetto di elevati standard di affidabilità e sicurezza rappresenta la sfida principale a cui il personale di un pronto soccorso deve far fronte. Medici e infermieri sono costantemente costretti a eseguire prestazioni in tempi ridotti garantendo il minor numero di errori e approssimazioni possibili, i quali potrebbero essere fatali per la vita del paziente. A differenza di altri reparti ospedalieri, in cui il processo di cura può svolgersi all’interno di spazi temporali più lunghi e con una relativa tranquillità, il pronto soccorso deve essere in grado di mettere a disposizione professionisti capaci di intervenire con immediatezza in situazioni molto diverse tra loro.
 
L’importanza della consapevolezza dei processi inferenziali
Nella pratica tutte le persone, specialmente quelle che operano all’interno di organizzazioni ad alto rischio come il pronto soccorso, si trovano continuamente all’interno di flussi di esperienza disordinati governati da incertezza o ambiguità. Sono proprio questi due fattori che contribuisco in modo decisivo – anche se attraverso caratteristiche diverse – all’attivazione del processo di costruzione di senso. Dal lavoro di ricerca emerge che l’attività diagnostica costituisce un processo continuo attraverso cui gli operatori danno senso alle informazioni e all’ambiente che le circondano.
Si osserva che il percorso seguito dai professionisti è simile al caso delle detective stories [23], ovvero processi di investigazione in cui il problem solver (sensemaker) riveste il ruolo di un detective che tratta le criticità rilevate come casi di delitto. Egli procede con una dettagliata indagine dei sintomi manifestati dal paziente cercando di attribuirne le cause e di individuare le possibili soluzioni di trattamento. Nella maggior parte dei casi le situazioni sono caratterizzate da condizioni di incertezza o di ambiguità, dove nel primo caso gli operatori tentano di comprendere le condizioni del paziente senza essere in possesso di informazioni importanti, mentre nel secondo caso agiscono in assenza di un adeguato modello interpretativo caratterizzato da una molteplicità di dati apparentemente contraddittori.
Il processo di sensemaking, tuttavia, innesca lo sviluppo di percorsi di ragionamento inferenziali basati su diverse strategie di trattamento dei dati raccolti per la costruzione della diagnosi. A tal proposito, facciamo riferimento ai processi di abduzione, deduzione e induzione. Dall’analisi emergono differenze significative tra le due specialità mediche presenti nel pronto soccorso (medico internista e chirurgo) e gli infermieri che operano nella fase di triage: mentre l’approccio abduttivo è molto diffuso tra i medici e i chirurghi, il ragionamento deduttivo risulta essere il percorso maggiormente adottato dagli infermieri di triage.
 
 



[1] Una precedente e differente versione dell’articolo è apparsa su “Rivista Italiana di Medicina Legale”, vol. 34, n. 2, 2012.
 
[2] CATINO M., LOCATELLI C., La costruzione della diagnosi in Pronto Soccorso: sensemaking e non technical skills, Rapporto di ricerca, Direzione del Dipartimento di Emergenza e Assistenza dell'Ausl di Aosta.
[3] WEICK K.E., Sensemaking in Organizations, Sage Publications, Thousand Oaks, CA, 1995.
 
[4] CZARNIAWSKA B., Management she wrote. On parallels between detective novel and organization theory, in Studies in Cultures, Organizations, Societies, 1999, vol. 5, n. 1, pp. 13-42; PATRIOTTA G., Sensemaking on the Shop Floor: Narratives of Knowledge in Organizations, in Journal of Management Studies, 2003, vol. 40, n. 2, pp. 349-375.
[5] GINZBURG C., Spie. Radici di un paradigma indiziario, in Id., Miti emblemi spie. Morfologia e Storia, Einaudi, Torino, 1992.
[6] CROSKERRY P., SINCLAIR M.D., Emergency Medicine: A Practice Prone to Error?, in CJEM JCMU, 2001, vol. 3, n. 4, pp. 271-6.
[7] VINEN J., Incident Monitoring in Emergency Departments: An Australian Model, in Acad Emerg Med, 2000, vol. 7, n. 1, pp. 1290-7.
[8] TINTINALLI J.E., PEACOCK F.W., WRIGHT M.A., Emergency Medical Evaluation of Psychiatric Patients, Ann Emerg Med, 1994, vol. 23, n. 1, pp. 859-62.
[9] CROSKERRY P., The Theory and Practice of Clinical Decision-Making, in Can J Anesth, 2005, vol. 52, n. 6, pp. R1-R8.
[10] WEARS R.L., LEAPE L.L., Human Error in Emergency Medicine, in Ann Emerg Med, 1999, vol. 34, n. 1, pp. 370-2.
[11] KLEIN G., Sources of Power: How People Make Decisions, The MIT Press, Cambridge, MA, 1998.
 
[12] WEICK K.E., Making sense of the organization, Blackwell Publishers Inc Malden, MA, 2001.
 
[13] WEICK K.E., Sensemaking in Organizations, Sage Publications, Thousand Oaks, CA, 1995.
[14] Il testo citato raccoglie gli scritti più importanti di Charles Sanders Peirce (1839-1914), divenuto famoso come l'inventore, o reinventore, di tre parole chiave: pragmatismo, semiotica, abduzione. Le formulazioni originarie del concetto di abduzione, da parte di Peirce, risalgono al 1923 e 1935.
[15] PEIRCE C.S., Opere, Bompiani, Milano, 2003.
[16] FANN K.T., Peirce's Theory of Abduction, Martinus Nijhoff, The Hague, 1970.
[17] PAAVOLA S., Peircean Abduction: Instinct, or Inference?, in MAGNANI L., NEIRSESSIAN N.J., THARGARD P. (a cura di), Model-Based Reasoning in Scientific Discovery, Kluwwer, New York, 2005.
 
[18] L'introduzione del concetto di deduzione si deve ad Aristotele (384 a.C.-322 a.C.), il quale lo identificava sostanzialmente con il sillogismo. Il termine significa letteralmente condurre da. Deriva dal latino de (traducibile con da, preposizione indicante provenienza), e ducere (condurre).
 
[19] Dal latino inductio, dal verbo induco, presente di in-ducere termine che significa letteralmente portar dentro, ma anche chiamare a sé, trarre a sé.
[20] Dal latino abducere, da ducere, condurre, tirare.
[21] CATINO M., Miopia organizzativa, il Mulino, Bologna, 2009.
 
[22] GINZBURG C., Spie. Radici di un paradigma indiziario, in ID., Miti emblemi spie. Morfologia e Storia, Einaudi, Torino, 1992.
[23] PATRIOTTA G., Sensemaking on the Shop Floor: Narratives of Knowledge in Organizations, in Journal of Management Studies, 2003, vol. 40, n. 2, pp. 349-375.


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