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I rischi da agenti chimici nella percezione dei lavoratori

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sanità e servizi sociali

12/05/2008

Il caso del comparto del settore sanitario della regione Lazio analizzato da una ricerca di Ires: i lavoratori atipici meno consapevoli del rischio di infortuni. Un settore a rischio: dal 1999 al 2006 gli infortuni sono aumentati del 50,7%.

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I lavoratori atipici del comparto sanitario della regione Lazio sono meno consapevoli del rischio di infortuni: è quanto emerge da una indagine realizzata dall’Ires Cigl (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali), presentata il 7 maggio scorso presso la sede dell'Inail di Roma.
 
Tipologia contrattuale, organizzazione del lavoro, differenza di genere e livello di esperienza acquisita sono i fattori che incidono sulla percezione del rischio dei lavoratori del comparto sanitario
 
Il fenomeno si inquadra nel più ampio quadro degli infortuni nel settore sanità e servizi sociali: 35.302 quelli registrati dall'Inail nel 2006, un dato pari al 3,8% del totale, con un aumento dello 0,6% rispetto all'anno precedente. Nel giro di 7 anni, dal 1999 al 2006, gli infortuni nel settore sanitario sono aumentati addirittura del 50,7% e anche i casi mortali che si sono verificati sono stati più di quelli registrati negli anni precedenti.
 
Nel 2006 si parla di 27 morti bianche nel settore sanità, quasi il doppio rispetto a quelle registrate negli ultimi due anni (17 nel 2004 e 14 nel 2005). Dati che restituiscono la fotografia di un settore sempre più a rischio per la salute dei lavoratori, che rappresenta anche un comparto fondamentale del mercato del lavoro italiano, occupando 1.444.219 persone (ovvero il 7,5% del totale nazionale di industria e servizi, di cui circa 600.000 negli ospedali o negli istituti di cura).
 
 
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Ma chi lavora nel comparto sanitario ha la percezione di essere un lavatore a rischio?
Secondo l'indagine solo un lavoratore su cinque (il 20,5%) ha la percezione che sia alta la probabilità di subire un danno a causa di fattori legati al lavoro svolto. Nel 40% dei casi questa probabilità è invece media e per il restante 39,5% molto bassa. Al primo posto tra le paure dei lavoratori ci sono i rischi meno tangibili e quindi meno controllabili, come quelli biologici, chimici e psicosociali. Destano invece meno ansia i fattori di rischio meccanici ed ergonomici. Il rischio di poter subire un danno o un infortunio sul lavoro è inoltre percepito solo dalle persone che hanno la consapevolezza di essere esposte al pericolo.
 
Secondo l'indagine "I rischi da agenti chimici nella percezione dei lavoratori" (formato PDF, 1.43 MB) esiste in primo luogo una forte correlazione tra il contratto che il lavoratore possiede e la consapevolezza del rischio a cui è esposto. I lavoratori integrati all'interno di una struttura hanno infatti maggiori possibilità di individuare i pericoli legati alle proprie mansioni e tenere alto il livello di attenzione rispetto agli atipici e ai lavoratori che provengono da aziende appaltatrici. “Nel rapporto" dice Agostino Megale presidente dell'Ires "assume una grande centralità non la tecnologia ne la dimensione dell'impresa, ma la persona che lavora in quanto persona che rischia e che organizza le sue prestazioni professionali ogni giorno”.
 
Anche l'orario di lavoro è fortemente correlato alle condizioni di salute. Il maggior numero di ore lavorate si traduce in peggiori condizioni di salute, sia fisica che psicologica, che aumentano il livello di rischio dei lavoratori. Questa situazione si verifica soprattutto quando si effettuano più volte al mese, turni che superano le dieci ore. A incidere sull'insorgenza di problemi fisici e soprattutto psicologici, come lo stress, concorre anche il livello di autonomia del lavoro. Poter decidere in che modo svolgere le proprie attività lavorative, ma anche se prendere una pausa o come gestire il proprio turno di lavoro, permette non solo di tenere lontano i problemi psicologici ma anche di mantenere alta l'attenzione sui rischi.
 
Secondo l'indagine dell'Ires la sicurezza del lavoro è anche una questione di genere. Si registra infatti una maggiore presenza di malattie di origine lavorativa tra le donne. Un problema legato alla disuguaglianza nel mercato del lavoro che vede le donne sempre più in difficoltà rispetto ai colleghi uomini nel raggiungere posizioni qualificate.
 
L'esperienza è infine, un altro dei fattori che influenza la percezione del rischio. Con il passare degli anni infatti alcuni rischi diventano più visibili, come  i problemi di natura  psicosociale, mentre altri vengono avvertiti meno. I rischi di natura ergonomica, ad esempio vengono poco considerati in fase di anzianità lavorativa, perché i dolori muscoloscheletrici entrano a far parte della quotidianità della vita dei lavoratori. Riguardo ai soggetti ritenuti più idonei a tutelare i diritti dei lavoratori in seguito ad un infortunio o a una malattia professionale, il 41% del campione ripone fiducia nell'Inail e il 37% negli avvocati mentre all'ultimo posto della graduatoria c'è il patronato sindacale. Per la vigilanza sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro i soggetti più adeguati sono secondo gli intervistati il medico del lavoro e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
 
Fonte: Inail
 
 
La sintesi del rapporto (formato PDF, 558 kB).
 
 

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