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Esposizione ai chemioterapici e antiblastici nel comparto sanità

Esposizione ai chemioterapici e antiblastici nel comparto sanità
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio cancerogeno, mutageno

19/03/2019

Un convegno si sofferma sui rischi correlati all’esposizione a chemioterapici e antiblastici in sanità. Le criticità, i rischi, le vie di esposizione, il principio di precauzione, la sicurezza e i modelli di prevenzione.

Milano, 19 Mar – La prevenzione del rischio nel comparto sanità, con riferimento anche al rischio chimico e cancerogeno, consiste nella riduzione del rischio per la salute e la sicurezza degli operatori sanitari considerando anche i rischi che sono in comune con i pazienti e gli utenti delle strutture sanitarie pubbliche e private.

 

Partendo da questa affermazione, contenuta nel  Decreto regionale lombardo in materia di Sanità n. 31139/2001 (contiene linee guida per l'applicazione di un Accordo Stato-Regioni sulla sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario), torniamo a parlare dei rischi professionali dei farmaci chemioterapici antiblastici (Ca), rischi che riguardano non solo i lavoratori che preparano e manipolano abitualmente Ca, ma anche i lavoratori che li manipolano solo occasionalmente (pulizia, smaltimento, …).

Ricordiamo che alcuni di questi farmaci, che intervengono sul ciclo delle cellule in modo diretto o indiretto per impedire la proliferazione di cellule cancerose, possono esplicare un certo grado di cancerogenicità, mutagenicità e/o teratogenicità, come documentato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC).

 

Per parlare dei rischi professionali d’esposizione a questi farmaci, ci soffermiamo su alcuni interventi al seminario “Gestione del rischio chimico e cancerogeno in sanità – Parte 2: Focus chemioterapici antiblastici”, che si è tenuto a Milano il 14 novembre 2018.


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Evoluzione e criticità nel settore

Per inquadrare brevemente l’argomento possiamo fare riferimento all’intervento “Chemioterapici antiblastici: definizione, classificazioni, dispersione nell’ambiente di lavoro, rischi legati all’esposizione professionale e ambientale”, a cura di Carlo Sala (Coordinatore gruppo rischio chimico CIIP).

 

Il relatore indica che “l’espansione continua del settore dei chemioterapici antiblastici a causa dell’aumento della popolazione colpita da tumore e dal conseguente incremento nell’utilizzo di specifici farmaci rende necessarie alcune azioni preventive:

  • migliorare in continuo la qualità dei trattamenti, la selettività e la sicurezza dei pazienti;
  • rendere minima l’esposizione degli addetti che eseguono operazioni di preparazione, somministrazione, pulizia, gestione dei rifiuti, trasporto”;
  • “mantenere attive informazione e formazione degli addetti;
  • rendere minimo l’impatto sulle matrici ambientali, in particolare l’acqua”. 

 

Riportiamo alcuni altri punti critici, riportati nella parte conclusiva dell’intervento:

  • “valutazione dell’efficacia delle azioni preventive mediante la valutazione dell’esposizione;
  • estendere la valutazione dell’esposizione a tutte le figure professionali interessate comprese le operazioni di trasporto, pulizia, lavaggio”;
  • “Omogeneizzazione dei criteri di campionamento e analisi;
  • Raccolta centralizzata di tutti i dati di esposizione;
  • Formulazione di documenti di consenso generalizzato sui valori o gli intervalli limiti di riferimento per l’ambiente di lavoro e le matrici ambientali”.    

 

I rischi dei chemioterapici e gli anticorpi monoclonali

Un altro intervento al seminario che ci permette di raccogliere ulteriori informazioni è quello a cura di Daniele Tovoli (Direttore Servizio di Prevenzione e Protezione AUSL di Bologna e Istituto Ortopedico Rizzoli).

 

Si indica che l’incidenza delle malattie oncologiche “ammonta a 12 milioni di nuovi casi nel mondo l’anno, destinati quasi a raddoppiare entro il 2030” e, come già indicato da Carlo Sala, “l’aumento delle neoplasie ha portato ad un utilizzo sempre più diffuso” degli agenti chemioterapici antiblastici”.

In particolare negli ultimi anni “l’impiego di questi farmaci è straordinariamente aumentato: sono stati immessi sul mercato nuovi principi attivi e il campo di applicazione dei farmaci antiblastici è stato esteso al trattamento di patologie non oncologiche come le malattie autoimmuni e degenerative”. 

 

Riguardo poi ai rischi dei chemioterapici si indica che:

  • “non si hanno a disposizione sufficienti dati epidemiologici per poter definire con certezza gli effetti acuti sulla salute (cefalee, rash cutanei, nausea, ecc.);
  • è stata dimostrata una debole associazione tra manipolazione e aumento abortività nei primi tre mesi;
  • ancora più difficile è identificare una relazione tra esposizione professionale a questi farmaci e patologie in particolare cancerogenicità”.

 

La relazione si sofferma anche sugli anticorpi monoclonali:

  • “gli anticorpi monoclonali: sono farmaci a bersaglio molecolare che agiscono con maggior selettività sulla cellula cancerosa. Il loro utilizzo permette quindi di indirizzare la cura soltanto contro il tumore, risparmiando il più possibile i tessuti sani;
  • sono un gruppo eterogeneo di principi attivi sia per il meccanismo d’azione farmacologico che per la loro natura chimico fisica;
  • gli anticorpi monoclonali sono proteine di grosse dimensioni (circa 150kD), cosa che non favorisce l’assorbimento attraverso la cute;
  • non esistono ancora studi robusti che permettano di valutare il rischio occupazionale dell’esposizione ad anticorpi monoclonali;
  • la maggior parte delle deduzioni sul loro rischio provengono dalle estrapolazioni fatte dagli effetti registrati alle dosi terapeutiche sui pazienti”.

 

L’esposizione dei lavoratori ai farmaci antiblastici

L’intervento di Tovoli riporta anche informazioni sulle modalità di esposizione ai farmaci antiblastici:

  • “per via inalatoria (polveri, aerosol, vapori), responsabile di fenomeni irritativi a carico delle mucose, in particolare orofaringee e nasali;
  • per via cutanea, a contatto diretto con il farmaco; può causare iperpigmentazioni, eczemi, fino a vere e proprie necrosi dei tessuti molli cutanei e sottocutanei (in base al farmaco contaminante);
  • congiuntive oculari: possono causare irritazione congiuntivale, eccessiva lacrimazione, fotofobia, danni più o meno importanti a carico dell’epitelio corneale;
  • mucose orofaringee, via digestiva: sia in modo accidentale che da deposizione sulle mucose oro faringee”.   

 

Riprendiamo dal documento uno schema dell’esposizione:

 

 

E riguardo al rischio e al principio di precauzione, il relatore segnala:

  • “In assenza di dati certi vanno adottati i modelli di prevenzione definiti dalle normative e linee guida per gli agenti cancerogeni;
  • essendo farmaci non vi è l’obbligo di applicazione di quanto previsto dalle normative REACh e CLP sul rischio chimico, ma rimane valido il titolo IX, capo I e capo II;
  • è un chiaro esempio di modello di valutazione integrata del rischio operatore e paziente nelle strutture sanitarie”. 

 

Oltre a segnalare i riferimenti normativi sono anche riportate informazioni sui modelli di prevenzione:

  • “Reingenizzare il processo nell’ottica della sicurezza operatore e paziente;
  • Adeguamenti tecnologici (Cappe, Impianti, robot…);
  • Dispositivi medici di sicurezza (spike, deflussori con valvole unidirezionali, dispositivi Dry lock, ecc);
  • Centralizzazione delle preparazioni;
  • Procedure specifiche anche per la preparazione anche su piano libero in caso di emergenza;
  • Formazione (quale…)”.

 

E la sicurezza dell’operatore riguarda anche:

  • “Locali e impianti dedicati idonei;
  • Attrezzature;
  • Saggio utilizzo dei DPI;
  • Procedure e/o protocolli di lavoro;
  • Gestione degli scarti e smaltimento;
  • Sorveglianza sanitaria”. 

 

In conclusione:

  • “La gestione in sicurezza delle terapie oncologiche non può prescindere da una attenta valutazione integrata del rischio paziente ed operatore;
  • Il processo deve essere rivisto e adeguato a seguito delle risultanze della valutazione;
  • Le UFA sono strumenti importanti (ma non i soli…) per raggiungere una maggiore sicurezza;
  • Le competenze e la cultura della sicurezza degli operatori sanitari sono elementi decisivi per raggiungere alti standard di sicurezza al di là della tecnologia e degli impianti utilizzati”.    

 

Ricordiamo, infine, come indicato nella “Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici” (Raccomandazione n. 14, ottobre 2012) del Ministero della Sanità che ‘la costituzione dell’Unità Farmaci Antineoplastici in Farmacia (UFA), implica l’utilizzo di locali e apparecchiature idonei, personale dedicato e procedure condivise tra Direzione sanitaria/aziendale, Farmacia e Unità operative interessate. Se preparata in Unità operativa diversa dalla Farmacia ospedaliera, la preparazione dei farmaci antineoplastici deve comunque sottostare agli stessi principi di sicurezza, sia per pazienti sia per operatori sanitari, che regolano l’attività nella UFA e, in ogni caso, occorre rendere evidente il livello di responsabilità’.

 

 

 

RTM

 

 

Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:

Chemioterapici antiblastici: definizione, classificazioni, dispersione nell’ambiente di lavoro, rischi legati all’esposizione professionale e ambientale”, a cura di Carlo Sala (Coordinatore gruppo rischio chimico CIIP), intervento al seminario “Gestione del rischio chimico e cancerogeno in sanità – Parte 2: Focus chemioterapici antiblastici” (formato PDF, 2.87 MB).

 

Intervento di Daniele Tovoli” (Direttore Servizio di Prevenzione e Protezione AUSL di Bologna e Istituto Ortopedico Rizzoli), intervento al seminario “Gestione del rischio chimico e cancerogeno in sanità – Parte 2: Focus chemioterapici antiblastici” (formato PDF, 524 kB).

 

 

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