Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Inquinanti organici persistenti e PBDE: i rischi nella gestione dei rifiuti

Inquinanti organici persistenti e PBDE: i rischi nella gestione dei rifiuti
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Gestione Rifiuti

14/09/2020

Un documento si sofferma sui rischi dei microinquinanti organici con particolare riferimento ai polibromodifenileteri. Focus sul trattamento dei rifiuti, sui rischi per i lavoratori e sulla normativa europea per l’eliminazione degli inquinanti organici.

 

Roma, 14 Set – Come ricordato in un precedente articolo tra il 2009 ed il 2017 sono stati introdotti nella lista dei POP – “inquinanti organici persistenti”, sostanze riconosciute da tempo come una minaccia per la salute umana e l’ambiente - i polibromodifenileteri (POP-BDE), una classe di composti bromurati piuttosto ampia e di utilizzo diffuso fin dagli anni ’60 (ad esempio come ritardanti di fiamma in materiali plastici, apparecchiature elettriche ed elettroniche, arredi, tappeti ed imbottiture, materiali tessili, nel settore edilizio, …).

 

Se la produzione di POP-BDE non è più consentita, “sono previsti in deroga, a determinate condizioni, alcuni usi, riciclo o smaltimento di articoli che li contengono o potrebbero contenerli”. E in relazione alla gestione dei rifiuti “la presenza di POP-BDE riguarda flussi significativi quali rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche ( RAEE) e veicoli fuori uso (VFU), gravati da obblighi normativi specifici relativi al recupero/riciclaggio. L’inadeguata attuazione di tali obblighi, così come l’incauta gestione dei rifiuti contenenti o contaminati da POP-BDE, possono favorire una re-immissione nell’ambiente degli stessi POP-BDE, alimentando le fonti di esposizione per lavoratori e popolazione”.

 

A utilizzare queste parole e a ricordare i rischi correlati ai PBDE (polibromodifenileteri) e i problemi correlati alla gestione dei rifiuti è una pubblicazione, elaborata dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT), dal titolo “ Polibromodifenileteri (PBDE). Microinquinanti organici. Informazioni e dati per una gestione sicura”. Le schede presenti nel documento illustrano le metodiche di campionamento, analisi e monitoraggio, le tecniche migliori per il trattamento dei rifiuti che li contengono o ne sono contaminati, inclusi i terreni provenienti da siti inquinati, e concludono con cenni alle tecniche emergenti per la bonifica di suoli che ne sono contaminati.

 

Riprendiamo dal documento una tabella relativa al rilascio annuale di PBDE secondo il registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR):

 

 

Dopo essersi soffermati in un precedente articolo sugli effetti sulla salute dei polibromodifenileteri, oggi affrontiamo i seguenti argomenti:


Pubblicità
MegaItaliaMedia

 

I rischi correlati ai PBDE nel trattamento dei rifiuti

Il documento - curato da Elisabetta Bemporad, Simona Berardi, Sabrina Campanari, Alessandro Ledda e Paolo Napolitano (DIT, Inail) ­– si sofferma in particolare sulle emissioni durante il trattamento di rifiuti contenenti POP-BDE.

 

Si indica che durante il trattamento di rifiuti contenenti POP-BDE “possono essere rilasciati contaminanti pericolosi”.

 

In particolare tra i gruppi a maggiore rischio per le esposizioni elevate a POP-BDE a causa del coinvolgimento in attività di riciclaggio sono segnalati (UNEP, 2017a):

  • “lavoratori in impianti di trattamento RAEE a bassa tecnologia;
  • lavoratori impiegati nella produzione/riciclaggio/installazione di materiali espansi;
  • lavoratori in fonderie ed altre industrie che trattano RAEE;
  • lavoratori che impiegati nel settore delle materie plastiche, delle pelli ignifughe per arredamento, degli interni auto, dei tessili (lana, cotone, poliesteri), dei trattamenti superficiali del legno, dell’edilizia dove si usano schiume poliuretaniche a spruzzo per l’isolamento interno ed esterno, di seminterrato, soffitti e pavimenti”.

 

Si segnala poi che possono comportare rilascio di PBDE, ma anche di PBDD/PBDF (diossine e furani bromurati), “fusione, formatura ed estrusione delle plastiche contenenti PBDE”. E le emissioni “sono correlate, oltre che alla tipologia di rifiuti alimentati, alle condizioni operative e procedure operative, all’affidabilità del controllo dei parametri operativi e alla manutenzione meccanica, che possono essere ottimizzati, così come si può agire a livello preventivo in fase di progettazione” (secondo l’approccio relativo alle “migliori tecniche disponibili” – BAT e le “migliori pratiche disponibili” - BEP).

 

Si segnala poi che livelli particolarmente elevati in campioni sia biologici (umani) che ambientali “sono stati misurati non soltanto per PBDE, ma anche per Piombo, Mercurio, PCDD/PCDF” (policlorodibenzodiossine e policlorodibenzofurani), “PBDD/PBDF, in aree in cui si riciclano in modo incontrollato i RAEE”. E se non si adotta un approccio basato sulle BAT/BEP, “può risultare significativo anche il rilascio di gas lesivi per lo strato di ozono e gas serra sia nello smaltimento che nel recupero di RAEE, VFU ed altri rifiuti contenenti PBDE”.

 

Il documento si sofferma poi su altre tipologie di rifiuti il cui trattamento potrebbe comunque comportare emissioni di PBDE, anche se minori. Ad esempio “rifiuti tessili (es. coperture posteriori dei sedili di veicoli), di gomme (es. nastri trasportatori), di rivestimenti e vernici”. Inoltre alcune problematiche di sicurezza “potrebbero insorgere durante la riduzione volumetrica (triturazione) di alcune tipologie di rifiuti, ad esempio schiume poliuretaniche, in cui potrebbero formarsi atmosfere esplosive; in tal caso è richiesto un sistema chiuso, sottovuoto, con aspirazione dei vapori”, cattura dei CFC (clorofluorocarburi)/HCFC (idrocloroflurocarburi)/HFC (idrofluorocarburi) “ed idrocarburi e trattamento appropriato, ad es. nel caso degli idrocarburi in corrente di Azoto”.

 

Infine, con riferimento alle discariche, “sono stati rilevati livelli elevati di PBDE nel percolato delle discariche, soprattutto nel caso di quelli ricchi di materia organica disciolta e particolato, ed in suoli limitrofi a discariche, in particolare in funzione del livello tecnologico delle discariche stesse”. Senza dimenticare che, a livello ambientale, “la modellazione del tempo di vita dei PBDE indica che essi “sopravvivono” ai sistemi di contenimento della discarica stessa (UNEP, 2017a)”.

 

Le indicazioni del Regolamento UE 2019/1021 per l’eliminazione dei POP

Sempre in relazione al tema dei rifiuti segnaliamo che il Regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 relativo agli inquinanti organici persistenti rappresenta lo strumento europeo di attuazione della Convenzione di Stoccolma (la Convenzione “disciplina l’eliminazione dei POP o, in attesa di trovare validi sostituti, la restrizione dell’uso e, soprattutto per i POP non intenzionali, la prevenzione e riduzione delle emissioni in tutte le matrici ambientali e nei rifiuti”) al fine di garantire, come vedremo più avanti, che il contenuto di POP sia distrutto o trasformato irreversibilmente.

 

Riprendiamo un ulteriore approfondimento del contenuto Regolamento Europeo secondo quanto contenuto in un allegato del documento Inail.

 

Si indica che l’articolo 5 del reg. 2019/1021, “identifica come rifiuti le scorte di POP o i preparati contenenti tali sostanze, di cui non sia consentito l’uso, ed obbliga i detentori di scorte di sostanze di cui sono ancora consentiti la produzione e l’uso a notificarne l’entità e il tipo alle autorità competenti degli Stati membri”.

 

L’articolo 7 sulla gestione dei rifiuti, prevede che i rifiuti costituiti, contenenti o contaminati da POP siano smaltiti o recuperati con tempestività e conformemente all’allegato V (smaltimento e recupero), parte 1 del Regolamento “in modo da garantire che il contenuto di POP sia distrutto o trasformato irreversibilmente, affinché i rifiuti residui ed i rilasci non presentino alcuna caratteristica di tale inquinante”.

 

In particolare l’allegato V, parte 1, “prevede esclusivamente quattro tipi di operazioni:

  • D9 - trattamento fisico-chimico;
  • D10 - incenerimento a terra;
  • R1 - impiego principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia, eccetto i rifiuti contenenti PCB;
  • R4 - riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici alle seguenti condizioni: le operazioni si limitano ai residui di processi di produzione del ferro e dell’acciaio quali polveri o fanghi da trattamento dei gas, scaglie di laminazione o polveri di filtri di acciaierie contenti zinco, polveri di sistemi di depurazione dei gas delle fonderie di rame e rifiuti simili e residui di lisciviazione contenenti piombo generati dalla produzione di metalli non ferrosi. Sono esclusi i rifiuti contenenti PCB.  Le operazioni sono limitate ai processi per il recupero di ferro e leghe di ferro (altoforno, forno a tino e forno a suola) e di metalli non ferrosi (processo Waelz in forno rotativo, processi con bagno di fusione che utilizzano forni verticali oppure orizzontali), a condizione che gli impianti soddisfino come minimo i valori limite di emissione di PCDD e PCDF stabiliti nella direttiva 75/2010/UE, indipendentemente dal fatto che i processi siano soggetti alla direttiva in questione o no, e fatte salve le altre disposizioni della direttiva stessa, qualora applicabili”.

 

Si indica poi che “sono autorizzate le operazioni di pretrattamento prima della distruzione o della trasformazione irreversibile, conformemente all’allegato V (parte 1), purché una sostanza di cui all'allegato IV che sia stata isolata dai rifiuti durante la fase di pretrattamento sia successivamente smaltita conformemente all’allegato V. Se soltanto una parte di un prodotto o di un rifiuto, come un rifiuto di apparecchiature, contiene inquinanti organici persistenti o ne è contaminata, deve essere separata e successivamente smaltita in conformità delle prescrizioni del regolamento. Inoltre, le operazioni di reimballaggio e di stoccaggio temporaneo possono essere svolte prima di un siffatto pretrattamento o prima della distruzione o trasformazione irreversibile conformemente all'allegato V (parte 1). È possibile derogare a questa prescrizione, purché il tenore dei POP che contaminano il rifiuto sia inferiore al valore limite di concentrazione (concentrazione minima dei POP, LPCL) stabilito nell’allegato IV”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail che riporta ulteriori indicazioni relative all’applicazione del Regolamento 2019/1021, ad esempio con riferimento alle deroghe per alcune tipologie di rifiuti pericolosi.

 

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Polibromodifenileteri (PBDE). Microinquinanti organici. Informazioni e dati per una gestione sicura”, a cura di Elisabetta Bemporad, Simona Berardi, Sabrina Campanari, Alessandro Ledda e Paolo Napolitano (DIT, Inail) - edizione 2020 (formato PDF, 2.52 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ La gestione sicura dei polibromodifenileteri”.

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 relativo agli inquinanti organici persistenti.



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!