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Interpello: l’attività subacquea professionale e il D.Lgs. 81/2008

Interpello: l’attività subacquea professionale e il D.Lgs. 81/2008
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Interpelli

08/01/2016

La Commissione Interpelli risponde ad un quesito sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro nello svolgimento di attività di pesca subacquea professionale del corallo. Quali regole e normative rispettare?

 
Roma, 8 Gen – Ci sono attività lavorative, come quelle che avvengono durante le immersioni subacquee, che sono evidentemente soggette a molti rischi per l’incolumità degli operatori, ma di cui raramente si parla nei convegni e nei documenti ufficiali pubblicati dagli enti preposti alla promozione della prevenzione nei luoghi di lavoro.
 
Fortunatamente in questi ultimi anni il tema ha cominciato a permeare incontri e ricerche. Ad esempio è stata validata il 27 novembre 2013 una  buona prassi relativa allo svolgimento in sicurezza delle attività subacquee di Ispra e delle Agenzie Ambientali. Si sono tenuti alcuni convegni ed è stato affrontato il tema degli  operatori subacquei scientifici e degli operatori impegnati in attività lavorative subacquee industriali, cercando di individuare un sistema di responsabilità, funzioni, valutazioni e procedure in grado di ridurre il rischio.
E si è parlato della norma UNI 11366 “Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria - Procedure operative”. Norma che definisce criteri e modalità per l’esecuzione delle attività subacquee ed iperbariche professionali, con riferimento alle caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati e ai requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto.
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Tuttavia raramente, al di là di questi accenni all’attività subacquea scientifica e industriale, si è affrontato il tema della salute e sicurezza del lavoro nello svolgimento di attività di pesca subacquea professionale del corallo. Quali sono le regole, le procedure da rispettare? A quale normativa, tecnica e non, si deve fare riferimento?
 
A rispondere parzialmente a queste domande è il recente Interpello n. 12/2015 del 29 dicembre 2015 che ha per oggetto la “risposta al quesito relativo all'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro nello svolgimento di attività di pesca subacquea professionale del corallo”.
 
In realtà alla Commissione Interpelli, prevista dall’art. 12 del D.Lgs. 81/2008, sono pervenute più richieste, raccolte in questo interpello, da parte dell'Associazione Italiana Sommozzatori Corallari (A.I.S.C.) e dell' Associazione Imprese Subacquee Italiane (AISI).
Si chiedeva in particolare il parere della Commissione su 'quali siano le regole, le leggi, le direttive e le modalità operative da rispettare per il corretto svolgimento dell'attività di pesca del corallo...’.
 
L’interpello ricorda innanzitutto che l'attività della pesca del corallo “risulta assoggettata a disposizioni specifiche regolamentanti la pesca subacquea professionale”, ad esempio:
- Decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639 – “Regolamento per l'esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima”;  
- Decreto Ministeriale 20 ottobre 1986 - Disciplina della pesca subacquea professionale; 
- Decreto Ministeriale 1 giugno 1987, n. 249 - Norme per la pesca subacquea professionale e per la salvaguardia e la sicurezza dei pescatori subacquei.
Norme che prescrivono “per lo svolgimento dell'attività il possesso di uno specifico brevetto tecnico, l'iscrizione in appositi registri e altre disposizioni”. Norme che - continua l’interpello – “sia pur finalizzate alla sicurezza e salvaguardia in mare dei pescatori subacquei sia professionali o sportivi esulano dall'ambito di competenza di questa commissione che può esprimersi esclusivamente su quesiti di ordine generale inerenti l'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro”.
 
Tuttavia sul tema della sicurezza la Commissione Interpelli chiarisce che “le disposizioni applicabili al settore della pesca professionale del corallo - svolgendosi tale attività in mare e non a bordo - sono da ricondurre non allo specifico campo di applicazione del d.lgs. n. 271/1999, che disciplina la normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, ma al generale campo di applicazione del d.lgs. n. 81/2008”.
 
E dunque da questo importante chiarimento consegue, ad esempio, che “nella pesca del corallo le attrezzature ed i DPI da utilizzare devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III” del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ( D.Lgs. 81/2008).
 
Fatte queste premesse, la Commissione Interpelli fornisce dunque una breve risposta ai quesiti delle associazioni AISC e AISI.
 
Riguardo al tema rilevante della valutazione dei rischi e delle relative misure di tutela da adottare da parte dei datori di lavoro per annullare o ridurre i rischi degli operatori, “rientrando l'attività professionale della pesca del corallo nell'elenco dei lavori comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori di cui all'allegato XI del d.lgs. n. 81/2008, ne deriva che pur in assenza di una norma tecnica specifica per la pesca del corallo il datore di lavoro è in ogni caso tenuto ad adottare tutte le misure di tutela in grado di ridurre al minimo i rischi particolari per la salute e la sicurezza dei lavoratori connessi allo svolgimento dell'attività”.
 
ALLEGATO XI - ELENCO DEI LAVORI COMPORTANTI RISCHI PARTICOLARI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE DEI LAVORATORI
1. Lavori che espongono i lavoratori a rischi di seppellimento o di sprofondamento a profondità superiore a m 1,5 o di caduta dall’alto da altezza superiore a m 2, se particolarmente aggravati dalla natura dell’attività o dei procedimenti attuati oppure dalle condizioni ambientali del posto di lavoro o dell’opera.
1-bis. Lavori che espongono i lavoratori al rischio di esplosione derivante dall’innesco accidentale di un ordigno bellico inesploso rinvenuto durante le attività di scavo.
2. Lavori che espongono i lavoratori a sostanze chimiche o biologiche che presentano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori oppure comportano un’esigenza legale di sorveglianza sanitaria.
3. Lavori con radiazioni ionizzanti che esigono la designazione di zone controllate o sorvegliate, quali definite dalla vigente normativa in materia di protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti.
4. Lavori in prossimità di linee elettriche aree a conduttori nudi in tensione.
5. Lavori che espongono ad un rischio di annegamento.
6. Lavori in pozzi, sterri sotterranei e gallerie.
7. Lavori subacquei con respiratori.
8. Lavori in cassoni ad aria compressa.
9. Lavori comportanti l’impiego di esplosivi.
10. Lavori di montaggio o smontaggio di elementi prefabbricati pesanti.
 
E, infine, la Commissione segnala che la specifica norma tecnica UNI 11366, benché riguardi lo svolgimento di una diversa modalità lavorativa subacquea industriale, “anche se non connotata da obbligatorietà può costituire un utile riferimento di buona regola a cui riferirsi per ridurre il livello di rischio e per garantire la sicurezza operativa da parte delle barche appoggio ai pescatori subacquei impegnati nell'attività di pesca del corallo”.
 
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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