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Storie di infortunio: dall’azzurro al nero

Storie di infortunio: dall’azzurro al nero
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio cadute e lavori in quota

14/11/2017

Un operaio è deceduto cadendo dalle scale di emergenza che erano in costruzione all’interno di un cantiere. Come è avvenuto l’incidente, le cause e come si sarebbe potuto evitare.


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Pubblichiamo la storia “Dall'azzurro al nero” (a cura di Francesco Sarnataro, Servizio PSAL ATS Bergamo) tratta dal repertorio delle “ Storie d'infortunio” rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, e raccolte nel sito del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors).

  

DALL’AZZURRO AL NERO 

a cura di Francesco Sarnataro, Servizio PSAL ATS Bergamo

 

Che cosa è successo

15 luglio 2009, pomeriggio di una calda giornata d’estate nel grande cantiere del Nuovo Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo. Nel buio del vano scale di emergenza della Torre 3, Mario, al suo primo giorno di lavoro nel cantiere, viene ritrovato disteso, riverso sui gradini, con la testa in basso e i piedi in alto, il volto rivolto verso l’alto come tutto il resto del corpo. “Decesso per traumatismo policontusivo produttivo di lesioni cranioencefaliche e toraciche” riporta il referto medico.

[…]

 

Che cosa si stava facendo – A un certo punto

Mario aveva iniziato al mattino, il cantiere era vasto e di notevole complessità logistica, era inesperto dei luoghi perché al primo giorno di lavoro, la segnaletica non c’era o si presentava estremamente carente nella maggior parte dei luoghi di percorrenza e accessibili ai lavoratori. Dopo la pausa pranzo, per recarsi nel luogo dove riprendere il lavoro, aveva imboccato il vano scale di emergenza e si era ritrovato nel buio, lungo scale mancanti di illuminazione, ingombre di materiali, sprovviste di parapetti. Forse stava ancora telefonando, forse aveva inciampato ed era ruzzolato giù lungo più rampe di scale oppure era caduto da un pianerottolo, quattro metri sopra la rampa scale sulla quale è stato ritrovato; delle due ipotesi, a posteriori, la caduta dal pianerottolo è quella più verosimile.

 

Cosa si è appreso dall’inchiesta

La rampa delle scale di emergenza della Torre 3 dove è stato ritrovato Mario era accessibile sia dall’alto che dal basso e si presentava da lungo tempo in condizioni pericolose e antigieniche: il dato è confermato da numerose testimonianze raccolte durante l’inchiesta e confermate durante il lungo processo che ne è seguito e da una corposa documentazione.

 

Per le testimonianze raccolte, rileggiamo ancora quella di Aziz che ha trovato e prestato i primi soccorsi a Mario: “le scale non sono illuminate, o meglio al quinto piano è totalmente buio infatti accendo la luce del telefonino per vedere qualcosa mentre al quarto piano c’è un faretto che fa poca luce. Inoltre nelle scale al quinto non ci sono protezioni per evitare la caduta al quarto piano”. Sono stati sentiti anche Giulio e Filippo, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriali che nel corso degli anni, dall’inizio dei lavori e fino al momento dell’infortunio, avevano effettuato più sopralluoghi nel cantiere e avevano partecipato a numerose “Riunioni del Giovedì - Sicurezza”.

 

Alle riunioni del giovedì partecipavano tutte le persone che si occupavano della sicurezza nel cantiere, ciascuna con un proprio ruolo e formazione: si valutavano l’andamento e la progressione dei lavori, le nuove Imprese entrate in cantiere quella settimana, gli aspetti e gli apprestamenti antinfortunistici già presenti, quanto già funzionava, cosa rimaneva ancora da sistemare e migliorare. Il giorno dell’infortunio, Giulio era proprio presente in cantiere. Dice infatti “mi trovavo nell’interrato della piastra centrale e stavo controllando alcuni trabattelli quando ho avuto una telefonata dal geometra Rossi che mi avvisava dell’ingresso di un’autolettiga”. Allora al primo capannello di persone che ho visto sono andato a vedere e mi sono poi diretto alla Torre 3 dove al 4° piano ho trovato già la squadra del 118 che stava soccorrendo l’infortunato, il cui corpo era stato portato sul pianerottolo perché c’era più spazio per i soccorritori. Mi sono subito reso disponibile a fare da supporto e nel momento in cui sono entrato nella scala di emergenza, anche se questa era buia, ho notato una macchia di sangue sul primo gradino della rampa di scale che dal 4° porta al 5° piano e sulla stessa rampa di scale ho notato un cellulare che poi è sparito. Poi sono arrivati anche i poliziotti che volevano andare sul luogo dove avevo visto la macchia di sangue senza passare per il pianerottolo dove stavano soccorrendo l’infortunato per non intralciare i soccorsi (…). Da qui siamo saliti anche al 5° piano nella zona a fianco dell’ascensore – cioè immediatamente superiore a quella dove è stato ritrovato l’infortunato – dove ho notato la mancanza di parapetto che si può riscontrare anche nelle fotografie che mi vengono mostrate”.

 

Già da tempo, però, le condizioni inadeguate per mancanza di parapetti e di illuminazione delle scale di emergenza erano state segnalate dal Coordinatore della Sicurezza, nei verbali che compilava alla fine dei suoi sopralluoghi. Una copia dei verbali più recenti viene mostrata a Giulio: “Sì, confermo pienamente soprattutto per quanto riguarda le quattordici scale di emergenza che sono presenti nelle sette Torri, praticamente due scale di emergenza per ogni Torre.(omissis). Oltre alla mancanza di parapetti, di illuminazione e di residui vari ingombranti e puzzolenti nelle scale di emergenza voglio precisare che la mancanza di illuminazione e la presenza di residui vari ingombranti e puzzolenti riguarda anche altre scale accessibili”. E agli stessi verbali mostrati a Filippo, anch’egli risponde: “La scarsezza di illuminazione nelle scale di emergenza faceva sì che le stesse venissero utilizzate in modo improprio cioè come servizi igienici e/o come deposito di immondizia”.

 

E i documenti di cantiere che parlano di sicurezza? Negli ultimi quindici mesi erano stati molti, ben trentuno per gli amanti della precisione, i “verbali di riunione e di visita” corredati da tante fotografie e sottoscritti dal Coordinatore della Sicurezza che evidenziavano la mancanza di parapetti e di illuminazione nelle scale di emergenza. Il nove luglio 2009, solo sei giorni prima dell’infortunio, in una riunione del giovedì ancora si scrive: “Il Coordinatore della Sicurezza si rivolge al responsabile della sicurezza in tutto il cantiere comunicandogli che da troppo tempo permangono situazioni in cantiere non conformi. Il CSE non può emettere prescrizioni attendendo dalla Ditta Affidataria Capofila (DAC) il ripristino degli stati di conformità in tempi così lunghi da rendere inefficace le prescrizioni stesse. La DAC deve sistematicamente impegnare i propri preposti, garantendone l’attivazione immediata su tutte le aree di cantiere risultate non conformi. Dal giorno 28/05/2009 ad oggi, durante le riunioni di coordinamento si è ripetutamente discusso su tematiche oramai già note alla DAC, sulle quali il CSE non ha accertato azioni della DAC significative volte al ripristino e al mantenimento degli stati di conformità richiesti).” E nel verbale di quella riunione si legge “Di seguito si elencano alcune importanti prescrizioni ad oggi non ancora ottemperate DAC: Pulizia delle aree di cantiere: manca la sistematicità degli interventi da parte dell’Impresa DAC e delle imprese in subappalto. Interventi locali di pulizia risultano accertabili solamente dopo l’emissione di specifici ordini di servizio emessi sia dalla DL che dal CSE.” (omissis) Cartelli di cantiere: La DAC non ha provveduto a posare i cartelli di cantiere richiesti dal CSE più di un anno fa. La DAC si è ripetutamente impegnata attraverso i suoi dirigenti (ing. F. e geom. T.) a posare tutti i cartelli di cantiere dei quali il CSE ha da tempo riconosciuto gli oneri specifici.” Alla riunione del 9 luglio partecipano sedici invitati: il verbale reca la data del 13 luglio, due giorni prima dell’infortunio di Mario, ed è stato inviato all’attenzione di tredici persone che a vario titolo si occupavano della sicurezza nel cantiere del Nuovo Ospedale. C’è bisogno di aggiungere, scrivere altre parole?

 

Come è andata a finire

L’area delle scale di emergenza della Torre 3 è stata sequestrata il giorno stesso dell’infortunio ed è rimasta sotto sequestro per sei mesi, fino al febbraio 2010. Dopo il dissequestro l’area delle scale di emergenza è stata pulita, illuminata e dotata di parapetti. Solo a quel punto ne è stato permesso l’utilizzo. Sono stati inviati cinque verbali di contravvenzione per violazioni alle norme sulla prevenzione degli infortuni al “Preposto per la Sicurezza con delega“ della DAC, ai due ingegneri della DAC che si occupavano rispettivamente della sicurezza in tutto il cantiere e della sicurezza solo nella Torre 3, al Coordinatore della Sicurezza ed al Responsabile Unico dei Lavori per il Committente. Tutte le cinque persone sono anche state rinviate a giudizio per “omicidio colposo” e “cooperazione nel delitto colposo” dalla Pubblico Ministero che ha seguito e coordinato le indagini. Il processo si è concluso nel marzo del 2015 con la sentenza di primo grado che ha visto condannati il “ Preposto per la Sicurezza“ e i due ingegneri della DAC e assolti il Coordinatore della Sicurezza e il Responsabile Unico dei Lavori.

 

Non sarebbe successo…

Se tutte le figure incaricate di occuparsi della sicurezza nel cantiere avessero svolto il loro compito prestando attenzione alle segnalazioni note da tempo. Se le scale e i pianerottoli fossero stati dotati di: parapetti, adeguata illuminazione e liberati da rifiuti e materiali ingombranti.

Se fosse stato impedito, attraverso uno sbarramento fisico, l’accesso alle scale di emergenza che, non ancora ultimate costituivano, un pericolo.

 

 

Scarica la storia completa (pdf, 2 MB)

 



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