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Le responsabilità per infortunio nei nolo a caldo di attrezzature

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Edilizia

28/02/2011

La Cassazione: il datore di lavoro di una impresa che ha concesso una autogrù con “nolo a caldo” risponde degli infortuni durante lo scarico ai lavoratori della ditta che ha provveduto a noleggiare il mezzo. A cura di G. Porreca.

 
Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 45356 del 27 dicembre 2010 (u. p. 23 novembre 2010) - Pres. Brusco – Est. Marinelli– P.M. Geraci - Ric. C. C.
 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 
Il datore di lavoro che ha noleggiato con la formula del “ nolo a caldo” un apparecchio di sollevamento, che nel caso preso in esame della Corte di Cassazione in questa sentenza era una gru su carro, risponde di un infortunio occorso ad un dipendente dell’impresa che ha provveduto a noleggiare il mezzo nel caso in cui l’infortunio stesso è accaduto per il cedimento di una catena di acciaio impiegata nella circostanza come imbracatura, cedimento dovuto oltre alla insufficiente portata utile anche al pessimo stato d’uso e di conservazione della catena medesima.
Se gli obblighi di un assiduo controllo delle operazioni di sollevamento, ha sostenuto la suprema Corte, si impongono a carico del datore di lavoro dell’impresa che esegue le operazioni di sollevamento nei confronti dei propri dipendenti ancor più gli stessi sussistono nei confronti di altri che per prestare la propria attività lavorativa possono venire a contatto con delle attrezzature non da loro conosciute e che possono quindi riservare insidie così come in effetti è accaduto nel caso in esame nel quale l’infortunato era dipendente della ditta noleggiante.


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Il caso e l’iter giudiziario.
 
L’amministratore di una società proprietaria di una autogrù è stato condannato dal Tribunale alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, pena sospesa e risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede e rifusione delle spese in favore delle parti civili, per il reato di omicidio colposo in seguito ad un infortunio in danno di un suo lavoratore dipendente. L’imputato è stato considerato responsabile di avere cagionato la morte del lavoratore per imprudenza, negligenza e imperizia e violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 179 del D. P. R. 27 aprile 1955, n. 547), in quanto, in qualità di amministratore della società, aveva omesso di eseguire la verifica obbligatoria trimestrale della catena della gru montata sul camion, che si è rotta durante le operazioni di sollevamento e di scarico di un escavatore, facendo abbattere violentemente per terra la macchina operatrice sotto la quale finiva l'operaio.
 
Avverso la decisione del Tribunale l’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Appello la quale ha confermata la sentenza emessa nel giudizio di primo grado. È succeduto quindi il ricorso dell’imputato alla Corte di Cassazione alla quale ha richiesto di volere annullare la sentenza lamentando di essere stato ritenuto responsabile dell’accaduto per il solo fatto di essere l’amministratore della società che ha noleggiato l’apparecchio di sollevamento senza che si fosse accertata una sua condotta concretamente colposa nell’accaduto ed un nesso eziologico del suo comportamento con la dinamica dell’evento.
Lo stesso ha sostenuto altresì che, anche nella ipotesi in cui fosse stata individuata la posizione di garanzia a carico del noleggiante, la Corte di Appello avrebbe dovuto provvedere comunque ad indicare gli strumenti e le modalità con cui si sarebbe dovuta attuare la tutela, il controllo e la garanzia da parte di un soggetto su un mezzo del quale non aveva più la detenzione, in un cantiere in cui non aveva neppure l'accesso e con riferimento ad un dipendente (l'autista del camion) sul quale non aveva, sia pure temporaneamente, il potere di controllo ed ha sostenuto, invece, che i responsabili dell'accaduto fossero stati l’autista del mezzo, che aveva tenuto una condotta chiaramente illecita, ed il capocantiere che era stato invece sentito nel processo solo come teste. Quest’ultimo, infatti, era tenuto ad intervenire al fine di impedire che il lavoratore infortunato si collocasse in una posizione assolutamente vietata dalle norme di sicurezza ed il suo mancato intervento è stato determinate sulla causa dell'evento. Abnorme, eccezionale ed imprevedibile, inoltre, sarebbe stata poi, secondo l’imputato, la condotta del lavoratore infortunato il quale, scendendo da un altro veicolo, si è posto al di sotto di un carico sospeso.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione.
 
Il ricorso dell’imputato è stato ritenuto infondato ed è stato pertanto rigettato. La Corte suprema ha posto in evidenza che nella sentenza della Corte di Appello, che aveva del resto confermate le conclusioni alle quali era già pervenuto il Tribunale, sono state ben spiegate le ragioni che hanno portato ad individuare la chiara responsabilità dell’imputato.
È risultato infatti pacifico che l'incidente si fosse verificato a causa del cedimento della catena di acciaio impiegata come imbracatura nelle operazioni di carico e scarico la quale “oltre ad essere insufficiente per quanto concerne la tollerabilità della portata utile, si presentava in pessimo stato di uso e di conservazione” ed è stato, inoltre, dato rilievo alla testimonianza del capocantiere il quale aveva dichiarato di avere manifestato all'autista del mezzo le sue perplessità in merito alla possibilità di caricare l'escavatore con la gru, ricevendo peraltro dallo stesso la risposta che quello era il normale modo di operare.
La Sez. IV, inoltre, non ha ritenuto condivisibile poi l'assunto della difesa dell’imputato secondo cui, vertendosi in una ipotesi di "nolo a caldo", essendo stati sia il mezzo che l'autista noleggiati alla società da cui dipendeva il lavoratore infortunato, non sussisterebbe la responsabilità dell’amministratore della società stessa.
 
I giudici di merito” ha sostenuto la suprema Corte, “hanno correttamente chiarito, citando anche pertinente giurisprudenza, che lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se era necessario nei confronti dei dipendenti dell'impresa, ancor più si imponeva nei confronti di coloro che prestavano lavoro alle dipendenze di altri e che venivano per la prima volta in contatto con un ambiente e con delle strutture non conosciute e che, quindi, potevano riservare insidie, come in effetti è accaduto nella fattispecie di cui è processo” nella quale il lavoratore infortunato era dipendente della società che aveva preso a noleggio e che stava utilizzando il mezzo di sollevamento.
In merito poi alla pretesa imprevedibilità del comportamento del lavoratore infortunato, sostenuta dalla difesa del ricorrente, la Sez. IV ha sostenuto che tale comportamento “non poteva ritenersi abnorme, né eccezionale, dal momento che tale condotta (l'eccessivo avvicinamento del lavoratore al raggio di azione di una gru in movimento) era tra quelle prevedibili, che dovevano appunto essere impedite attraverso il rispetto e l'osservanza delle norme sulla sicurezza”.
 
 
 


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Rispondi Autore: Morando sergio - likes: 0
01/03/2011 (10:50:59)
Ci sono processi al Tribunale di Mondovì a riguardo GRU di multinazionale con indagini fatte su possibili cedimenti strutturali e NON osservanza di leggi sulla sicurezza interna della multinazionale.
A marzo 2011 forse i primi processi..ma visto che i pericoli riguardano TUTTI anche estranei all'azienda potete partecipare anche Voi di Punto Sicuro..come avete scritto sopra come si vede gli infortuni con gru ed in questo ennesimo caso con morto continuano ad accadere!Si prega pertanto il Vostro intervento nei processi inerenti grazie.
Sergio Morando

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