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Rischio chimico: come misurare le esposizioni e migliorare la prevenzione?

Rischio chimico: come misurare le esposizioni e migliorare la prevenzione?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Valutazione dei rischi

06/03/2020

Indicazioni per i medici competenti relative alla identificazione, misurazione e valutazione dei rischi chimici in ambito lavorativo. Misurare e stimare le esposizioni, i valori limite di esposizione, i valori limite biologici e la UNI 689/2019.

Osimo, 6 Mar – L’articolo 25 del D.Lgs. 81/2008, il Testo Unico (“Unico testo normativo”) in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, prevede che il medico competente collabori con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione “alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro”.

 

Sappiamo tuttavia, anche attraverso molti nostri articoli, che questa “collaborazione” non è semplice, anche perché se la norma ha stabilito una precisa funzione, non ha tuttavia individuato precise modalità e procedure per svolgerla.

 

Per facilitare questa collaborazione e supportare i medici competenti nella valutazione di uno specifico rischio, il rischio chimico, torniamo oggi a presentare un intervento ai “Seminari Monotematici di Aggiornamento in Medicina del Lavoro 2019 – II serie” che, organizzati da Seres Onlus, si sono tenuti tra ottobre e novembre 2019 a Osimo (AN).

 

Presentiamo la terza parte dell’intervento dell’11 ottobre 2019, a cura del dott. Roberto Calisti (Direttore SPSAL – ASUR Marche AV3 – Civitanova Marche), con particolare riferimento ai seguenti argomenti:


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Dall’esposizione ai rischi: misurare e stimare le esposizioni

Nell’intervento “Medico competente e rischi chimici: prima identificazione e valutazione. c) Dalle esposizioni ai rischi: il medico competente «collabora (...) alla valutazione dei rischi» (art. 25 Dlgs 81/08)”, ci si sofferma, riguardo alla valutazione del rischio chimico, sulla misura delle esposizioni lavorative.

 

È possibile misurare le esposizioni con:

  • “Misure di esposizione esterna per via respiratoria
  • Misure di esposizione esterna per via percutanea
  • Misure di esposizione (ma anche di effetto precoce …) tramite monitoraggio biologico. Il monitoraggio biologico può fornire indicatori preziosi circa l’intero assieme dell’esposizione, per tutte le vie di assorbimento di un agente nell’organismo”.

 

È possibile poi stimare le esposizioni estrapolando “dai dati di misura diretta al complesso dello scenario di esposizione a cui essi appartengono (che può essere un mosaico di situazioni diverse)”. O anche è possibile “estrapolare dati di misura da lavori di letteratura scientifica pubblicata e, se disponibili, da matrici lavoro-esposizione (JEM) verso lo scenario di esposizione che ci stiamo impegnando a comprendere”.

 

Tuttavia – continua l’intervento - qualunque misura “descrive in via diretta solo la situazione del periodo in cui è stata condotta (fascia oraria – giorno – mese - anno), nelle condizioni che vigevano in quel periodo”, ma questo “non vuol dire che sia inutile”.

 

Se si giudica che una misura sia “rappresentativa di almeno parte di uno scenario che stiamo cercando di comprendere”, possiamo allora “affidarci a un’inferenza: dal particolare al meno particolare. È la stessa operazione che si compie quando da una glicemia puntuale o da una serie di livelli glicemici cerchiamo di comprendere ‘come stia andando’ un paziente diabetico o una donna in gravidanza”. 

 

È possibile poi confrontare misure e stime di esposizione con dei valori di riferimento: i valori che abbiamo trovato “sono «alti», «bassi», «così - così»”? 

 

L’utilizzo dei valori limite di esposizione professionale

L’intervento si sofferma poi sui valori limite di esposizione professionale.

 

Riprendiamo dal D.Lgs. 81/2008 due definizioni (art. 222)

- “valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento (…);

- “valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico” (…).

 

Nell’intervento si segnala che il Testo Unico, in continuo aggiornamento nel tempo, “contiene due tabelle di valori limite di esposizione professionale (VLEP) per gli agenti chimici:

  • la tabella in ALLEGATO XXXVIII riferita agli agenti chimici pericolosi che, in base alla normativa vigente, non sono classificati cancerogeni o mutageni;
  • la tabella in ALLEGATO XLIII riferita agli agenti chimici pericolosi che, in base alla normativa vigente, sono classificati cancerogeni o mutageni”.

Tuttavia “per moltissimi agenti chimici non esistono VLEP”. 

 

L’intervento si sofferma poi anche sul rapporto tra i VLEP nazionali e comunitari.

 

Infatti i VLEP nazionali italiani per gli agenti chimici “sono, in linea generale, uguali a quelli indicati nelle corrispondenti direttive UE; in alcuni casi sono più bassi”.

E l’Unione Europea stabilisce i propri VLEP per gli agenti chimici “in base a un mix di elementi: evidenze di rischi per la salute + fattibilità tecnologica + costi economici e sociali”. E per gli agenti non classificati cancerogeni e/o mutageni, “gli Stati membri possono adottare i VLEP comunitari oppure stabilire VLEP nazionali più alti o più bassi di quelli comunitari. Per gli agenti classificati cancerogeni e/o mutageni, gli Stati membri possono adottare i VLEP comunitari oppure stabilire VLEP nazionali soltanto più bassi di quelli comunitari”.

 

Nell’intervento si ricorda poi la norma UNI 689/2019, una norma tecnica “appartenente a una serie la cui applicazione è resa obbligatoria in Italia dall’art. 225 del Dlgs 81/08 e dal relativo ALLEGATO XLI «misurazione delle sostanze pericolose»”.

 

La norma introduce il concetto di SEG (Similar Exposure Group) “in sostituzione di quello classico di «gruppo omogeneo»”.

In particolare un SEG è un «gruppo di lavoratori aventi lo stesso profilo di esposizione generale per gli agenti chimici studiati a causa della similarità e della frequenza dei compiti eseguiti, dei materiali e dei processi in cui lavorano e della similarità con cui svolgono i compiti».

 

E, sempre con riferimento alla norma UNI 689/2019, “si ha una ragionevole certezza che il VLEP non sia superato quando, per ciascun SEG:

  • se si sono effettuate tre misure, tutte e tre rimangono al di sotto del 10 % del VLEP;
  • se si sono effettuate quattro misure, tutte e quattro rimangono al di sotto del 15 % del VLEP;
  • se si sono effettuate cinque misure, tutte e cinque rimangono al di sotto del 20 % del VLEP”.

Se poi nessuna misura supera il VLEP “ma non sono rispettate le condizioni di cui sopra, ci si trova in una situazione di «non decidibilità»; si può affrontarla con ulteriori misure e/o con ulteriori azioni per ridurre l’esposizione”. 

 

I valori limite biologici e i risultati di alcune misurazioni

L’intervento si sofferma infine sui valori limite biologici (VLB), uno strumento normativo espressamente previsto dall’art. 223 del Dlgs 81/08 ed al relativo ALLEGATO XXXIX”.

 

Si indica che al momento, in Italia, valori limite biologici “sono stabiliti soltanto per il piombo”.

Se segnala poi che la SIVR (Società Italiana Valori di Riferimento) ha “emesso tre proprie liste di valori di riferimento: una nel 2000, una nel 2005 e una 2011. Tutte e tre tali liste sono disponibili gratuitamente in rete. I valori di riferimento SIVR si riferiscono a una cospicua serie di elementi, composti organici e loro metaboliti in sangue e urina”. 

 

L’intervento, che vi invitiamo a visionare integralmente, riporta poi molti dati relativi a campionamenti e misurazioni effettuati in vari settori; fonderia di ghisa (con una buona aspirazione nel reparto formatura anime), in uno studio medico, un ambulatorio, una sala riunioni, un servizio ospedaliero di anatomia patologica (con una buona aspirazione sulla postazione di riduzione dei pezzi). 

 

Riprendiamo dalle slide, a livello esemplificativo, i dati relativi alla presenza di aldeidi (composti organici) in uno studio medico e un ambulatorio:

 

 

Nelle slide sono poi ricordati i VLEP comunitari per la formaldeide (Direttiva 2019/983) e riportate misurazioni relative a vari composti organici volatili (COV).

 

Segnaliamo, in conclusione, che negli interventi al corso di aggiornamento dell’11 ottobre sono stati affrontati anche altri argomenti:

  • elementi introduttivi al rischio chimico
  • l’identificazione delle situazioni anche solo potenzialmente pericolose
  • medici, azioni di prevenzione e protezione e sorveglianza sanitaria.

 

 

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Medico competente e rischi chimici: prima identificazione e valutazione. c) Dalle esposizioni ai rischi: il medico competente «collabora (...) alla valutazione dei rischi» (art. 25 Dlgs 81/08)”, a cura del dott. Roberto Calisti (Direttore SPSAL – ASUR Marche AV3 – Civitanova Marche), materiale presentato ai “Seminari Monotematici di Aggiornamento in Medicina del Lavoro 2019 – II serie” (formato PDF, 2.09 MB).

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sul rischio chimico   

 



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