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Resilienza e stress lavoro-correlato

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Lavoratori

17/05/2011

La resilienza è la capacità dell’individuo si sviluppare le proprie potenzialità di fronte a situazioni difficili e stressanti, anche in ambito lavorativo. Come si configura e come si costruisce? Di Lucia De Antoni e Valentina Romio.

 
Negli ultimi vent’anni sono aumentati notevolmente gli studi sulla resilienza, questa capacità dell’individuo si sviluppare le proprie potenzialità di fronte a situazioni difficili e stressanti, anche in ambito lavorativo. Vedremo meglio come si configura e come si costruisce. A cura di  Lucia De Antoni e Valentina Romio.
 
 
Con il termine “ resilienza” si intende quell’ insieme di processi che facilitano un adattamento efficace e promuovono lo sviluppo della persona anche in contesti di vita altamente stressanti, l'adattamento positivo di fronte ad una situazione di stress o di trauma (Luthar, Cicchetti, & Becker, 2000), nonché l'abilità di mantenere un buon stile di "funzionamento" ed equilibrio dopo la situazione di stress (Bonammo, 2007).
Essere resilienti significa in fondo rimanere altamente produttivi anche nelle turbolenze e nelle difficoltà, significa capitalizzare esperienze e far tesoro di esse come anche dei propri errori – compresi e corretti – per guardare avanti con energia, fiducia nei propri mezzi e voglia rinnovata di superare positivamente nuove sfide, utilizzando un semplice schema di comprensione del contesto e di valorizzazione delle proprie risorse. […]
 
Il termine “resilienza psicologica” si riferisce alla capacità dell’individuo di resistere agli agenti stressanti senza manifestare disfunzioni psicologiche.
Nella psicologia umanistica la resilienza si riferisce quindi alla capacità dell’individuo di irrobustirsi e di sviluppare le proprie potenzialità di fronte a situazioni stressanti o, addirittura, a causa di queste situazioni. Gli individui e le comunità resilienti sono più inclini a vedere le difficoltà come opportunità di crescita. In altre parole, gli individui resilienti sembrano non solo fronteggiare meglio fatiche ed eventi stressanti, ma sperimentare i cambiamenti come opportunità per apprendere e svilupparsi. […]
 
Nell’ambito delle organizzazioni è dimostrato che un lavoratore resiliente gestisce e affronta lo stress in modo sano cercando di mettere in atto tutte le sue risorse personali.
Un lavoratore resiliente ha un’alta capacità di riflessione sulla propria vita lavorativa: è capace di stabilire rapporti intimi e soddisfacenti con i propri colleghi di lavoro, è in grado di mantenersi ad una certa distanza dai problemi ma senza isolarsi ed è determinato a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Egli ha costruito una rete di supporto sociale nell’ambiente sia lavorativo che extralavorativo riuscendo a dare un senso alla sua vita professionale agendo in accordo con il proprio sé e le proprie abitudini. Ha la capacità di gestire ed affrontare lo stress per tutte le ragioni esposte e, soprattutto, per un atteggiamento ottimista e propositivo che gli permette di proiettarsi oltre l’ostacolo.
Un lavoratore resiliente ha competenze sociali ovvero sa ascoltare, conversare, esprimere in modo accurato atteggiamenti ed emozioni, ha una buona stima di sé e buone capacità di problem solving.
 
L’insorgere di un improvviso motivo di allarme o di preoccupazione interessa tutti i lavoratori, resilienti e non. La differenza consiste nel fatto che il lavoratore resiliente gestisce e affronta lo stress mettendo in atto tutte le sue risorse personali, in cui risiedono le capacità autocurative dell’individuo e le sue potenzialità di superare le difficoltà che impone la vita durante il cammino di ognuno. Un lavoratore resiliente, quindi, è meno in pericolo, rispetto ad un lavoratore non resiliente, ai meccanismi nocivi dello stress che possono portare principalmente a profondi stati d’ansia, disperazione, attacchi di rabbia e depressione. Lo sviluppo di capacità resilienti nei lavoratori preserva da patologie quali lo stress che può essere concausa, assieme ad altri fattori, dell’insorgenza di situazioni particolari con conseguenti danni comportamentali e fisici nell’individuo.
Dalle ricerche più recenti alcune caratteristiche sembrano maggiormente garanti di una buona protezione con relativi benefici in età adulta e dunque anche nell’ambito professionale: adozione di strategie di fronteggiamento delle difficoltà dirette alla risoluzione del problema più che alla scarica del disagio emotivo, un atteggiamento ottimista e propositivo rispetto al futuro, una buona integrazione sociale e un’estesa rete di relazioni interpersonali, una concezione di sé flessibile e adattabile alle varie circostanze.
Il lavoratore capace di sviluppare tali fattori di protezione vivrà la propria vita professionale in maniera soddisfacente e costruttiva pur avendo quotidianamente situazioni ed eventi stressogeni che lo metteranno spesso alla prova e saranno, presumibilmente, meno esposti a vissuti di vergogna che possono verificarsi anche in ambito lavorativo (cambio di mansione, lettere disciplinari, ecc.).
 
I lavoratori resilienti provano un senso di soddisfazione lavorativa elevata rispetto ai lavoratori non resilienti grazie alla presenza di un fattore di protezione, chiamato hardiness. L’hardiness è un tratto di personalità che comprende oltre il controllo, l’impegno e la sfida. Le persone resilienti hanno la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante e l’esito degli eventi, definiscono un’obiettivo significativo nella propria esistenza, sono convinte di apprendere e crescere anche grazie ad esperienze negative, vedendo i cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.
La parola resilienza è associata ai concetti di tensione (strain), stress, ansietà facendo riferimento a tutte quelle situazioni più o meno traumatiche che colpiscono gli individui durante la vita. Resilienza non è, quindi, solo la capacità infantile o adolescenziale di resistere allo stress o a traumi violenti, ma è anche la capacità di usare l’esperienza maturata in situazioni difficili per costruire il futuro.
Come già illustrato prima, la resilienza è intesa non come una qualità statica, ma come il risultato di una interazione dinamica che si sviluppa tra individuo e ambiente. La resilienza può essere acquisita, infatti, attraverso un processo di apprendimento che deve essere incoraggiato e sostenuto dalle istituzioni formative.
La promozione della resilienza, incontra obbligatoriamente la resilienza di chi deve attuarla e dunque del sistema e delle istituzioni.
 

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Costruire la resilienza
Parte centrale all’interno di un percorso di costruzione della resilienza è l’allenamento e lo sviluppo di capacità di coping adattive. Il modello di base dello stress (chiamato modello transazionale) e del coping è: sopraggiunge una potenziale fonte di stress e viene condotta su di esso una valutazione cognitiva (decidere se lo stressor rappresenta o no qualcosa che può essere prontamente affrontato o una fonte di stress perché può richiedere risorse superiori a quelle che possiede la persona). Se uno stressor è considerato un pericolo, le reazioni di coping sono avviate. Le strategie di coping sono generalmente focalizzate sia esternamente sul problema (problem solving) sia internamente sulle emozioni, oppure possono essere rivolte all’esterno come ricerca di supporto emotivo da parte di altre persone.
Gli elementi costitutivi della resilienza sono presenti in ogni essere umano e la loro evoluzione può avvenire anche in età adulta, nonostante il periodo più indicato sia dalla nascita all’adolescenza.
La resilienza è infatti costituita da un percorso individuale che può essere raggiunto da tutti, ma che necessita di impegno, tempo e cambiamento di tipo personale attraverso piccoli passi. L’obiettivo è lavorare sulle risorse positive della persona, con la consapevolezza che per alcuni individui il percorso potrebbe essere più difficile rispetto ad altri, a causa di un ambiente che non facilita uno sviluppo personale positivo.
 
Nei lavoratori la promozione della resilienza comporta il potenziamento di competenze e costituisce pertanto uno strumento di prevenzione (Labbrozzi, 2005). La resilienza si propone non di ridurre una persona ai suoi problemi, ma cerca di evidenziare le sue potenzialità. In ambito organizzativo le modalità con cui la persona tenta di adattarsi, fronteggiare un problema, gestire la situazione producono poi effetti determinanti sulla qualità del suo operato, sul rapporto con l’ambiente lavorativo e sullo svolgimento della mansione. Essendo il lavoro un luogo in cui l’individuo sperimenta in modo considerevole situazioni stressanti e problematiche, lo sviluppo e l’accrescimento della resilienza risulta quindi di particolare importanza.
 
Per realizzarsi la resilienza ha bisogno di strumenti che appartengono alla zona privata dell’io (storia dell’individuo, capacità di elaborazione della sofferenza) e alla zona pubblica ovvero le relazioni che possono incrementare il sentimento di realizzazione personale e professionale.
L’azione di progettazione personale e professionale nelle organizzazioni determina la necessità di interventi educativi creati su un sistema di pensabilità che aiuti i lavoratori a ripensarsi nei propri percorsi di progettazione e orientamento professionale, ad auto formarsi cercando di incentivare processi di apprendimento esperienziale crescendo all’interno di una politica socio-professionale della felicità.
E’ sottointeso dire che la crisi economica ha coinvolto significativamente i lavoratori in tanti settori. C’è preoccupazione e incertezza nelle organizzazioni e ciò colpisce le prestazioni e la produttività. Sono le organizzazioni resilienti e le persone che vi lavorano coloro che hanno le più alte possibilità di sopravvivere, addirittura a un livello eccellente, in questi tempi duri e difficili.
 
Come si presenta un’organizzazione resiliente?
Spiegandolo in maniera semplice, una organizzazione resiliente può rispondere e adattarsi sia ai collassi improvvisi sia ai cambiamenti graduali. La crisi economica attuale è un perfetto test per valutare la resilienza. Massimizzare le prestazioni su lungo termine, attraverso cambiamenti previsti e distruzioni che possono essere previste, definisce una organizzazione resiliente. Le organizzazioni resilienti richiedono persone resilienti, e manager che aiutino a sviluppare una cultura adeguata per costruire questo tipo di organizzazione.
 
Guidare alla resilienza
Le ricerche sulla resilienza si sono focalizzate principalmente su come gli individui e le organizzazioni fronteggiano le esperienze negative. Ma le ricerche nei differenti campi hanno anche cercato di approfondire l’analisi dei fattori associati al successo a lungo termine di fronte ai cambiamenti – perché alcune organizzazioni sopravvivono e traggono benefico dai cambiamenti e altre no. I risultati possono essere raggruppati in cinque strategie correlate tra di loro. E sono: incoraggiare le innovazioni; costruire e sviluppare la flessibilità; stringere e ampliare le reti di relazioni; costruire e sviluppare la propositività; gestire lo stress dei dipendenti.
 
Conclusioni
Si intende concludere questo approfondimento sostenendo che elemento cardine di ogni esperienza di resilienza è essere in grado di trovare un senso alla propria vita personale e professionale tramite un lavoro di ricordo e riflessione, in grado di mettere in relazione il presente con un passato in cui riconoscersi e con un futuro in cui proiettarsi al fine di realizzare un cambiamento: ricordare il passato per progettare il futuro.
 
 
 


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Rispondi Autore: ANTONIO FLORIANI - likes: 0
17/05/2011 (07:54:54)
Belle teorie quelle sulla resilienza!
Si vede che l'articolo è scritto da 2 psicologhe.
Come sempre si arriva a tante congetture e zero soluzioni concrete.
La verità sullo stress è molto più semplice!
Sono disponibile a darvi delle soluzioni concrete.
Rispondi Autore: Simone Larghi - likes: 0
17/05/2011 (09:22:55)
La prego ci illumini sulla "verità"
Rispondi Autore: Giorgia Minguzzi - likes: 0
20/05/2011 (12:55:03)
Non sempre si ha la capacità di cogliere immediatamente quanto ascoltiamo o leggiamo, quindi con superficialità lo si giudica filosofico ma se ne conserviamo la memoria forse potrà esserci di stimolo in futuro, quando saremo pronti a comprenderlo e attuarlo. Per dare "soluzioni concrete" è necessario vivere all'interno della realtà che si intende migliorare; costruire rapporti sociali indirizzati ad una crescita personale e professionale duratura è tutt'altro che semplice e richiede una notevole dose di umiltà ascolto, pazienza e ottimismo. Vi ringrazio per l'articolo, mi ha dato utili spunti di riflessione personale prima e professionale poi. Molte parole sono chiaramente messe ad arte per stimolare la sensibilità del lettore e la sua capacità di fermarsi, guardarsi, mettersi in discussione e cogliere gli strumenti lasciati fra le righe per aiutarlo a progredire.
Rispondi Autore: Antonio D'Oria - likes: 0
21/01/2013 (08:59:27)
Ma che belle teorie per costruire gli schiavi del futuro. Qui si parla di stress come un fattore normale, quando invece deve essere visto come un elemento di disturbo della produttività. I padroni hanno costruito la cultura delle hr del futuro, pronte a difendere tutti gli errori di gestione del personale. Recuperate la riva, siete in alto mare.... Un lavoratore dovrebbe costruire una ragnatela di buoni rapporti personali per sopravvivere ad una cattiva gestione del suo lavoro e della sua persona?!. Ci avete provato a lavorare? Pensate che l'ambiente di lavoro sia l'aula dell'università???
Rispondi Autore: Antonio D'Oria - likes: 0
21/01/2013 (11:04:19)
Ma che belle teorie per costruire gli schiavi del futuro. Qui si parla di stress come un fattore normale, quando invece deve essere visto come un elemento di disturbo della produttività. I padroni hanno costruito la cultura delle hr del futuro, pronte a difendere tutti gli errori di gestione del personale. Recuperate la riva, siete in alto mare.... Un lavoratore dovrebbe costruire una ragnatela di buoni rapporti personali per sopravvivere ad una cattiva gestione del suo lavoro e della sua persona?!. Ci avete provato a lavorare? Pensate che l'ambiente di lavoro sia l'aula dell'università???

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