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Sulla sanzione per la mancata verifica degli impianti di messa a terra

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Datore di lavoro

19/10/2009

Cassazione: altalenante posizione in merito alla sanzione da applicare in caso di mancata verifica degli impianti di messa a terra prevista dal DPR 547/55. Assolto un datore di lavoro perchè il DPR 547 è stato abrogato. A cura di G.Porreca.

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Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
 
Sull’applicabilità della sanzione nel caso in cui un datore di lavoro abbia omesso di sottoporre a verifica periodica l’impianto di messa a terra installato nella propria azienda, già prevista dall’art. 328 del D. P. R. 27/4/1955 n. 547 e punibile con la penalità prevista dall’art. 389 dello stesso decreto presidenziale, si era già espressa la Corte di Cassazione in passato in alcune sentenze con le quali la stessa, pur prendendo atto che il citato articolo del decreto presidenziale n. 547/1955 era stato abrogato dal successivo D.P.R. 22/10/2001 n. 462, contenente il Regolamento per la denuncia di installazione dei dispositivi di protezione, contro le scariche atmosferiche, dei dispositivi di messa a terra e di impianti elettrici pericolosi, riconosceva, ai fini della punibilità del reato, la continuità normativa fra i due decreti presidenziali. Con questa sentenza, invece, la stessa Corte di Cassazione ha annullata la condanna emessa a carico di un datore di lavoro per la mancata verifica dell’impianto di messa a terra motivando la decisione con la osservazione che l’obbligo di cui alla condanna sottoposta all’esame era stato abrogato e che pertanto non costituiva più un reato.
 
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Il caso. Il Giudice Monocratico di un Tribunale ha condannato alla pena di 1500,00 euro di ammenda, con i benefici della sospensione condizionale della pena stessa e della non menzione, la direttrice di un museo perchè ritenuta responsabile della violazione dell’art. 374 del D. P. R. n. 547 del 1955 per non avere dimostrato formalmente, nell’ambito di un sopralluogo effettuato da alcuni ispettori dell'ASL, di avere verificato gli impianti elettrici di messa a terra e contro le scariche atmosferiche.
 
Contro la decisione del Tribunale l’imputata proponeva ricorso alla Corte di Cassazione alla quale chiedeva l’annullamento della sentenza sostenendo di aver rassegnato le dimissioni dalla direzione della amministrazione già prima della contestazione effettuata dall’organo di vigilanza e che il giudice di merito aveva, invece, ritenuto ugualmente di attribuire a lei l'omissione sulla base del fatto che la documentazione presentata non provava la data da cui decorreva la esecutività delle dimissioni nonché sulla base delle dichiarazioni di un teste dalle quali era emerso che al momento del controllo la ricorrente risultava ancora essere in carica, oltre al fatto che la stessa aveva provveduto ad oblare un’altra contravvenzione contestata nel corso dello stesso sopralluogo.
 
Motivi della decisione. La Corte di Cassazione, dopo l’esame del caso, ha annullata la sentenza di cui al ricorso ma per motivi diversi da quelli addotti dalla ricorrente. Ha osservato, infatti, la suprema Corte che il giudice di merito aveva emessa la sentenza di condanna in ordine al reato di cui all’art. 374 del D. P. R. n. 547 del 1955 e che il rilievo mosso alla ricorrente scaturiva a seguito della violazione della normativa di cui al D. P. R. 22 ottobre 2001. n. 462, articolo 4. La suprema Corte ha messo in evidenza, in merito, che il citato D. P. R. n. 462/2001 contiene disposizioni di natura sicuramente regolamentare, così come del resto è indicato nel titolo del decreto che recita "Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazione e dispositivi di protezione, contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi".
 
Tale Decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001”, prosegue la Sez III “non contiene, al proprio interno, alcuna previsione sanzionatoria penale (né potrebbe se non pena la violazione del principio di riserva che vuole la legge quale fonte primaria del diritto penale) e quindi “la sentenza impugnata ha, perciò, ravvisato la violazione di un precetto contenuto in una norma regolamentare che, oltre a non essere sanzionata penalmente, non costituisce neanche una specificazione della norma primaria indicata nel capo di imputazione (Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 374), la quale non prevede alcuna integrazione attraverso norme secondarie”. “Va, altresì, rilevato”, ha concluso la suprema Corte, “ che il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 304 ha abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955 indicato nel capo di imputazione” per cui la sentenza impugnata va annullata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
 
I precedenti. Sono varie le sentenze della stessa Corte di Cassazione che si sono espresse in precedenza in senso contrario e quindi nel senso della punibilità della violazione. Fra di esse si cita la sentenza n. 35381 del 10/9/2003 Sez. III, la n. 2947 del 28/1/2004 Sez. III e la n. 26389 del 18/7/2005 Sez. III.
 
Con la prima di tali sentenze, la n. 35381 del 10/9/2003, la Corte Suprema, pur ammettendo che "la lettera a) del comma 1 dell'art. 9 del D.P.R. in questione recita testualmente che sono abrogati gli artt. 40 e 328 del D.P.R. n. 547/1955", ha affermato che "il fatto di cui alla seconda delle norme abrogate (omessa denuncia dell'impianto di messa a terra ai fini dell'omologazione) trova continuità normativa nelle disposizioni del D.P.R. n. 462/2001 e precisamente nell'art. 2 (Messa in esercizio e omologazione dell'impianto)" ed ha precisato in più che "la salvezza, in particolare, delle disposizioni penali è desumibile  con certezza dall'art. 9 del D.P.R. n. 462/2001 che, dopo aver ribadito al comma 1 le già disposte abrogazioni, al comma 2 dispone testualmente che i riferimenti alle disposizioni abrogate contenuti in altri testi normativi si intendono riferiti alle disposizioni del presente regolamento". La Sezione III ha dedotto quindi che la sanzione penale relativa all'abrogato art. 328 del D.P.R. n. 547/1955, contenuta nell'art. 389, comma 1, lettera c) dello stesso Decreto doveva essere intesa ora relativa alle  nuove disposizioni.
   
Con la successiva sentenza n. 2947 del 28/1/2004 la Sez. III rimarcava la punibilità della mancata denuncia dell’impianto di terra e confermava in pieno tutte le considerazioni fatte  in merito precedentemente dalla stessa Sez. III in merito e giungeva quindi alla conclusione, per quanto riguarda il rapporto fra il D.P.R. n. 547/1955 ed il D.P.R. n. 462/2001, di essere davanti ad una successione di leggi nel tempo e non anche ad una abolizione totale del reato.
 
Con la sentenza n. 26389 del 18/7/2005, infine, con la quale il legale rappresentante di una azienda era stato condannato per il reato di cui all’art. 328 del D.P.R. n. 547/1955 per la mancata verifica dell’impianto di messa a terra la stessa Sez. III della Corte di Cassazione ancora, nel confermare la condanna inflitta dal Tribunale, ha avuto modo di osservare che “l’abrogazione dell’art. 328 dianzi citato non ha comportato alcuna abolitio criminis, giacche sussiste continuità normativa tra gli artt. 328 e 389 D.P.R. n. 547/1955 e gli artt. 2 e 5 D.P.R. n. 462/2001” e che “l’art. 9 comma 1, del citato D.P.R., pur abrogando l’art. 328 D.P.R. n. 547/1955, ha mantenuto la sanzione penale in relazione alle nuove fattispecie previste dal D.P.R. n. 462/2001”. La stessa, infine, ha posto in evidenza che, siccome “il comma 2 della norma citata dispone che i riferimenti alle disposizioni abrogate contenuti in altri testi normativi si intendono riferiti al presente regolamento, la sanzione prevista dall’art. 389 D.P.R. n. 547/1955 si deve intendere ora relativa alle disposizioni del D.P.R. n. 462 del 2001”.
 
 
 
 

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Rispondi Autore: Ing. Giuseppe Giambra - likes: 0
19/10/2009 (11:58)
Penso che non ci sia contraddizione tra le due (presunte) "scuole di pensiero" della Cassazione, ciascuna delle quali ha prodotto le due diverse tipologie di sentenze. Premetto che occorre calarsi nei meandri normativi e soprattutti legislativi, che spesso a noi tecnici sembrano poco illuminati.
Le sentenze contrarie nel giudizio all'ultima sentenza del 2009 (e citate nell'articolo) sono tutte antecedenti o comunque si riferiscono ad eventi antecedenti al 2008 e comunque alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 81/08 che ha abolito il D.P.R 547/55.
L’unico riferimento legislativo relativo alla denunzia (o notifica) e verifica degli impianti elettrici dopo tale abolizione rimane il D.P.R. 462/01. Esso, che ha per titolo “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, …..” aveva l’obbiettivo “semplicemente” di cambiare le “modalità” delle verifiche e notifica di tali impianti alle autorità competenti oltre che ampliare le figure preposte alle stesse verifiche degli impianti. Esso al contrario non aveva alcuno scopo sanzionatorio (non dettava infatti alcuna sanzione) perché era ancora in vigore, quando fu emanato, il DPR 547/55 cui si riallacciava con l’art. 9 com. 2: “I riferimenti alle disposizioni abrogate contenute in altri testi normativi si intendono riferiti alle disposizioni del presente regolamento” e poiché il DPR 462/01 si riferisce solo alle modalità di denunzia e verifica, rimaneva valido quanto in esso non contenuto o previsto cioè tutto l’apparato sanzionatorio del DPR 547/55.
A partire dall’entrata in vigore del D.Lgs.81/08 è stato abolito il DPR 547/55 e tutto il sistema sanzionatorio in esso previsto; nel passaggio al sistema sanzionatorio previsto nel D.Lgs. 81/08, qualche sanzione è stata, purtroppo, dimenticata (o con reticenza insabbiata) tra cui appunto quella per la mancata verifica degli impianti di terra e scariche atmosferiche. Ecco che si è verificata, penso nella mia ignoranza legislativa, quella che si dovrebbe chiamare “Vacatio Legis”, che non è colmata neanche dalle sanzioni fornite nell’art. 87 del D.Lgs. 81/08 relativamente agli obblighi del Datore di Lavoro in merito agli impianti. Infatti il D.Lgs. 81/08, pur ribadendo di fatto nell’art. 86 com.1 l’obbligo dello svolgimento delle verifiche di tali impianti ed in ciò riferendosi sia al DPR 462/01 sia ad aggiuntive verifiche e prospettando al comma 2 la possibilità di un nuovo decreto in tal senso, non stabilisce nell’art. 87 alcuna sanzione al mancato rispetto di tale obbligo di verifica. Ad onor del vero una sanzione (da 750 a 2.500 Euro) è fissata per il mancato assolvimento del comma 3 dello stesso articolo 86 che così recita: “L’esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell’autorità di vigilanza”. Penso che tale sanzione o è un errore derivante da un refuso dattilografico (o stenografico a piacere di chi legge) o è, penso, un barzelletta (dovrebbe infatti ridere il datore di lavoro che è sanzionato non per non aver effettuato la verifica ma per non averne esibito il relativo verbale, allo stesso modo del datore di lavoro che tale verbale l’ha perso!!!!! Ci sarebbe, inoltre, da effettuare tutto un dibattito legale sulla gravità dell’infrazione del primo e del secondo datore di lavoro). Ma dovrebbe essere ancor più una barzelletta la (presumo io senza conoscere i fatti) mancata contestazione da parte degli Ispettori ASL della mancata esibizione del verbale di verifica. Penso che in tal modo i Giudici della cassazione avrebbero condannato l’imputato (un po’ come per Al Capone condaanto non per i reati di criminalità organizzata, omicidi, furti, etc. bensì per evasione fiscale).
Ed infatti il nuovo sistema sanzionatorio generato dalle modifiche apportate dal nuovo D.Lgs. 106/09, riconoscendo questo limite, sanziona separatamente entrambi i commi (1 e 3) dell’art. 86 pur riducendo la sanzione al range 400-1.800 euro.

Ing. Giuseppe Giambra

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