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LA CASSAZIONE SI ESPRIME SUL MOBBING

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Datore di lavoro

02/05/2006

Una recente sentenza della Corte di Cassazione individua “i connotati della condotta datoriale idonei ad integrare l’illecito del datore di lavoro nei confronti del lavoratore”.

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Con un’importante decisione, (link al documento) per la quale non constano precedenti specifici, la Corte di cassazione individua “i connotati della condotta datoriale idonei ad integrare l’illecito del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, consistente nell'osservanza di una condotta protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente, cosiddetto “mobbing”, affermando che può realizzarsi con comportamenti datoriali, materiali o provvedimentali, indipendentemente dall'inadempimento di specifichi obblighi contrattuali o dalla violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato”.

Per la Corte, “la sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata - procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva della condotta, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa”.

Nella causa oggetto della sentenza, intentata da un impiegato di una agenzia bancaria del veneto, i comportamenti datoriali “erano consistiti in provvedimenti di trasferimento, ripetute visite mediche fiscali nell’arco di dieci mesi, attribuzione di note di qualifica di insufficiente, irrogazione di sanzioni disciplinari, privazione della abilitazione necessaria per operare al terminale”, tutte azioni che però la Corte non ha ritenuto sufficienti a provare la “condotta protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente”.

Per ottenere il risarcimento da mobbing il lavoratore deve quindi dimostrare che l'intento persecutorio del datore di lavoro è diventato una regola. Un comportamento non occasionale, quindi, ma duraturo nel tempo, di natura vessatoria tale da comportare una lesione dell'integrità fisica e della personalità morale del lavoratore. La Corte ha, quindi, stabilito che non è sufficiente l'elencazione di una serie di condotte sfavorevoli per ritenere automaticamente dimostrato il danno del lavoratore.

 

 

 

 

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