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La non responsabilità del CSE per l’infortunio in cantiere

La non responsabilità del CSE per l’infortunio in cantiere
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

13/06/2016

Per individuare la responsabilità del CSE per un infortunio in cantiere occorre verificare se si è trattato di un accidente contingente scaturito dallo sviluppo dei lavori o se riconducibile alla configurazione complessiva della lavorazione. Di G.Porreca.

 
Torna la Corte di Cassazione in questa sentenza ad occuparsi di un argomento sul quale si dibatte molto nelle aule giudiziarie e sul quale la stessa Corte non sembra avere trovato un indirizzo univoco, fra la richiesta di una presenza frequente in cantiere e quella “momento per momento” e fra la funzione di ”alta vigilanza” finalizzata al coordinamento delle imprese e quella della vigilanza anche “minuta” sull’applicazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro, e cioè l’argomento riguardante la individuazione della responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione per un infortunio occorso in un cantiere edile sottoposto al suo controllo. Per comprendere se per un evento dannoso accaduto in un cantiere, ha sostenuto la suprema Corte, è coinvolta la responsabilità del coordinatore per la sicurezza occorre analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturito l’evento infortunistico, occorre cioè comprendere se si tratti di un accidente contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori e come tale affidato alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto  oppure se, invece, l’evento stesso sia riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione, ambito riservato allo stesso coordinatore per la sicurezza, il che non implica, normalmente, una sua continua presenza nel cantiere con il ruolo di controllo sulle contingenti lavorazioni in corso.
 
Nel caso in esame, in particolare, la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza di condanna del coordinatore per la sicurezza perché il fatto non sussiste essendo emerso che l’evento per il quale era stato condannato nei primi gradi di giudizio era sottratto alla sua sfera di controllo ed alla sua funzione di "alta vigilanza" attribuitagli ed era invece ricompreso in quella del datore di lavoro o del suo preposto. La stessa Corte, di converso, ha riconosciuta la responsabilità del capocantiere annullando comunque la sentenza di condanna emanata nei suoi confronti per essere il reato estinto per prescrizione.
 

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Il fatto e il ricorso in Cassazione
Il coordinatore per la sicurezza ed il capocantiere di un’impresa edile hanno proposto, per il tramite dei rispettivi difensori, ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello a conferma della sentenza del Tribunale con la quale gli stessi sono stati ritenuti responsabili del reato di cui agli art. 41, 113, 590 comma 2 e 3 c.p. perché, con condotte indipendenti ma convergenti fra loro, hanno cagionato al dipendente di una ditta appaltatrice lesioni gravissime dalle quali derivava l’amputazione dell’arto inferiore sinistro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni (art. 5 comma 1 lett. c), 12 del D. Lgs. 494/96 e art. 4 del D. Lgs. 626/94. Come risultato dalla ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di merito, l’infortunio sul lavoro si era verificato nel corso dei lavori di straordinaria manutenzione con adeguamento delle protezioni laterali di un tratto di strada affidati alla ditta appaltatrice.
 
La mattina dell’infortunio, in particolare, dovendosi effettuare il getto e la posa in opera del calcestruzzo all’interno di uno scavo del cantiere, il dipendente di un’impresa fornitrice del nolo a caldo di calcestruzzo, aveva posizionato l’autobetoniera a circa 50-60 cm dal ciglio della scavo da colmare, in posizione parallela ad esso. Prima dell’inizio delle operazioni, due lavoratori dipendenti dell’impresa appaltatrice si erano portati sul ciglio dello scavo, sul lato destro della betoniera, dando le spalle ad essa, per sistemare le gabbie di ferro poste all’interno della scavo. Poiché la presenza della betoniera intralciava l’operazione l’autista del mezzo, su richiesta dello stesso lavoratore infortunato, lo ha spostato, guardando negli specchietti retrovisori, senonché le ruote del secondo asse hanno schiacciato la gamba sinistra dell’infortunato che, dalla posizione prona sul ciglio dello scavo, aveva allungato la gamba al di sotto della betoniera per fare leva sulla ruota ed avere maggiore forza nel sistemare la gabbia di ferro. L’autista ha riferito che, al momento dello spostamento del mezzo, non era presente alcun operaio a terra per aiutarlo a dirigere la manovra, quindi egli si era basato solo sugli specchietti retrovisori che, per sua stessa ammissione, non offrivano una completa visuale del mezzo.
 
Il PSC e il POS avevano previsto compiutamente, fra i rischi connessi alle lavorazioni, anche quello relativo alla posa in opera di armatura di acciaio e del getto di calcestruzzo prevedendo, quali misure di protezione, l’impiego, durante l’uso dei mezzi di lavoro, di un lavoratore a terra per le operazioni di retromarcia o comunque di difficile esecuzione, in caso di manovre con limitata visibilità o in spazi ristretti.
 
I giudici di merito hanno addebitata la responsabilità dell’accaduto al capocantiere preposto alla sicurezza per conto del datore di lavoro per la mancata attuazione dei programmi di informazione dei lavoratori, la cui omissione aveva determinato il mancato coordinamento fra i lavoratori impegnati nella operazione sui tempi e modalità di movimentazione della betoniera da cui era scaturito l’incidente. Hanno però attribuita la responsabilità anche al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori che svolgeva una funzione che gli imponeva l’osservanza degli obblighi di assicurare la cooperazione e il coordinamento delle attività fra le imprese operanti nel cantiere e la loro reciproca informazione, nonché di verificare l’osservanza delle prescrizioni stabilite nei piani di sicurezza.
 
Il coordinatore per la sicurezza ha basata la sua difesa sostenendo che il coordinatore per l’esecuzione svolge un’attività di alta vigilanza da non confondersi con quella operativa demandata al datore di lavoro e alle figure dal predetto incaricate, quali il preposto e il dirigente, ed ha una funzione riguardante la generale configurazione delle lavorazioni che non richiede una puntuale, stringente vigilanza sulla osservanza delle misure di sicurezza, demandata ad altre figure. Secondo lo stesso l’attività dalla quale era scaturito l’incidente, e cioè il getto e la posa in opera del calcestruzzo, era un’attività tipica, compiutamente disciplinata dai piani di sicurezza con la prescrizione di opportune cautele in forza delle quali le operazioni di movimentazione dei mezzi dovevano essere effettuate sotto la guida di un responsabile che doveva rimanere fuori dai mezzi in modo da dirigere la loro movimentazione per cui ha sostenuto di non comprendere quale addebito gli potesse essere mosso, posto che egli, nella sua qualità, aveva solo l’obbligo di verificare l’idoneità del POS, di adeguare eventualmente il PSC in relazione all’evoluzione dei lavori e alle modifiche intervenute durante le fasi della lavorazione e di vigilare sulla osservanza delle misure di sicurezza previste nel PSC da parte dei datori di lavoro. Difatti, l’intervento del coordinatore per la sicurezza, ha sostenuto ancora, si concretizza ad un livello più generale ed è rivolto ai datori di lavoro delle imprese esecutrici mentre l’obbligo di informazione e di formazione dei lavoratori, al pari dell’obbligo di vigilare e sovraintendere sull’esatta attuazione ed adozione da parte di costoro delle misure di sicurezza grava sul datore di lavoro e, per lui, sul preposto.  Peraltro dall’istruttoria era emerso che durante la fasi di lavorazione del calcestruzzo i movimenti del mezzo erano in concreto guidati da un uomo a terra come prescritto nel PSC.
 
Il capocantiere, invece, a sua difesa ha sostenuto che l’incidente si era verificato non durante la normale lavorazione, che si articolava nelle fasi della collocazione della gabbie di ferro nello scavo e della successiva operazione di getto del calcestruzzo dalla betoniera, fasi che richiedevano, secondo la previsione dei piani di sicurezza, la presenza di personale a terra per il controllo della movimentazione del mezzo. Esso si è verificato per il comportamento del lavoratore infortunato che in modo del tutto estemporaneo si è portato sul ciglio dello scavo per sistemare una gabbia che non era stata ben allocata e che di sua iniziativa ha chiesto lo spostamento del mezzo che nel muoversi lo ha investito.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del coordinatore ed ha invece rigettato quello presentato dal capocantiere. La suprema Corte ha tenuto a precisare che normalmente è il datore di lavoro il personaggio che riveste una posizione di vertice nel sistema della sicurezza, in quanto titolare del rapporto di lavoro e al contempo titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, con compiti quindi organizzativi ed economici inerenti l’attività dell’impresa che lo vedono direttamente coinvolto anche nella predisposizione ed osservanza delle misure antinfortunistiche. È ragionevole comunque, ha ancora sostenuto la suprema Corte, che anche il committente, che ha assunto l’iniziativa della realizzazione dell’opera, provvedendo a programmarla e a finanziarla, assuma una quota di responsabilità in materia di prevenzione antinfortunistica collocandosi accanto al datore di lavoro nella titolarità degli obblighi di protezione, con la possibilità di demandarli ad altra figura, questa ausiliaria, del responsabile dei lavori, anziché occuparsene direttamente e, per gli aspetti tecnici delle competenze facenti capo a lui in materia antinfortunistica, a figure specializzate distinte per la fase della progettazione e della realizzazione, che sono appunto il coordinatore per la salute e sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la salute e sicurezza in fase di realizzazione.
 
Trattasi di figure, quelle dei coordinatori per la sicurezza, ha proseguito la suprema Corte, le cui posizioni di garanzia non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori. Senza dubbio comunque, il ruolo centrale per ciò che attiene alla sicurezza del cantiere è affidato al datore di lavoro che organizza e gestisce la realizzazione dell’opera essendo gravato da plurimi, tipici obblighi che la legge gli ha assegnato..
 
Per quanto riguarda il coordinatore per l’esecuzione, in quanto diretta promanazione del committente, “anch’egli titolare di una posizione di garanzia ma non così pregnante e diretta come quella del datore di lavoro-appaltatore, la funzione costantemente riconosciutagli nelle pronunce della Suprema Corte, anche sulla base del contenuto dei compiti assegnatigli dalla normativa di settore (art. 5 d.lvo n. 494/1996), viene qualificata come funzione di ‘alta vigilanza’, nettamente distinta da quella operativa riconosciuta invece al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, ovvero il dirigente e il preposto”.
 
Dalle attribuzioni contenute nelle disposizioni di legge si evince difatti che “al coordinatore non è demandata un’attività di controllo diretto e continuo del cantiere circa l’adozione ed osservanza delle misure di prevenzione previste nel PCS. La sua funzione è quella di correlarsi con i datori di lavoro delle imprese esecutrici e di vigilare sulla attuazione da parte di costoro delle misure e prescrizioni antinfortunistiche previste nel PCS e nel documento di valutazione dei rischi e sulle prescrizioni del piano di sicurezza (POS) di competenza del datore di lavoro”.
 
Secondo la Sez. VI, così come più volte è stato affermato dalla Corte di Cassazione, “la funzione di alta vigilanza del coordinatore per la sicurezza, nei termini sopra illustrati, riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto); di conseguenza essa ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto”.
 
Alla luce di tali principi, quindi ha precisato che “per comprendere se l’evento dannoso coinvolga la responsabilità del coordinatore, occorre analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturita la caduta. Occorre cioè comprendere se si tratti di un accidente contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori, come tale affidato alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto; o se invece l’evento stesso sia riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione, ambito riservato al coordinatore per la sicurezza; il che non implica, normalmente, la continua presenza nel cantiere con ruolo di controllo sulle contingenti lavorazioni in corso”.
 
È evidente, ha sottolineato ancora la suprema Corte, che l’incidente si è verificato per un estemporaneo e contingente sviluppo dei lavori, come tale non previsto nel PSC, nel corso di una manovra posta in essere dal lavoratore infortunato nell’intervallo fra due fasi della lavorazione dello scarico del calcestruzzo, ovvero la collocazione delle gabbie in ferro nello scavo e il successivo getto di calcestruzzo tramite la betoniera, e in conseguenza della imprudente posizione assunta dall’operaio con la gamba posta a contrasto con l’asse delle ruote della betoniera. Tale sviluppo non attiene alla configurazione di base del lavoro, che prevedeva genericamente la presenza di un "moviere" a terra per dirigere i movimenti della betoniera quando essa era in funzione. Discende da ciò che l’evento era sottratto alla sfera di controllo del coordinatore per la sicurezza e alle funzione di "alta vigilanza" riconosciutagli ed era invece ricompreso in quella del datore di lavoro o del suo preposto.
 
Diversa è stata invece ritenuta dalla Corte di Cassazione la posizione del capocantiere. Se al coordinatore non può essere rimproverata alcuna omissione in relazione allo sviluppo contingente ed estemporaneo della lavorazione da cui è scaturito l’infortunio, ha sostenuto infatti la Sez. VI, lo stesso non può dirsi per il capocantiere il quale, nella sua qualità di preposto per la sicurezza, aveva l’obbligo di vigilare sulla puntuale, costante osservanza delle misure di sicurezza da parte dei lavoratori, anche quando, come nel caso in esame, la mancata adozione della specifica misura antinfortunistica ha riguardato un anomalo e non previsto sviluppo della lavorazione, inseritosi nella fase intermedia fra la collocazione delle barre in acciaio nello scavo e l’inizio del getto a caldo di calcestruzzo tramite la betoniera già presente in loco. È bene precisare che tale anomalia nello sviluppo dei lavori non è idonea ad esonerare da responsabilità il capocantiere, il quale è tenuto a vigilare sulla osservanza delle misura di sicurezza anche nel caso in cui l’incidente si sia verificato al di fuori dall’ordinario prevedibile e disciplinato sviluppo della lavorazione. Quindi, come condivisibilmente ritenuto dai giudici di merito, doveva essere assicurata la presenza di un moviere a terra nelle immediate vicinanze della macchina, sin dal momento in cui essa veniva portata sul luogo, al fine di poter dirigere qualsiasi spostamento della betoniera che si fosse reso necessario in qualunque momento della lavorazione, compresa la fase sistemazione nello scavo delle gabbie di ferro, fatta a mano dagli operai, in vista di quella successiva del getto a caldo del calcestruzzo. Allo stesso capocantiere peraltro deve essere addebitata l’inosservanza dell’obbligo di informazione e di formazione dei lavoratori sui rischi delle lavorazioni, attività facente capo al datore di lavoro e, per esso al preposto alla sicurezza.
 
La Corte di Cassazione in definitiva,  essendosi comunque prescritto il reato a carico del capocantiere, ha annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del coordinatore perché il fatto non sussiste e quella nei confronti del capocantiere stesso per essere il reato estinto per prescrizione.
 
Gerardo Porreca
 



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