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I medici competenti e le conseguenze di Industria 4.0

I medici competenti e le conseguenze di Industria 4.0
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

08/05/2018

Cosa cambia nel mondo del lavoro con Industria 4.0? Quali sono le conseguenze nel campo della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro? La normativa è adeguata a questi cambiamenti? E il medico competente è pronto?

Milano, 8 Mag – Sono molti i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, sia nell’industria manufatturiera che nei servizi, ad esempio nel modo di produrre, nell’organizzazione del lavoro, nei rapporti di lavoro. Cambiamenti correlati a nuovi termini che vengono sempre più utilizzati: Industria 4.0, e-commerce, just in time, smart working, …

 

Quali nuovi rischi comportano queste innovazioni e cambiamenti? Quali opportunità possono offrire per una migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori? Come si attrezzano il sistema di prevenzione delle imprese e quello pubblico di prevenzione e controllo per affrontare i nuovi rischi?


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Per fornire alcune risposte a queste domande si è tenuto il 6 aprile a Milano, organizzato dalla dalla Consulta interassociativa per la prevenzione ( CIIP), il seminario “ Lavoro che cambia: cambia la prevenzione?”. Incontro che ha permesso non solo di riflettere sulle nuove problematiche da affrontare in termini di salute e sicurezza, ma anche sulle nuove sfide per i vari attori della sicurezza, dai medici competenti agli RSPP.

 

Il medico competente e l’Industria 4.0

Un intervento, dal titolo “Industria 4.0: una nuova sfida anche per il medico competente” e a cura di Daniele Ditaranto (Associazione Nazionale Medici d’azienda e competenti - ANMA), si è soffermato in particolare sulla nuova fase industriale e sul ruolo del medico competente.

 

Nella relazione si indica che dopo i cambiamenti, anche nella tutela della salute nei luoghi di lavoro, relativi alla contrazione del settore secondario e l’espansione di quello terziario, ci apprestiamo “ad affrontare una nuova fase, la cosiddetta «Industria 4.0», con l’aspettativa di rilevanti cambiamenti tecnici ed organizzativi nel mondo del lavoro”.

 

Siamo attrezzati per affrontare i cambiamenti della nuova fase?

Per rispondere riprendiamo alcune riflessioni del relatore:

  • possiamo fare affidamento “su un ordinamento giuridico nel quale, a partire dalla Costituzione (articoli 32 e 41), la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è uno dei principi fondanti”. E si ricorda la sentenza della Corte Costituzionale, la n. 58 del 23 marzo 2018, che indica che è “costituzionalmente illegittimo il provvedimento legislativo che privilegia in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso”;
  • il sistema di prevenzione aziendale “può avvalersi di un modello operativo consolidato e sperimentato, basato sulla valutazione e la gestione dei rischi, sulla formazione e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, che, con gli opportuni aggiustamenti, sarà sicuramente in grado di intercettare le eventuali nuove criticità e di gestirle, anche in forza degli obiettivi dichiarati di ‘ Industria 4.0’ di miglioramento anche delle condizioni di lavoro e di trasformazione della prevenzione in un investimento”.

 

Il medico competente è pronto?

Riguardo alle novità il relatore indica che basandosi sul percorso che la «medicina d’azienda» ha seguito negli ultimi decenni l’ANMA ha sviluppato e promosso un modello di MC:

  • “inserito nel contesto aziendale;
  • che fonda la sua attività sul lavoro di squadra, attraverso un approccio interdisciplinare;
  • che è fortemente coinvolto dalle innovazioni tecniche ed organizzative del mondo del lavoro”.

In questo modello il medico competente si configura “come un consulente ‘globale’ dell’impresa in materia di tutela della salute e non mero esecutore della sola sorveglianza sanitaria”. Un consulente che deve ‘vivere l’impresa’ “interagendo e coordinandosi con la sua specifica cultura con l’insieme aziendale, complesso ed in continua evoluzione, di culture tecniche ed economiche, di relazioni umane e sociali”.

 

Questo modello può permettere al MC di “supportare l’impresa nel cogliere le opportunità che la nuova fase offrirà in termini di miglioramento del lavoro, ma anche nel gestire le nuove criticità”. E si indica anche che, tuttavia, il D. Lgs. 81/2008 “non facilita l’espressione di questo modello di MC e che, più in generale, è forte il timore che il suo modello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori risulti in gran parte inadeguato ad affrontare e gestire efficacemente i cambiamenti introdotti da « Industria 4.0» in materia di nuove forme di produzione e, specialmente, di organizzazione del lavoro anche per la velocità con cui, presumibilmente, si succederanno nei prossimi anni”.

 

I nuovi scenari del mondo del lavoro

Il relatore indica che “l’integrazione delle tecnologie informatiche e della comunicazione con i processi produttivi e la loro avanzata automazione, avrà delle ricadute economiche, delle conseguenze a livello sociale, ma importanti saranno anche i riflessi nel campo della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”. Tuttavia “per la natura di questi riflessi, molto dipenderà dagli obiettivi che prevarranno in questa nuova spinta all’innovazione”.

Si segnala che i documenti istituzionali su «Industria 4.0» sottolineano che “l’adozione delle nuove tecnologie e la loro integrazione, favorite anche dai benefici fiscali, possono migliorare il lavoro non solo nelle sue varie implicazioni economiche, ma anche in termini di salute e sicurezza, configurandosi come un’opportunità per trasformare i ‘costi’ della prevenzione in un ‘investimento’”. E non possiamo che auspicare che questa «visione» “accompagni tutto il processo innovativo”.

 

In ogni caso l’innovazione comporterà dei “rilevanti cambiamenti nei profili di rischio” e, in particolare, la “maggiore informatizzazione ed automazione dei processi produttivi, potrà innanzi tutto comportare un importante e positivo impatto sulle problematiche dell’ergonomia ‘fisica’ con un conseguente maggiore controllo dei rischi da sovraccarico biomeccanico i cui effetti sulla salute costituiscono ormai da anni la principale causa di disagio e di riconoscimento di malattia professionale”. In questo senso “la stretta interconnessione tra sistemi fisici e sistemi informatici, (IoT: Internet of Things), migliorando l’interfaccia uomo-macchina, migliorerà anche le condizioni di lavoro in termini di ergonomia ‘fisica’ e di sicurezza, determinando una serie di riflessi positivi sul sistema”:

  • diminuzione degli infortuni e malattie professionali (MP): in Italia l’INAIL stima che il danno economico di infortuni e MP sia superiore al 3% del PIL ed è, dunque, importante potersi dotare di sistemi di produzione “che riducono il rischio di infortuni e che limitano le esposizioni professionali ai vari fattori di rischio per la salute, con riflessi positivi anche per le MP”;
  • facilitazione del reinserimento dei lavoratori ‘fragili’: “il maggiore controllo del carico fisico e mentale del lavoro attraverso i nuovi sistemi di produzione, può facilitare l’integrazione dei lavoratori disabili e favorire il reinserimento di quelli che rientrano al lavoro con gravi patologie croniche o degenerative, che hanno già comportato importanti interventi chirurgici o cicli di terapie efficaci ma debilitanti. L’integrazione delle nuove tecnologie potrebbe anche aprire nuovi scenari per gli interventi di ‘accomodamento ragionevole’”, cioè le modifiche e adattamenti necessari ed appropriati per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
  • miglioramento della gestione dell’invecchiamento della forza lavoro: ‘Industria 4.0’ “può contribuire alla realizzazione della reciproca promozione tra lavoro e salute, fondamento della strategia per il perseguimento dell’ invecchiamento attivo. In particolare realizzando condizioni ed ambienti di lavoro favorevoli per la tutela della salute e della sicurezza, può contribuire, con la promozione della salute, la formazione e l’empowerment, al mantenimento al lavoro di lavoratori anziani ancora ‘attivi’ e ‘sani’ o comunque in grado di esprimere una capacità lavorativa ancora valorizzabile per la loro integrazione”. Peraltro – continua la relazione – “la forte automazione ed informatizzazione dei processi produttivi, la stretta interconnessione tra sistemi fisici ed informatici, avranno riflessi non soltanto sui vari aspetti dei profili delle mansioni pertinenti l’ergonomia ‘fisica’, ma faranno emergere in modo rilevante anche le tematiche riguardanti l’ergonomia ‘cognitiva’, mentre il loro impatto sull’organizzazione del lavoro e la crescita delle nuove forme di lavoro potranno comportare frequenti problematiche anche nell’ambito dell’ergonomia ‘organizzativa’”. Uno scenario “ancora non completamente valutabile nella sua entità e nei suoi vari aspetti ed implicazioni”, che non deve trovare impreparato il medico competente.

 

L’impatto di “industria 4.0” e la normativa in materia di sicurezza

Tutto dipende, come ricordato dall’’Istituto Nazionale della Ricerca e della Sicurezza francese (INRS), dalle modalità con cui verranno sfruttate le sue opportunità. Se prevarrà un approccio olistico, un approccio “attento anche alle esigenze di salute e di sicurezza dei lavoratori, sicuramente l’innovazione comporterà dei notevoli vantaggi e miglioramenti per tutti”. Sarà diverso se invece prevarrà “una visione puramente incentrata sugli aspetti «economici», in un quadro non adeguatamente regolato, a seguito della forte automazione ed informatizzazione del lavoro”.

In questo caso il rischio di un impatto negativo sulla salute dei lavoratori è “possibile da vari punti di vista: intensificazione del carico di lavoro (ad esempio per un uso improprio degli esoscheletri), aumento dei vincoli organizzativi, sovraccarico informativo, spersonalizzazione con perdita del senso del lavoro, difficoltà nella separazione tra vita privata e vita professionale”.

 

Un altro aspetto importante è la “temuta inadeguatezza dell’attuale normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro di fronte ai cambiamenti tecnici ed organizzativi del lavoro che “Industria 4.0” introdurrà”, inadeguatezza “già emersa nella gestione delle nuove forme di lavoro, e per quanto ci riguarda, di fronte alla crescente domanda delle imprese di una consulenza più ampia su temi non necessariamente vincolati alla normativa specifica”.

 

La relazione indica che è pertanto urgente un aggiornamento della normativa: “sarebbe auspicabile il passaggio ad un impianto giuridico più simile a quello delle altre normative europee in materia, che fissano i principi e definiscono gli obiettivi generali. Questa impostazione risulterebbe più coerente con la necessità di disporre di una normativa meno rigida e burocratica, in grado di seguire meglio l’evoluzione tecnica ed organizzativa che il lavoro avrà nei prossimi anni e le sue prevedibili accelerazioni”.

Si ricorda, a questo proposito, la proposta avanzata dall’ANMA di un modello di “sistema di prevenzione aziendale” basato sul lavoro di squadra: “in pratica un team aziendale comprendente competenze tecnico-impiantistiche (safety), di medicina ed igiene del lavoro, (health) e di ergonomia ed organizzazione del lavoro, in grado di operare con un approccio interdisciplinare, espressione di una logica di ‘sistema’ strategica per il successo delle azioni preventive ed agile per seguire il cambiamento”.

 

In questo contesto risulta comunque “inderogabile il superamento delle ambiguità e dei vincoli che tuttora permangono per il ruolo del MC nel processo di valutazione dei rischi”.

 

Inoltre il medico competente dovrà anche affrontare “i temi dell’adeguamento dei suoi modelli operativi ai nuovi contesti e dell’innovazione del suo ruolo”. Inoltre “i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e lo sviluppo di nuove forme di lavoro, peraltro già fortemente in atto, impongono al MC una riflessione su un nuovo modello operativo per la gestione della sua attività sia per quanto riguarda gli aspetti operativi che quelli relazionali”. E la “rarefazione dei rischi ‘storici’, le opportunità di consulenza alle imprese sui vantaggi che le innovazioni tecniche ed organizzative consentono per la diminuzione del carico fisico del lavoro, ma soprattutto la prevedibile emersione di nuove rilevanti tematiche in materia di ergonomia cognitiva ed organizzativa, impongono al MC di attrezzarsi per assumere anche in tali contesti, in una logica multidisciplinare, un ruolo di protagonista”.

 

In conclusione la relazione, che vi invitiamo a leggere integralmente, segnala un possibile impatto negativo di «Industria 4.0» sull’occupazione. E i medici competenti ben conoscono “gli effetti che la perdita del posto di lavoro può avere sulla salute in termini di sofferenza fisica, mentale e sociale”.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Industria 4.0: una nuova sfida anche per il medico competente”, a cura di Daniele Ditaranto (Associazione Nazionale Medici d’azienda e competenti - ANMA), intervento al seminario “Lavoro che cambia: cambia la prevenzione?” (formato PDF, 203 kB).

 

 

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