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Le modalità con cui l’RSPP deve segnalare le situazioni di rischio

Le modalità con cui l’RSPP deve segnalare le situazioni di rischio
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

09/12/2021

La forma, i modi, i tempi, l’oggetto e le carenze delle segnalazioni delle situazioni di rischio (anche preesistenti e perduranti) che l’RSPP è tenuto ad effettuare nei confronti del datore di lavoro: sentenze di Cassazione Penale.

Come noto, è consolidato in giurisprudenza “l’orientamento secondo cui, in materia di infortuni sul lavoro, risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro (Sez.4, n.40718 del 26/04/2017, Raimondo, Rv.27076501).

In altri termini, il RSPP risponde dell’evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate. (Cassazione Penale, Sez.IV, 9 dicembre 2019, n. 49761.)

 

A ciò va aggiunto, con riferimento alla figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, che, “con l’assunzione dell’incarico, egli assume l’obbligo giuridico di svolgere diligentemente le funzioni che gli sono proprie.” (Cassazione Penale, Sez.IV, 7 settembre 2017 n.40718.)

 

Di fondamentale importanza risulta, dunque, il tema della segnalazione delle situazioni di rischio da parte dell’ RSPP e, di conseguenza, quello delle modalità formali e sostanziali con cui tale attività viene espletata.

 

Utili a questo proposito possono risultare alcuni esempi tratti dalle sentenze della Cassazione Penale, illustrati senza pretese di esaustività (dal momento che - come sempre - sono il frutto di una selezione di pronunce) e con l’avvertenza che i contenuti esposti sono come sempre da ricondursi alla specificità dei singoli casi trattati.


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Assoluzione di un RSPP il quale, attraverso il DVR, ha effettuato “segnalazione al datore di lavoro idonea a sollecitarne i poteri di intervento”

 

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 1° giugno 2017 n.27516, la Corte ha confermato la condanna del datore di lavoro di una azienda metallurgica per il reato di lesioni personali colpose per aver causato ad un lavoratore “una lesione personale consistente nella subamputazione del dito 2 mano sinistra con incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo di giorni 90”.

 

In primo grado, oltre a tale soggetto, era stato condannato anche l’RSPP per il medesimo reato. Successivamente, quest’ultimo era stato assolto dalla Corte d’Appello “perché il fatto non sussiste”.

 

Il datore di lavoro ha proposto ricorso in Cassazione.

 

Nel ritenere inammissibile tale ricorso, la Suprema Corte ha sottolineato che, secondo i Giudici di merito, “il DVR predisposto dall’imputato conteneva sufficiente indicazione ed individuazione del rischio presente nel reparto laddove veniva indicato un rischio per la pericolosità intrinseca delle presse aggravato dalla inidoneità dei dispositivi di protezione non conformi alla legge, valorizzando in tal senso le testimonianze rese da Z.M. e Z.C.”.

 

Inoltre, “la Corte territoriale ha incensurabilmente ritenuto che «può affermarsi che attraverso il DVR vi è stata segnalazione al datore di lavoro idonea a sollecitarne i poteri di intervento per eliminare la situazione di rischio, sollecitazione alla quale il datore di lavoro non ha evidentemente reagito».”

 

Condanna di un RSPP che ha omesso di segnalare nel DVR del 2013 una situazione di rischio già da lui stesso segnalata nel DVR del 2007

 

Una sentenza di quest’anno (Cassazione Penale, Sez.IV, 25 giugno 2021 n.24822) ha confermato la condanna del gestore di un albergo (S.M.) e dell’RSPP (D.P.P.) da lui nominato, per il reato di omicidio colposo “ai danni di un ospite dell’albergo, T.P., deceduto a seguito di una caduta per cedimento del parapetto del terrazzino della stanza in cui alloggiava”.

 

In particolare, al datore di lavoro è stato contestato di non avere sollecitato la società proprietaria, della quale era anche socio, ad eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria necessari e di non aver disposto la manutenzione ordinaria.

 

La sentenza precisa che “le condizioni fatiscenti del parapetto incriminato erano conosciute dall’imputato, alla stregua delle evidenze raccolte: in primo luogo, nel DVR redatto dal D.P.P. nel 2007 si parlava espressamente di tali problemi; inoltre, era stato ipotizzato da tempo un intervento globale di manutenzione straordinaria, indicativo della diffusa consapevolezza delle inadeguatezze della struttura e della colpevole inerzia della società”.

 

Quanto al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, a questi è stato addebitato “di non aver individuato, nell’ultimo DVR del 2013, il rischio di caduta nel vuoto dal terrazzino della camera occupata dalla vittima, rischio presente sia per il modo in cui il parapetto era realizzato, sia per lo stato degli ancoraggi al muro, e per non aver prescritto, né segnalato alla P.A. s.r.l. la necessità di intervenire su tale parapetto.”

 

Con riferimento al tale soggetto, “la Corte di merito ha ritenuto sconcertante la circostanza che costui, tenuto nella qualità a individuare i fattori di rischio, avesse omesso di indicare nel DVR del 2013 i problemi (necessità di irrobustimento delle ringhiere dei balconi) che aveva invece segnalato nel 2007, ritenendo irrilevante la circostanza che nel 2013 sembrava imminente un intervento globale di ristrutturazione che proprio il D.P.P. avrebbe dovuto progettare.”

 

E “proprio tale consapevolezza, secondo i giudici d’appello, avrebbe reso ancor più evidente, nelle more dell’intervento, il rischio specifico.”

 

Secondo la Cassazione, “il D.P.P. era infatti tenuto a operare valutazioni tecniche e a restituire al proprio committente una fedele situazione dei rischi derivanti dall’utilizzo della struttura”, laddove “tale valutazione doveva tener conto di volta in volta degli sviluppi della situazione considerata, anche con riferimento agli eventuali interventi (risultati inadeguati) posti in essere per la messa in sicurezza dei balconi, alla stregua delle scelte gestionali dell’organo decisionale della società conduttrice.”

 

La Corte non ha ritenuto fondata l’argomentazione della difesa, la quale aveva fatto presente all’interno del ricorso la sussistenza di una contraddizione tra la condanna del datore di lavoro, basata sul suo essere a conoscenza a partire dal 2007 della situazione di rischio, e quella dell’RSPP, incentrata sull’omessa segnalazione dei rischi di cui si è detto nel DVR del 2013.

 

A parere della Cassazione, infatti, “la difesa ha omesso di considerare la comprovata persistenza della situazione di rischio già a suo tempo fotografata nel primo DVR, tale da fondare l’obbligo generico di segnalazione alla committenza, nonostante l’inerzia prolungata di quest’ultima, dei perduranti fattori di rischio che interessavano i balconi della struttura, tra i quali quello incriminato.”

 

Sul piano del nesso causalità tra la condotta omissiva dell’RSPP e l’evento, “va poi considerato - quanto al piano intellettivo/valutativo, nel quale vanno inquadrati compiti di tale peculiare figura di garante - che dalla istruttoria non è emerso, non avendolo giudici territoriali affermato, che nel DVR del 2007 o in quello del 2013 il D.P.P. avesse indicato la inadeguatezza degli interventi inappropriati, realizzati di fatto (per es., i plurimi fori sulle tavole di legno, indicativi di reiterati tentativi di fissare le tavole al muro), cosicché, anche sotto tale profilo, appare correttamente apprezzato il collegamento eziologico tra la colpevole, omessa segnalazione e la colpevole inerzia del committente”.

 

Responsabilità dell’RSPP per “omessa segnalazione della situazione di rischio della macchina deprivata del carter”, laddove tale soggetto “non poteva esimersi dall’operare dette segnalazioni, mettendole per iscritto”

 

Concludiamo con Cassazione Penale, Sez.IV, 15 maggio 2019 n.20817, con la quale la Corte ha confermato la condanna del datore di lavoro, di un dirigente e dell’RSPP di una azienda per il reato di lesioni colpose gravi in danno di un operaio addetto alle cabine di verniciatura, la cui mano destra rimaneva impigliata tra gli organi lavoratori di una macchina denominata “Linea di verniciatura Polvere Liquido” durante un’operazione di pulizia dei rulli.

 

Al datore di lavoro e al direttore produzione era stato contestato di aver messo a disposizione dei lavoratori tale macchina “non conforme alla Direttiva Macchine, in quanto priva del primitivo carter di protezione interbloccato con gli organi lavoratori pericolosi in stato di fermo all’atto dell’apertura del carter - avendo rimosso le barriere di protezione fisse a protezione di organi lavoratori e organi di trasmissione del moto - e con impianto elettrico di sicurezza manomesso” e di non aver adottato “idonee misure affinché la macchina fosse sottoposta ad idonea manutenzione al fine di garantire la permanenza dei requisiti di sicurezza.”

 

Dal canto suo, il “C.U., Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, ometteva di segnalare al datore di lavoro la preesistente e perdurante situazione di rischio e pericolo per lavoratori addetti alla macchina in questione.”

 

Con specifico riferimento a tale soggetto, la Cassazione precisa che “la sentenza impugnata afferma che sul C.U., in quanto responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, gravava l’obbligo di segnalare la situazione di rischio perdurante che si era verificata a seguito dell’indebita rimozione del carter.”

 

Infatti “egli, si legge in sentenza, non poteva esimersi dall’operare dette segnalazioni, mettendole per iscritto, cosa che non risulta invece essere accaduta. Viene qui in rilevo la doglianza contenuta nel terzo motivo [di ricorso dell’RSPP, n.d.r.] sulla mancata rinnovazione istruttoria relativa all’acquisizione, a detta del ricorrente, di atto scritto in cui segnalava il rischio inerente alla macchina denominata “Linea di verniciatura Polvere Liquido”. La Corte di appello, sul punto, motiva il relativo diniego ritenendo del tutto esaustiva la deposizione del funzionario della ASL T.”

 

Ciò che il C.U. avrebbe dovuto fare, ovvero “il comportamento alternativo lecito, cui l’imputato era tenuto, consisteva appunto, così come la sentenza ben spiega, nella segnalazione al datore di lavoro della preesistente e perdurante situazione di rischio e pericolo per i lavoratori addetti alla macchina in questione.”

 

In conclusione, la Cassazione ha confermato la responsabilità dell’RSPP “in relazione all’omessa segnalazione della situazione di rischio della macchina deprivata del carter.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 49761 del 9 dicembre 2019 - Sulla non responsabilità di un RSPP per l'infortunio occorso a un lavoratore in azienda.

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 27516 del 1 giugno 2017 - La non responsabilità del RSPP per l'infortunio occorso a un lavoratore

 

Corte di Cassazione - Sentenza n. 24822 del 25 giugno 2021 - Sulla responsabilità per l'infortunio di un ospite di un albergo caduto dal terrazzino della sua camera.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV - Sentenza n.20817 del 15 maggio 2019 - Infortunio dell'operaio addetto alle cabine di verniciatura con un macchinario privo di protezione. Responsabilità del datore di lavoro, del dirigente e del RSPP




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