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La mancata condizione di procedibilità dell’azione penale ex DLgs n. 758/94

La mancata condizione di procedibilità dell’azione penale ex DLgs n. 758/94
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

28/12/2015

La notificazione del verbale di ispezione ex dlgs 758/94 fatta dall’organo di vigilanza a soggetto diverso dal datore di lavoro non autorizzato a riceverla per suo conto fa decadere le condizioni di procedibilità dell’azione penale. Di G. Porreca.

 
A più di venti anni dalla sua entrata in vigore il D. Lgs. 19/12/1994 n. 758, contenente le modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro è ancora oggetto di precisazioni e di chiarimenti sulla sua applicazione da parte della Corte di Cassazione che spesso interviene ad annullare sentenze emanate dai Tribunali in quanto risultate non conformi alle disposizioni impartite dal decreto legislativo medesimo. La notificazione del verbale di ispezione fatta dall’organo di vigilanza ex D. Lgs. 758/1994 a un soggetto diverso dal datore di lavoro e non autorizzato da questi a riceverla per suo conto, ha ribadito ancora una volta la suprema Corte in questa circostanza, fa decadere le condizioni di procedibilità dell’azione penale. La stessa Corte suprema ha quindi annullata, su ricorso presentato dal Pubblico Ministero, la sentenza emessa dal Tribunale nei confronti di un datore di lavoro.
 

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Il caso e il ricorso in Cassazione
Il Tribunale, in composizione monocratica, ha assolto il titolare di una ditta individuale esercente edilizia, in qualità di datore di lavoro, dai reati di cui agli artt. 18 comma 1 lett. c) e d) , 36 e 37, 96 comma 1 lett. g) in relazione all'art. 55 comma 5 lett. c) e d) del D. Lgs. 81/08, nonché del reato di cui all'art. 4 comma 7 della Legge 528/61 perché il fatto non costituisce reato. Contro tale sentenza il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso chiedendone l’annullamento e lamentando una violazio0ne ed una inosservanza della legge processuale penale per avere il Tribunale assolto nel merito l'imputato ancorché nella motivazione della sentenza risultasse che difettava la prova della sussistenza della condizione di procedibilità in relazione al disposto degli artt. 20-23 del D. Lgs. 758/94, evidenziando il proprio interesse ad impugnare in relazione alla possibilità di proporre, in caso di proscioglimento ex art. 529 cod. proc. pen., così come previsto dall'art. 345 comma 2 cod. proc. pen., una nuova azione penale laddove fosse stato dimostrato l'avvenuto perfezionamento della procedura prevista dal ricordato D. Lgs. 758/94.
 
Il difensore dell'imputato da parte sua ha presentato una propria memoria evidenziando  la correttezza della formula di proscioglimento in relazione al contenuto della motivazione che sottolineava in via principale l'insussistenza dell'elemento psicologico del reato e solo in via residuale la mancata prova della notificazione al datore di lavoro del verbale relativo alle prescrizioni imposte dall'organo ispettivo e la relativa diffida ad adempiere nel termine da questi assegnato.
 
Le decisioni della Corte suprema di Cassazione
1. Il ricorso presentato dal Pubblico Ministero non è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione ma per ragioni diverse da quelle dedotte. La stessa Corte suprema ha innanzitutto ricordato che la sentenza impugnata nel ricostruire la vicenda, ha sottolineato che in occasione della visita ispettiva l’imputato, quale datore di lavoro, era assente, mentre sul posto operavano due lavoratori intenti a pitturare le pareti del locale costituito da un unico vano, nel quale era stata constatata l'assenza di ponteggi. In aggiunta a tale primo rilievo, il Tribunale ha anche sottolineato che la procedura di notificazione del verbale contenente le eventuali prescrizioni per rimuovere le irregolarità integrato dalla diffida ad adempiere in un termine predeterminato per legge, non era stata rispettata in quanto il verbale era stato notificato non al datore di lavoro, ma a soggetti "non autorizzati a ricevere la corrispondenza per suo conto".
 
La Sez. III nella sua decisione ha ritenuto di richiamare le procedure introdotte dagli artt. 19-24 della D. Lgs. n. 758/1994 precisando che la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di lavoro prevista dagli artt. 20 e ss. dello stesso D. Lgs. n. 758/1994 si qualifica, in una prima fase, come condizione di procedibilità dell'azione penale, da tenere distinta dalla condizione di punibilità afferente ad una fase successiva. Dall’artt. 20 e ss. del citato D. Lgs., ha quindi ribadito la Sez. III, è previsto che in esito ai controlli da parte dell'organo di vigilanza, vengano impartite al contravventore (da identificarsi nel datore di lavoro o in un suo delegato) apposite prescrizioni con la indicazione di un termine necessario per procedere alla regolarizzazione, seguite poi da una verifica da compiersi a cura dell'organo di vigilanza, diretta ad accertare se le dette prescrizioni siano state adempiute nel termine prestabilito e con invito, in caso positivo, rivolto al contravventore affinché provveda al pagamento in via amministrativa di una sanzione pecuniaria predeterminata. E' un obbligo dell’organo di vigilanza quello di comunicare al pubblico ministero o l'adempimento tempestivo della prescrizione seguito dal regolare e tempestivo pagamento della sanzione pecuniaria ovvero il mancato adempimento nei termini per l'eventuale azione penale.
 
Ricostruita in questi termini la procedura prevista dalla Legge 758/94 la Corte di Cassazione ha ritenuta corretta la censura del Pubblico Ministero con la quale egli ha qualificata come condizione di procedibilità la comunicazione diretta al datore di lavoro finalizzata alla indicazione delle prescrizioni da adempiere in vista di una successiva regolarizzazione, seguita, poi, dal pagamento delle sanzioni nei termini prescritti. “La comunicazione effettuata nei riguardi di un soggetto diverso dal datore di lavoro”, ha infatti precisato la Sez. III, “si risolve in un difetto della condizione di procedibilità, essendosi consumato il potere di comunicazione con le modalità seguite dagli organi ispettivi preposti alla vigilanza in quanto la comunicazione effettuata ad un soggetto diverso dal datore di lavoro ‘non autorizzato a ricevere la corrispondenza per suo conto’ avrebbe dovuto essere seguita da una nuova notificazione in realtà mai effettuata”.
 
Essendo quindi risultata errata la formula di proscioglimento adoperata dal Tribunale la Corte di Cassazione ha pertanto annullata la sentenza impugnata senza rinvio perché l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di una condizione di procedibilità.
 
 
Gerardo Porreca
 




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Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
29/12/2015 (23:38:04)
Verbale di contravvenzione e prescrizione

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