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La continuità normativa fra vecchie e nuove diposizioni di prevenzione

La continuità normativa fra vecchie e nuove diposizioni di prevenzione
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sentenze commentate

19/10/2015

Ribadita, con riferimento ai rischi legati all’uso delle attrezzature di lavoro, la sussistenza di una continuità normativa fra vecchie disposizioni in materia di sicurezza di cui al d.p.r. 547/1955 e quelle nuove di cui al D.Lgs. 81/2008. Di G.Porreca.

E’ un principio quello che emerge dalla lettura di questa sentenza della Corte di Cassazione penale che è stato più volte espresso in passato dalla suprema Corte ma che appare comunque del tutto attuale considerato che all’esame della suprema Corte vengono ancora sottoposti dei casi di contravvenzione ancora alle vecchie disposizioni di cui al D.P.R. 27/4/1955 n. 547, contenente le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, abrogato ormai da più di otto anni dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 entrato in vigore il 15/5/2008. Non c’è soluzione di continuità, ha affermato la Corte di Cassazione, tra la regolamentazione entrata in vigore con il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro di cui al D. Lgs n. 81 del 9/4/2008 e la precedente normativa regolante la materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al D.P.R. n. 547/1955. Riguardando il caso sottoposto alla Corte suprema una contravvenzione relativa all’esercizio di un ascensore non c’è dubbio, ha aggiungo in particolare la stessa Corte, che la norma abrogata posta a tutela del rischio legato all’uso di ascensori e montacarichi nei luoghi di lavoro (art. 198 del D.P.R. n. 547/1955), sia stata sostituita senza soluzione di continuità  dalla disciplina di cui al citato Testo Unico del 2008, conclusione del resto questa unanime nella giurisprudenza di legittimità.
 

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Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in  Cassazione
Il Tribunale ha condannato il titolare di un supermercato alla pena sospesa di due mesi di reclusione, nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile per il reato di lesioni personali colpose gravi ai danni di una lavoratrice dipendente che, mentre si accingeva ad utilizzare il montacarichi aziendale, è precipitata nella "tromba" dello stesso, procurandosi trauma cranico commotivo, trattato chirurgicamente, esitato in postumi permanenti severi, lesioni della milza, trattate chirurgicamente con l'asportazione della stessa e lussazione al terzo dito della mano sinistra. All’imputato, in particolare, si rimproverava sia la colpa generica, che quella specifica per avere violato l’art. 198 del D.P.R. n. 547 del 27/4/1955. La Corte di Appello ha successivamente confermate le decisioni del Tribunale per cui il titolare del supermercato ha proposto ricorso per cassazione corredato da alcuni motivi di censura.
 
Con un primo motivo il ricorrente ha sostenuto che la violazione di legge contestata (art. 198 del D.P.R. n. 547 del 27/4/1955) al momento del fatto non era più previsto dalla legge come reato in quanto le richiamate norme erano state abrogate dal D. Lgs. n. 81 del 9/4/2008 e che non sussisteva continuità normativa fra esse in quanto non poteva ragionevolmente affermarsi che le disposizioni di cui agli artt. 69-71 del predetto D. Lgs. avessero preso il posto di quelle abrogate. Come altra motivazione l’imputato ha escluso che nell’istruttoria fosse stato provato che il fatto fosse stato compiuto alla luce del principio del ragionevole dubbio. L'unico addebito allo stesso mosso dal principale teste d'accusa, cioè dall’ispettore dell'organo di vigilanza, ha sostenuto ancora l’imputato, è stato costituito dall'ipotizzata violazione dell'art. 198 da tempo abrogato come sopra detto. L' ascensore inoltre, secondo lo stesso, era munito di tutte le autorizzazioni del caso e aveva superato tutti i controlli previsti dalla legge ed in più i lavoratori dipendenti escussi avevano confermato che le porte non si aprivano se l'ascensore non era al piano.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione la quale ha ribadito che, pur a non volere considerare, per ragioni di comodità argomentativa, la contestata e ben sussistente colpa generica,  non sussiste, così come correttamente evidenziato nei due gradi di merito, l’affermata soluzione di continuità tra la regolamentazione entrata in vigore con il Testo Unico approvato con il D. Lgs n. 81 del 9/4/2008 e la normativa che regolava, al momento dell’accaduto, la materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro. Da un esame infatti del contenuto del corpo normativo approvato nel 2008 è apparso chiaro, secondo la Sez. IV, che le situazioni di rischio derivanti dall'uso delle attrezzature di lavoro risultano essere state individuate omnicomprensivamente, privilegiando il profilo funzionale e individuando, appunto, la generale categoria di rischio che il garante della sicurezza è tenuto a prevenire mediante l'approntamento dei necessari presidi e delle necessarie cautele (artt. 69-71). “Pertanto, non par dubbio”, ha proseguito la suprema Corte, “che la norma, ora abrogata, posta a tutela del rischio da uso di ascensori e montacarichi nei luoghi di lavoro (art. 198 del d.P.R. n. 547/1955), sia stata sostituita (in quanto la fattispecie rientra fra quelle ridefinite, in relazione alla categoria del rischio), senza soluzione di continuità, dalla disciplina di cui al cit. T.U. del 2008 (trattasi di una conclusione univoca nella giurisprudenza di legittimità)”.
 
Anche l’osservazione fatta in merito al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio non è stata condivisa dalla Sez. IV. Secondo la stessa, infatti, la Corte di Appello aveva chiarito come, escluso con certezza che fosse stata la vittima a forzare le porte del montacarichi, lo stesso, a motivo dell’assenza di un meccanismo di blocco o di un suo malfunzionamento o, eventualmente, dell’esistenza di un meccanismo di protezione non a norma, ebbe a presentare le porte aperte sebbene la cabina non fosse presente al piano. La   certificazione di conformità, peraltro, era risultata risalente nel tempo e l'inadeguatezza del sistema confermata dalla decisone dello stesso imputato il quale, dopo l'infortunio, ha provveduto a sostituire l'intero impianto.
 
Tenuto conto, infine, che il lavoratore deve fidarsi della sicurezza degli strumenti e degli impianti di lavoro, ad assicurare la quale il datore di lavoro è chiamato a garanzia, è apparso del tutto evidente, secondo la Corte di Cassazione, che ove l’imputato avesse tenuto la condotta che gli era imposta dal ruolo (assidua e costante verifica del puntuale funzionamento dei presidi di sicurezza in specifica relazione all'impianto del montacarichi) il grave infortunio non si sarebbe verificato.
 
 
 
Gerardo Porreca




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